FEO, Giacomo
Nacque, forse a Forlì, intorno al 1471-72; il padre Gaspare e il di lui fratello Giuliano erano da tempo al servizio di Girolamo Riario, signore di Imola dal 1473 e di Forli dal 1480; Giuliano era stato anche governatore di Forlì.
La famiglia Feo era originaria di Savona, dove, già negli ultimi decenni del Trecento, un Giacomo Feo era stato ambasciatore cittadino e poi consigliere e anziano del Comune; altri membri della famiglia avevano, inoltre, ricoperto cariche ed uffici pubblici di varia entita a Savona, e un altro Giacomo era stato nominato, nel 1452, vescovo di Ventimiglia e poi, nel 1465, era stato inviato come commissario in Romagna. È probabile che proprio con quest'ultimo sia avvenuto il passaggio in Romagna di altri appartenenti alla famiglia (nel 1479, ad esempio, Lucano fu governatore di Rimini), fra cui i più immediati parenti di Giacomo.
Gaspare, oltre al F., ebbe anche un altro figlio, Tommaso, che nel 1487 fu investito dell'incarico di castellano di Forlì dal Riario e che in seguito sposò anche una sorellastra della moglie del Riario, Caterina Sforza, di nome Bianca Landriani. Tommaso mantenne l'incarico anche dopo la morte del Riario, avvenuta il 14 apr. 1488, finché, il 30 ag. 1490, Caterina Sforza - che era succeduta al marito nella signoria - lo destituì. La Sforza, che intratteneva da tempo una relazione col F. e da lui aveva avuto nel 1489 un figlio, Bernardino, affidò al F. la carica di castellano.
Con l'incarico di castellano di Forlì, il F. - sposato dalla Sforza nel 1493 segretamente per non perdere le prerogative di possesso dello Stato - ricevette anche la nomina a cavaliere da parte del duca di Milano Ludovico Sforza, zio di Caterina. Questa, inoltre, lo nominò a capo dei suo esercito; in alcune lettere, per lo più raccomandatizie, scritte dal F. a Piero de' Medici fra il 1492 e il 1494 (la prima di queste, del 10 apr. 1492, è di condoglianze per la scomparsa di Lorenzo il Magnifico), egli si firma "eques armorum" e quindi vicesignore di Forlì e di Imola. Ciò accrebbe la posizione del F. all'interno del dominio, creando nel contempo un crescente motivo di opposizione contro di lui da parte di famiglie notabili ancora legate alla memoria del Riario. E da Caterina il F. venne sempre più inserito nella conduzione dello Stato, limitato dal punto di vista territoriale, ma di grande importanza strategica e politica grazie alla particolare posizione geografica ai confini della Toscana e dello Stato della Chiesa.
Il 2 sett. 1490, mentre accompagnava Caterina Sforza nel castello di Tossignano, il F. fu oggetto di una congiura ordita dai fautori del legittimo erede dello Stato, il giovanissimo Ottaviano Riario, figlio di Girolamo e di Caterina; il complotto non riuscì, così come esito negativo ebbero prima una congiura contro Caterina - messa in atto da Antonio Maria Ordelaffi. che nel 1488 era stato in predicato di sposare la stessa Caterina - e poi, nel 1493, un nuovo complotto organizzato, mentre il F. si trovava nella chiesa di S. Croce a Forlì, da esponenti di rilievo delle famiglie Marcobelli e Orcioli, che avrebbero preferito il ripristino dei legittimo erede Ottaviano Riario.
Che la situazione politica a Forlì fosse piuttosto confusa appare anche da alcune lettere del maggio 1493 inviate dal commissario fiorentino Puccio Pucci a Piero de' Medici; lettere nelle quali si parla del ruolo, apparentemente inspiegabile, che il F. aveva nella conduzione del governo locale. Il F. è presentato come responsabile delle stesse scelte politiche di Caterina Sforza, signora di Forlì, la quale sembra a lui del tutto prona e pronta a soddisfarne ogni piano e, addirittura, come posta in stato di schiavitù. E in una lettera del 25 maggio 1493 il Pucci offre un quadro della situazione complessiva di Forli, che appariva senza possibili sbocchi, se non drammatici: infatti vi sostiene che, come prima soluzione, Caterina avrebbe potuto far uccidere il F., oppure, come seconda evenienza, che fosse il F. a fare assassinare Caterina, oppure che Ottaviano Riario, come terza eventualità, avrebbe potuto eliminare la madre e il F. per recuperare il suo potere.
In lettere di poco successive anche Bernardo Dovizi, mandatario fiorentino al campo delle forze aragonesi, esprimeva, più o meno, le stesse sensazioni. Con la discesa in Italia di Carlo VIII il ruolo politico di Caterina Sforza acquista particolare rilievo nel giuoco delle alleanze generali, ed attrae la particolare attenzione di Milano e di Firenze. Da Milano Ludovico Sforza cerca di ottenere un ruolo privilegiato di alleanza nei confronti della signora di Forlì, ed esiste una lettera dell'ambasciatore milanese, Francesco Tranchedini, che avverte lo Sforza di come il F. cercasse di fare emancipare Caterina dai suoi rapporti con Milano. Da Firenze - che sempre aveva seguito con particolare attenzione le vicende, spesso turbolente, delle città della Romagna - si cerca di avvicinare Caterina ai propri piani politici. La sicurezza dei confini con la Romagna, e in specie con Forlì, si rendeva sempre più indispensabile, oltre che per Firenze, anche per il papa, per il duca di Milano e il re di Napoli. In tale frangente il F. ebbe un qualche ruolo ufficiale: così, ad esempio, venne incaricato di tessere un preferenziale rapporto col re di Napoli, dopo un iniziale momento di equidistanza in cui si era mantenuta la Sforza, in seguito ad un incontro, tenuto a Forlimpopoli e presente il F., nel giugno 1494 con l'inviato del papa, il cardinale Raffaele Riario.
