GHIRLANDAIO
. Famiglia di pittori. Domenico, il maggiore artista della famiglia, nacque a Firenze nel 1449, vi morì l'11 gennaio 1494.
Nel 1475 affrescò la cappella di S. Fina nella Pieve di San Gimignano, e fu occupato, insieme col fratello David, a dipingere nella biblioteca di Sisto IV a Roma. Nel 1476-77 i due fratelli eseguirono l'Ultima cena, nella badia di Passignano presso Firenze, poi deturpata da ridipinture. Nel 1477-78 Domenico fu di nuovo a Roma; ma delle pitture da lui allora eseguite per la cappella sepolcrale di Giov. Franc. Tornabuoni nulla rimane. Nel 1478-79 ricevette pagamenti per due Madonne e un'Incoronazione della Vergine destinate all'Opera del duomo di Pisa, oggi scomparse. Nel 1479 dipinse nella badia di Settimo presso Firenze. Del 1479 è la pala d'altare nel duomo di Lucca. Al 1480 appartengono il S. Girolamo e l'Ultima cena, nella chiesa e nel refettorio d'Ognissanti. Nel 1480 e 1481 Domenico e David dipinsero in San Donato presso Firenze (Villa Demidoff) un'Ultima cena, distrutta nel 1530. Nel 1481 Domenico s'impegnò, insieme col Botticelli, con Cosimo Rosselli e il Perugino, a decorare di af freschi la Cappella Sistina, ove dipinse, oltre una Risurrezione, ora perduta, la Chiamata degli apostoli; fornì probabilmencte anche il cartone per alcune figure di papi e per il Passaggio del mar Rosso, eseguito da altri. Nel 1482 stipulò un contratto per la decorazione della Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio di Firenze, che affidò poi ai suoi aiuti. Nel 1485 terminò gli affreschi con scene della vita di S. Francesco e la pala d'altare con l'Adorazione dei Magi nella cappella Sassetti in S. Trinita. Dal 1486 al 1490 dipinse con la sua scuola per Giovanni Tornabuoni gli affreschi del coro di S. Maria Novella rappresentanti scene della vita della Vergine e del Battista. La tavola dell'Incoronazione della Vergine (1486) a Narni e il tondo dell'Adorazione dei Magi (1487) agli Uffizî sono dovuti alla mano di aiuti, mentre l'Adorazione dei Magi (1488) all'Ospedale degl'Innocenti e la Visitazione (1491), ora al Louvre, sono dipinte in parte dal maestro stesso. Nel 1490 Domenico e David ebbero l'incarico di dipingere per il convento "del Palco" presso Prato una Madonna con santi, perduta. Nello stesso anno i due fratelli lavorarono al mosaico dell'Annunciazione sopra la porta "della mandorla" della cattedrale di Firenze, per cui ricevettero pagamenti ancora nel 1491.
Nel medesimo anno 1491 Domenico dipinse gli sportelli d'organo nella cattedrale pisana, oggi non più esistenti, e nello stesso anno egli e David si posero in concorso col Botticelli e con Gherardo e Monte di Giovanni per l'esecuzione di mosaici nella vòlta della cappella di S. Zanobi nella cattedrale fiorentina, affidati nel 1492 a Gherardo e Monte di Giovanni. Del 1492 data il Cristo in gloria con due santi nella Galleria di Volterra, anch'esso eseguito da scolari. Nel 1493 e 1494 i due fratelli, assistiti dai garzoni Iacopo Baldino e Raffaello, restaurarono i mosaici dell'abside della cattedrale di Pistoia.
Per ragioni stilistiche si possono inoltre attribuire a Domenico le seguenti opere: l'affresco della Madonna della Misericordia, già assegnatogli dal Vasari, nella cappella Vespucci in Ognissanti (1473 circa); quello della Madonna tra i santi Sebastiano e Giuliano, nella chiesa di S. Andrea a Brozzi (1472-73); un altro nell'abside della pieve di Cercina, presso Firenze, coi santi Barbara, Girolamo e Antonio Abate; due tavole d'altare agli Uffizî: una, già all'Accademia, con la Vergine in trono e i santi Dionisio l'Areopagita, Tomaso d'Aquino, Domenico e Clemente, l'altra, ricordata anche dal Vasari, proveniente dagl'Ingesuati di S. Giusto, con la Madonna e i santi Giustino, Zanobi, Tobia e Michele; il ritratto di Francesco Sassetti e di suo figlio nella collezione Bache di New York; quello di Giovanna Tornabuoni nella collezione Pierpont Morgan di New York; il ritratto d'un vecchio col nipotino che si trova nel Museo del Louvre.
