CASTIGLIONE, Giacomo di (magister Iacobus de Castellione, de Castilione)
Era figlio del barone abruzzese Tolomeo di Castiglione, il quale aveva servito l'imperatore Federico II nel 1238 come capitano nella contea di Arezzo e nel 1239-40 come giustiziere di Abruzzo e di Val di Crati. Il castello di famiglia, dal quale la stessa aveva anche tratto il nome, era situato a sudovest dell'Aquila, vicino a Tornimparte, immediatamente al confine con lo Stato della Chiesa. I Castiglione erano imparentati con famiglie della Sabina e della Campagna, tra cui anche quella del papa Alessandro IV.
È molto probabile che il C. - il quale portava il titolo di magister - abbia seguito studi universitari. Alessandro IV lo assunse nella sua cappella; e quale cappellano pontificio il C. nell'aprile del 1259 ricevette l'incarico di immettere nel possesso di un beneficio a Rieti concessogli dallo stesso Alessandro IV un altro parente del pontefice, Tommaso de Pesculo.
Nel maggio del 1259 il C. fu elevato da Alessandro IV alla dignità di arcivescovo di Reggio Calabria, ma la situazione politica gli impedì di prendere possesso della sua diocesi. Per questo motivo il papa dispensò il C. dalla legge, introdotta da poco, secondo la quale la consacrazione vescovile doveva avvenire entro sei mesi dalla nomina, permettendo al C. di rinviare anche la consacrazione diaconale e sacerdotale. Dal 1259 al 1266 il C. continuò a vivere quindi presso la Curia, con il semplice titolo di arcivescovo eletto.
Finalmente Clemente IV consacrò il C. arcivescovo e, dopo la vittoria di Carlo d'Angiò, lo inviò a Reggio Calabria, munito di apposite lettere di salvacondotto. Per incarico di Clemente IV o del legato pontificio Rodolfo di Albano, dopo il suo arrivo in Calabria il C. procedette, con sentenze ecclesiastiche, contro coloro che occupavano beni appartenenti alla Chiesa di Messina, e ordinò di sentire i testimoni nella causa di restituzione intentata dall'archiniandrifa di S. Salvatore di Lingua in Messina. Nel giugno del 1267 il C. risulta presente a Messina al seguito del legato, quando questi pronunciò la sentenza in un'altra causa di restituzione del monastero di S. Maria della Scala. Il C. si impegnò allora certamente anche a recuperare i beni alienati della mensa vescovile e di altre chiese della sua diocesi.
Mentre il fratello del C., Bartolomeo di Castiglione, nel 1268 prese le parti di Corradino di Svevia, sfidando nel comune castello avito di Castiglione per lungo tempo l'assedio delle truppe di Carlo d'Angiò, il C. restò fedele al nuovo re, sebbene Reggio stessa cadesse per breve tempo in mano ai ribelli. I vassalli della Chiesa di Reggio nell'esercito regio presero persino parte alla campagna contro Arena e altre località occupate dai ribelli. Il C. era dunque in grado di garantire presso Carlo I per i suoi nipoti Roberto e Giacomo messisi in una situazione difficile per aver partecipato alla rivolta di Castiglione, offrendo loro ospitalità in Calabria dopo la perdita dei loro possedimenti abruzzesi. Rispettivamente come decano e come "ciantro" della Chiesa di Reggio i due nipoti trovarono una nuova sistemazione.
Nel 1274 il C. partecipò al concilio di Lione apponendo il proprio sigillo alla costituzione relativa all'elezione pontificia. Come arcivescovo il C. si dedicò non tanto ad attuare le riforme ecclesiastiche prospettate dal concilio, quanto a perseguire una propria politica territoriale. Fece confiscare i beni di traditori come Bartolomeo di Logoteta, ma chiese servizi anche a vassalli regi, e rivendicò per sé i diritti della Corona a Nicotera come demanium della sua Chiesa. Con l'aiuto del re nel 1276procedette contro i suoi vassalli a Bruzzano che lasciavano incolte le loro terre. La decima per le crociate decretata dal concilio fu utilizzata dal C. per procurarsi nel 1275-76 delle licenze speciali per l'esportazione di viveri. Pur avendo assicurato ai collettori di questa decima il pagamento annuo di 30 once d'oro, il C. si sottrasse a questo pagamento fino alla sua morte.
La politica territoriale del C. incontrò alla fine l'opposizione di Carlo I, che inizialmente si era dimostrato bene disposto nei suoi confronti e non aveva lesinato i favori. In occasione di una grande inchiesta sui beni ecclesiastici in Calabria, i commissari regi nel 1276-77 scoprirono una grande quantità di usurpazioni del C. a danno della Corona. Il C. aveva evidentemente l'intenzione di creare per la sua famiglia una nuova base in Calabria; ma la sua politica suscitò anche opposizioni locali e nel 1278 scoppiò una rivolta a Bova probabilmente provocata dai suoi nipoti.
Tuttavia, quando il C. morì nell'anno 1277, la sua politica si trovava ancora al culmine del successo. Il capitolo di Reggio elesse suo successore "quasi per inspirationem" il nipote Roberto di Castiglione, benché questi fosse sprovvisto di cultura ecclesiastica. Per questo motivo Niccolò III annullò l'elezione nel 1279, cosicché la politica familiare perseguita dal C. si deve considerare in conclusione fallita.
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