MANNINI (Manini), Giacomo Antonio
Nacque a Bologna il 23 ag. 1646 da Domenico e da Anna Campanini, cugina del pittore quadraturista Andrea Seghizzi (così in Zanotti, I, p. 212, che costituisce la fonte principale per la biografia del M. e al quale si rimanda dove non altrimenti indicato). Operò come quadraturista, paesaggista e prospettico, dedicandosi anche, sia a Bologna sia a Modena, alla realizzazione di apparati scenici in collaborazione con il fratello Angelo Michele, suo assiduo aiutante, e con Marc'Antonio Chiarini.
Allievo di Andrea Monticelli e di Domenico Santi, apprese attraverso loro la maniera e la lezione del celebre Agostino Mitelli, di cui si sentì sempre grande ammiratore e seguace (Arfelli). Fu prolifico e attento disegnatore, nonché valente incisore con una preferenza per la tecnica dell'acquaforte.
Della sua produzione grafica si conosce con certezza la serie in sedici fogli del 1676, le "vedute deliziose" realizzate per l'architetto Giovanni Giacomo Monti, stampate da Marco Antonio Fabri, conservate tra la Pinacoteca nazionale di Bologna e l'Albertina di Vienna (The Illustrated Bartsch). Si tratta di incisioni di piccolo formato, firmate come "Manini" o siglate con il suo monogramma, che rappresentano vedute e paesaggi con elementi architettonici e rovine. Sullo stesso genere di queste, esiste presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, nel fondo Angelo Davoli (inv. 8713-16), un gruppo di quattro incisioni attribuite al Mannini. Si tratta anche qui di "vedute deliziose", come si legge nel frontespizio, dedicate a Domenico Castelli, stampate da Fabri a Bologna e datate intorno al 1680 (Davoli). Nell'Archivio Elizabeth E. Roth, conservato presso la New York Public Library, si trova inoltre una serie di undici "vedute" pure ascritte al M., di cui quattro ripetono quelle già presenti nella Biblioteca di Reggio Emilia (Agnew's Gallery Catalogue…). Nei suoi appunti Angelo Davoli riferisce anche di una serie di ventidue tavole, priva di frontespizio, trovata nel catalogo Santarelli (n. 1275), e di un frontespizio isolato conservato a Parma nella raccolta Ortalli (n. 11389) recante il titolo Varie vedute del sig. Giacomo Antonio Manini pittore bolognese (Davoli).
Scarse sono le testimonianze rimaste della lunga attività pittorica del M., a cui non arrise in vita buona sorte, pur essendo attivo accanto a grandi artisti e impegnato in importanti cantieri.
Perdute sono diverse sue opere giovanili bolognesi, tra cui le pitture per la chiesa di S. Giovanni in Monte nella cappella con il dipinto di S. Aniano di Benedetto Gennari e quelle in S. Maria dei Servi nella cappella della Beata Giuliana Falconieri e in quella di S. Pellegrino Leziosi. Si legge nella riedizione delle Pitture di Bologna di Carlo Cesare Malvasia del 1766 - e la notizia sarà ripresa da Girolamo Bianconi nella sua Guida - che il M. dipinse nella chiesa di S. Giacomo Maggiore, dove realizzò la quadratura della quarta cappella della navata sinistra, quella con il dipinto di Ercole Procaccini raffigurante la Caduta di s. Paolo.
Diversi furono i personaggi illustri che si avvalsero dell'opera del M. per ornare le loro residenze. Fu infatti apprezzato dal colto Annibale Ranuzzi, che lo scelse per decorare il palazzo di famiglia (ora palazzo del Tribunale); lavorò pure per la famiglia Zaniboni, della cui abitazione, l'attuale palazzo Bianconcini, dipinse diversi ambienti (Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese). Dal 1681 al 1685 fu impegnato insieme con Chiarini e con Giovanni Antonio Burrini nell'affrescare sei nuove stanze al primo piano di villa Albergati, ora Theodoli, di Zola Predosa. Di queste recano testimonianza sia Zanotti (I, p. 271), che nella biografia di Chiarini scrive di otto stanze anziché di sei, sia Oretti (Marcello Oretti e il patrimonio artistico del contado bolognese).
Nel 1699 l'Ordine dei minimi di S. Francesco di Paola affidò al M. e al pittore Sigismondo Caula la decorazione della volta della chiesa recentemente ricostruita di S. Barnaba di Modena. Fu un lungo lavoro in cui il M. realizzò le parti ornamentali e architettoniche e Caula le parti figurative.
Per gli stessi committenti il M. dipinse anche l'oratorio del convento; stando a quanto scritto da Giuseppe Campori, l'attività si protrasse fino al 1708. Gli affreschi - restaurati nel 1838 e di nuovo tra il 2001 e il 2002 per recuperare parte dei gravi danni causati dal sisma del 1996, che aveva creato evidenti lesioni con crepe e vaste cadute di intonaco - sono una delle poche testimonianze ancora visibili della produzione artistica del Mannini.
L'impresa dovette riscuotere una notevole approvazione al momento della sua realizzazione. Contemporaneamente e dopo questa, infatti, seguirono varie commissioni che lo portarono a Siena, dove rimase per anni, alle dipendenze degli Zondodari, decorando anche la villa di Cetinale, poi a Modena, dove realizzò apparati celebrativi sempre con Chiarini, e infine a Colorno, dove fu chiamato dai Farnese per dipingere insieme con Giovanni Evangelista Draghi la cappella della sontuosa villa di famiglia. Fu Ferdinando Galli Bibiena, già allievo del M., divenuto celebre e nominato nel 1697 "architetto ufficiale" del duca di Parma Francesco Farnese e nel 1699 responsabile degli ammodernamenti della villa di Colorno (I Bibiena…), a introdurlo presso la nobile casata. Una grande stima doveva ancora legare "l'allievo" al maestro, che nella cappella realizzò un lavoro attento e scrupoloso, anche se la sua peculiare lentezza lo portò a non pochi contrasti con il molto più sollecito Draghi (De Boni). Fu forse proprio questo il motivo per cui il duca, "nojato della tardità, e del patire […] si ritenne dal commettere al Mannini altri lavori" (Zanotti, I, pp. 214 s.). Il M. tornò quindi a Bologna, dove fu impegnato in diverse attività.