Il 13 sett. 1494 il F. fu nominato governatore generale e il giorno seguente inviato, insieme con Ottaviano Riario, a Imola, anche col compito di provvedere alla difesa della città, e quindi delle rocche di Tossignano e di Mordano. Il successivo 23 settembre, al fianco della Sforza, si incontrò col duca di Calabria, come appare anche dal resoconto inviato a Firenze da Bernardo Dovizi. Nel successivo mese di ottobre i Francesi di Carlo VIII invasero il territorio della Romagna e il 3 novembre si accamparono intorno a Forlì, trovando disponibilità ed accoglienza in Caterina Sforza e nel F., che indirizzarono a loro favore anche i maggiorenti locali. Dopo la partenza dei Francesi da Forlì, avvenuta il 23 novembre, il F. fu creato barone del Regno di Francia da Carlo VIII: in segno di gratitudine il F. aggiunse il nome Carlo a quello del figlio suo e della Sforza, Bernardino.
Il sempre più evidente ruolo di potere acquisito dal F. provocò anche contrasti all'interno stesso della famiglia di Caterina, soprattutto nei confronti del figlio di lei, Ottaviano. Per vendicare uno schiaffo ricevuto da Ottaviano da parte del F., un armigero del sedicenne erede legittimo, Gian Antonio Ghetti, si offrì di ordire una vendetta contro il Feo. Nel piano coinvolse le famiglie dei Marcobelli e degli Orcioli, che non avevano sopito la loro opposizione al F., e quindi poté raccogliere un gruppo di congiurati, fra cui un suo fratello e due preti di discussa condotta.
Il 27 ag. 1495, dopo una giornata di caccia trascorsa a Cassirano, il F., che tornava a Forlì con Caterina e tutta la famiglia, fu assalito dal Ghetti presso il ponte de' Bogheri, appena entrato in città. Mentre il corpo del F., colpito a morte dagli altri congiurati, veniva gettato in una fossa, Caterina poté rientrare nella rocca; da li guidò una violenta reazione, in parte affidata a Tommaso Feo, che portò all'uccisione dei congiurati con una crudezza che provocò non poche preoccupazioni allo stesso Ludovico Sforza. Il cadavere fu trasferito prima nella chiesa di S. Bernardo e poi in quella di S. Girolamo, dove, il 29 agosto, vennero celebrati solenni funerali alla presenza di tutta la famiglia e con un'ampia partecipazione cittadina; il frate Ludovico da Forlì tenne l'orazione funebre. L'indomani Caterina rese noto che il F. era stato suo marito (anni dopo, nel testamento rogato a Firenze il 28 maggio 1509, lo qualificò come "secundus vir legiptimus").
Nei mesi successivi la Sforza fece erigere sulla rocca di Forlì un monumento bronzeo del F., che nel 1501 sarebbe stato distrutto dalle truppe vincitrici di Cesare Borgia. Un ritratto del F., insieme con quelli di Girolamo, Caterina e Ottaviano Riario, si trova nella cappella di S. Bernardino nella chiesa di S. Girolamo di Forlì.
Fonti e Bibl.: Le lettere del F. a Piero de' Medici sono in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, filze 14 n. 312;15 n. 69; 19 n. 503; 60 n. 460; 73 n. 55;quelle sul F. inviate a Piero de' Medici da Puccio e Dionigi Pucci e da Bernardo Dovizi sono nello stesso fondo nelle filze 18, 50, 54, 68 passim;il carteggio su Forli con Milano si trova in Arch. di Stato di Milano, Potenze estere. Forli e Bologna. Si veda inoltre: G. L. Moncallero, Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, I, Firenze 1955, pp. 94-190 passim;P. D. Pasolini, Caterina Sforza, Roma 1893, ad Indices;Id., Caterina Sforza. Nuovi documenti, in Atti e memorie della R. Deputaz. per le prov. di Romagna, s. 3, XV (1897), p. 152; L. Marinelli, Caterina Sforza alla difesa dei suoi domini nella Romagna, ibid., s. 4, XXII (1932), p. 99;G. B. Picotti, Sforza, Caterina, in Enciclopedia italiana, XXXI, Roma 1936, p. 577;G. Sacerdote, Cesare Borgia, Milano 1950, p. 872; E. Breisach, Caterina Sforza. A Renaissance Virago, Chicago 1964, ad Ind.; N. Graziani-G. Venturoli, C. Sforza, Milano 1988; A. Vasina, Caterina Sforza signora di Imola, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, n.s., XV-XVI (1963-1965), pp. 154, 174; I registri della Catena del Comune di Savona, a cura di D. Puncuh - A. Rovere, Roma 1986, ad Indices.