Nelle opere giovanili a Brozzi, nella chiesa di Ognissanti a Firenze, a Cercina, a San Gimignano (dove le figure degli Evangelisti, di santi vescovi e di profeti nella vòlta della cappella di S. Fina sono dipinte dal Mainardi), D. si rivela seguace del Baldovinetti e del Verrocchio, non senza reminiscenze castagnesche: ha stesure di colori chiari, luminosi, delicati, un'acerba e ingenua freschezza nell'atteggiare le figure e nel ritrarre le fattezze del volto, composizione semplice e ancora un poco impacciata. Ma già nella tavola di Lucca (1479) e in quelle all'incirca coeve degli Uffizî, l'ispirazione spontanea dei primissimi affreschi leggermente si raffredda; compaiono formule e schemi, poi sempre ripetuti da D. con poche varianti nei suoi quadri d'altare: certe tipiche teste barbute e calve di santi, drappeggi ampî, accuratamente disposti, volti dall'espressione indifferente, raggruppamento monotono degli elementi compositivi intorno al centro, toni freddi e duri che raggiungono una maggiore fusione ed equilibrio negli affreschi, come nel Cenacolo di Ognissanti palesemente derivato da quello di Andrea del Castagno in S. Apollonia. Nella Chiamata degli Apostoli, eseguita in collaborazione con aiuti, della Cappella Sistina (1481), l'arte ghirlandaiesca, liberatasi dai ricordi del Baldovinetti, del Verrocchio e di Andrea del Castagno, si è compiutamente costituita nelle sue caratteristiche essenziali, palesi nel ritmo pacato del paesaggio del fondo che serve da quinta per le figure allineate in primo piano e in buona parte ritratte dal vero. Ma l'espressione più matura e nobile essa la raggiunge negli affreschi della cappella Sassetti (1485), in cui D. stesso dipinse soltanto le figure inginocchiate dei coniugi Sassetti, i Funerali di S. Francesco, le figure in primo piano di S. Francesco risuscita un fanciullo e di Papa Onorio III approva le regole di S. Francesco, tra le quali si notano ritratti di Lorenzo il Magnifico, del Poliziano e di componenti della famiglia Sassetti. Una commozione insolitamente intensa anima, nei Funerali di S. Francesco, gli assistenti e i chierici, disposti intorno alla bara del santo con ritmo monumentale e spaziato che ricorda Masaccio. Nei ritratti introdotti in questi affreschi le fisionomie sono colte con mirabile acume, i volti solidamente costruiti e definiti con pennellate larghe, sintetiche. Nella pala d'altare della cappella Sassetti, gioiosa e fastosa, G. indulge, nelle figure dei pastori, a un verismo derivatogli da Hugo van der Goes, verismo già manifestato nella minuziosa descrizione degli oggetti che riempiono lo studiolo del S. Girolamo in Ognissanti, ma a cui si è voluto dare una importanza eccessiva. Del vasto ciclo di affreschi del coro di S. Maria Novella, alla mano di D. spetta buona parte delle Natività della Vergine e del Battista, della Visitazione, di Zaccaria nel Tempio, dello Sposalizio della Vergine, di Gioacchino cacciato dal tempio, di Zaccaria nel Tempio. In queste pitture la composizione si è fatta così larga e spaziosa che già preannunzia il sec. XVI; manca tuttavia una fusione compositiva più intima tra le architetture di fondo, dipinte con superficiale senso decorativo, e le figure. Anche qui l'interesse dello spettatore viene attratto principalmente dai ritratti dei ricchi borghesi fiorentini, fieri e soddisfatti, il cui mondo D. seppe rappresentare con stupenda, convincente evidenza. L'arte sua è soprattutto quella d'un ritrattista; compassata nelle scene religiose, acquista vivacità e vita al contatto col modello vivente che ritrae con vigoria, con attenta e vigile penetrazione psicologica. D. fu senza dubbio il più popolare pittore del suo tempo; cercò di soddisfare le richieste a le commissioni, che gli piovvero addosso d'ogni parte, con l'aiuto di una numerosa, ben organizzata bottega. E ciò contribuì non poco ad abbassare il livello artistico delle opere che ne uscirono, per le quali D. spesso si limitò a fornire soltanto il cartone.