Dipinse, secondo Zanotti, sotto il portico di S. Luca lo stemma della famiglia Monti (I, p. 214). Il manoscritto di Giuseppe Breventani però, che riporta molti dati post 1705 ripresi dai libri dei conti del marchese Francesco Monti succeduto allo zio Giovanni Giacomo, morto nel 1692, nella direzione di opera di costruzione del portico, riporta il fatto al nome di Michele Manini e non di Giacomo Antonio (Foschi, pp. 169 s., 173 n. 1, n. 21). È pur vero che i due fratelli erano soliti lavorare insieme e che comunque il sodalizio lavorativo con la famiglia Monti si protrasse nel corso di tutta la vita dei Mannini. In molte delle imprese artisticamente più importanti, da villa Ranuzzi a villa Albergati, architetto dell'impresa era stato proprio l'influente Giovanni Giacomo Monti a cui il M. aveva dedicato anche le "vedute deliziose" (Lenzi; Mazza; Riccomini). Il M. continuò inoltre a dipingere prospettive a fresco e su tela, seguendo la maniera dei suoi maestri più apprezzati: Santi e Mitelli. E soprattutto si occupò del restauro dei dipinti danneggiati dello stesso Mitelli nella cappella del Rosario nella chiesa di S. Domenico: fu ancora una volta Ferdinando Galli Bibiena a concedergli un'opportunità tanto importante.
Fu uno dei primi fondatori dell'Accademia Clementina, dove insegnò fino a quando i già gravi problemi di vista lo portarono nel 1727 alla cecità. Nell'Accademia ricoprì anche cariche importanti e ne fu direttore nel 1710, nel 1715, dal 1717 al 1719, nel 1721 e nel 1723.
Il M. morì a Bologna il 19 febbr. 1732 e fu sepolto nella chiesa di S. Biagio, sua parrocchia (Zanotti, I, p. 217).
Si era sposato all'età di trenta anni e aveva avuto cinque figli, quattro femmine e un maschio, morto prima di lui.
Fonti e Bibl.: G.P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina…, Bologna 1739, I, pp. 30, 40, 61-63, 67, 69, 212-217, 270 s., 324, 328; II, p. 202; C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna…, Bologna 1766, p. 94; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, III, Firenze 1808, p. 135; G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1826, p. 33; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 303; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 304; A. Arfelli, "Bologna perlustrata" di Antonio Paolo Masini e l'"Aggiunta" del 1690, in L'Archiginnasio, LII (1957), p. 219; A. Emiliani - G. Gaeta Bertelà, La raccolta delle stampe di Benedetto XIV Lambertini nella Pinacoteca nazionale di Bologna, Bologna 1970, p. 378; G. Gaeta Bertelà - S. Ferrara, Incisori bolognesi ed emiliani del sec. XVIII, in Catalogo generale della raccolta di stampe antiche della Pinacoteca nazionale di Bologna, III, Bologna 1974, nn. 375-385; R. Roli, Pittura bolognese. 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, p. 206; A. Ottani Cavina - R. Roli, Commentario alla "Storia dell'Accademia Clementina" di G.P. Zanotti (1739), in Atti e memorie della Accademia Clementina di Bologna, XII (1977), pp. 81, 132; Marcello Oretti e il patrimonio artistico del contado bolognese, indice a cura di D. Biagi, Bologna 1981, p. 69; M. Pellegri, Colorno. Villa ducale, Parma 1981, pp. 43-45; The Illustrated Bartsch, a cura di J.T. Spike, XLIII, New York 1982, pp. 23-30; Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese, indice a cura di E. Calbi - D. Scaglietti Kelescian, Bologna 1984, p. 129; A. Czére, Disegni di artisti bolognesi nel Museo delle belle arti di Budapest, Bologna 1989, pp. 57 s.; P. Foschi, Le vie di accesso al santuario e la costruzione del portico, in La Madonna di S. Luca in Bologna, a cura di M. Fanti - G. Roversi, Bologna 1993, pp. 170, 173 n. 21; S. Pronti, Le grandi imprese di corte: i Farnese per Piacenza, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, II, Milano 1993, p. 154; D. Lenzi, Una residenza "da gran principe"…, in Palazzo Ranuzzi Baciocchi, a cura di E. Garzillo, Bologna 1994, pp. 65-77; A. Mazza, L'età dei Ranuzzi, ibid., pp. 78-130; E. Riccomini, Le variate e novissime invenzioni, in Le magnifiche stanze. Paesaggio, architettura, decorazione e vita nella villa palazzo degli Albergati a Zola, Bergamo 1995, p. 112; I Bibiena: una famiglia europea (catal., Bologna), a cura di D. Lenzi - J. Bentini, Venezia 2000, pp. 20 s.; Agnew's Gallery Catalogue, Summer Exhibition, Prints and drawings, London 2003, s.v.; David Tunick Gallery Catalogue, Autumn Exhibition, Prints and drawings, New York 2003, s.v.; La chiesa di S. Barnaba a Modena, Modena 2003, p. 24; Z. Davoli, La raccolta di stampe "Angelo Davoli", VI, Reggio Emilia 2006, pp. 70-72; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 23.