V. tavv. CLVII-CLX.
Il fratello David, uno dei principali collaboratori di Domenico, nacque nel 1452 e morì nel 1525. Nominato nei documenti sin dal 1475 insieme con Domenico, si diede, dopo la morte di questo, soprattutto all'arte del mosaico. Opere ricordate da documenti o fonti antiche come sue, sono: l'affresco con la Crocifissione, ora nel cenacolo di Santa Apollonia; il mosaico con la Vergine seduta fiancheggiata da due angeli (1496), nel Museo di Cluny a Parigi; la tavola con santa Lucia e il donatore in S. Maria Novella, secondo un documento dipinta da D. nel 1494, ma dal Vasari assegnata a Francesco Granacci, Iacopo del Tedesco e Benedetto Ghirlandaio; il mosaico con l'Annunciazione (1510) sulla porta centrale della Santissima Annunziata, probabilmente condotto a termine da Ridolfo Ghirlandaio; un tondo coi Ss. Pietro e Paolo nei magazzini degli Uffizî, ricordato in un documento del 1503. Nelle sue opere giovanili (Deposiziong della cappella Vespucci in Ognissanti, Battesimo di Brozzi, i S. Sebastiano e Rocco nel Museo civico di Pisa) predomina uno stile rude e greve, di sapore castagnesco, non scevro di elementi verrocchieschi. L'influsso del fratello, sensibile, naturalmente, già in queste opere, prese man mano il sopravvento, senza peraltro sopraffare, come accadde invece ad altri aiuti di Domenico, lo stile di D., abbastanza facilmente riconoscibile per certi manierismi nella fattura acciaccata e gessosa dei panneggi, nella modellazione accurata delle mani e dei nudi, nella struttura dei volti melensi e allungati. Per affinità col modulo del volto della Vergine del mosaico di Cluny, si può assegnare con buon fondamento a D. una serie di ritratti, tutti sullo stesso stampo e databili nell'ultimo decennio del sec. XV: la Santa Caterina nel Palazzo Chigi Saracini di Siena, i ritratti femminili presso Knödler (Berlino) e nella coll. Friedsam (New York), quelli della pala d'altare nella Pinacoteca di Rimini. A D. si possono attribuire con ogni probabilità la maggior parte degli affreschi della chiesetta di S. Martino dei Buonomini a Firenze, eseguiti in collaborazione con Bartolomeo di Giovanni, e parecchie altre pitture ancora.
Benedetto, fratello di Domenicy, nato nel 1458, morto nel 1497. Dapprima miniatore, si dedicò, nel 1480, per l'indebolimento della vista, alla pittura. Di lui si possiede un quadro firmato, rappresentante la Natività nella chiesa di Aigueperse (Borgogna), dipinto probabilmente dopo la morte di Domenico (1494). Il quadro mostra, tra le forme ghirlandaiesche, elementi fiammingheggianti, che sono ben spiegabili nell'opera di un miniatore poiché anche Gherardo e Monte del Fora li accoglievano largamente nelle loro miniature. Furono attribuiti a B. una parte del Passaggio del Mar Rosso nella Cappella Sistina, insieme con molte delle opere assegnate a G. B. Utili (tra cui la Salita al Calvario del Louvre), ma l'attribuzione attende di essere confermata da documenti o da altre opere firmate di B. o dell'Utili che chiariscano o definiscano meglio il loro stile.
Ridolfo, figlio di Domenico, nacque nel 1483, morì nel 1561. Molto operoso, con la sua bottega, si mostra artista eclettico, che assimila via via con gusto e abilità lo stile di quasi tutti i pittori fiorentini della prima metà del sec. XVI: del padre Domenico, di Lorenzo di Credi e di Piero di Cosimo (ritratto d'uomo nella coll. Ryerson di Chicago); del Perugino (Incoronazione della Vergine [1504] al Louvre; Madonna con S. Francesco e S. Maria Maddalena [1503] all'Accademia di Firenze); di Leonardo da Vinci (lo Orefice alla Gall. Pitti; il Calvario alla National Gall. di Londra; storie di S. Zanobi agli Uffizî [1517]; ritratto di Bernardo del Nero [?] agli Uffizî); di Raffaello (Sposalizio di S. Caterina, all'Istituto della Quiete a Firenze; ritratto femminile alla Galleria Pitti di Firenze [1509]; e numerose altre pitture); di Fra Bartolomeo (Natitività a Budapest [1510] e a Berlino; Madonna della Cintola [1514] nella cattedrale di Prato); di Andrea del Sarto e del Pontormo (Concezione della Vergine [circa 1525] nel refettorio di S. Croce; il cosiddetto Francesco Ferruccio nella National Gallery di Londra); di Michelangelo e del Bronzino (Incontro di Sant'Anna con S. Giovacchino, nella raccolta del conte Galli-Tassi di Firenze; ritratto di Cosimo I nei depositi delle Gallerie di Firenze). Pur attraverso queste varie trasformazioni e variazioni di stile, R. conservò un'impronta e un carattere personale che ne fanno un rappresentante non mediocre della pittura fiorentina del suo tempo. Si distingue per disegno accurato, colori trasparenti e sobrî e un modo tutto particolare di trattare problemi d'illuminazione e di prospettiva atmosferica.
Michele di Rodolfo (M. Tosini). Nacque nel 1503 morì nel 1577. Scolaro di Lorenzo di Credi, fu dapprima aiuto di Antonio del Ceraiolo, poi di Ridolfo Ghirlandaio. Collaborò poi col Vasari nella decorazione di Palazzo Vecchio, indulgendo a un michelangiolismo alla Salviati (Martirio della legione tebana, all'Accademia; figure allegoriche nelle gallerie Borghese e Colonna di Roma). Del 1570 sono gli eleganti affreschi del tabernacolo dell'altar maggiore alla Madonna della Quercia a Viterbo. Ma le opere migliori di M. sono le tavole nella Natività e gli Arcangeli nella badia di Passignano, di struttura ampia e solida, e alcuni ritratti (raccolta dei marchesi Antinori e Cigliano presso Firenze; Galleria Pitti), d'un fare molto vicino a quello del Parmigianino.
Bibl.: Per Domenico: E. Steinmann, D. Gh. (Künstler-Monographien, XXV), Bielefeld e Lipsia 1897; trad. ital. G. Angeletti Brogi, Livorno 1929; G.S. Davies, Gh., Londra 1908; H. Hauvette, Gh. (Les maîtres de l'art), Parigi 1908; P.E. Küppers, Die Tafelbilder d. D. Gh., Strasburgo 1916; id., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIII, Lipsia 1920 (con bibl.); R. van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, XIII, L'Aia 1931, p. 1 segg.; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1922. - Per David: oltre le opere del Van Marle e del Berenson: G. de Francovich, D. G., in Dedalo, XI (1930-31), pp. 65-88, 133-51. - Per Benedetto: oltre l'opera del Van Marle: G. de Francovich, B. Gh., ibid., VI (1925-26), pp. 708-39, e, per il quadro di Aigueperse, S. Reinach, Le Ghirlandajo d'Aigueperse, in Bull. archéol. du comité des travaux hist. et scient., 1918, pp. 201-207. - Per Ridolfo: B.C.K., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIII, Lipsia 1920; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, i, Milano 1925, pp. 491-512; C. Gamba, in Dedalo, IX (1928-29), pp. 463-90. - Per Michele di Ridolfo: id., ibid., IX (1928-29), pp. 544-61.