GHERARDO del Ciriagio
Nacque a Firenze tra il 1412 e il 1413 da Giovanni. Fu tintore di panni di seta e compare due volte nell'elenco dei notai della Signoria fiorentina: nel 1457 (con la dizione "Gherardus Iohannis Ariagi" e "Gherardus di Giovanni del Ciriegia") e nel 1464; egli comunque si definisce "notarius" sin dal 1447. Nel 1451, denunciando i suoi beni, dichiara di non praticare il commercio e di non essere dipendente in nessuna bottega; ammette di avere svolto attività di amanuense e di averne ricavato esigui guadagni, ma afferma anche di essere costretto a rinunciarvi a causa di alcuni disturbi alla vista; in realtà i problemi di salute non impedirono a G. di continuare a produrre manoscritti fin quasi alla fine della sua vita.
G. morì a Firenze nel settembre del 1472 e fu sepolto a S. Croce.
Esemplati in una scrittura umanistica elegante, estremamente regolare, "caratterizzata da un moderato chiaroscuro e dall'andamento dritto delle aste" (Petrucci), i codici sottoscritti da G. (che spesso latinizza il suo nome in "Gherardus Cerasius") fino a oggi inventariati sono trentasette, datati tra il marzo 1447 e il giugno 1472 e tutti di gran pregio; altri otto, privi di colophon o di sottoscrizione, presentano un ductus molto somigliante a quello di G. e potrebbero essergli attribuiti con ragionevoli motivazioni (per la descrizione, la collocazione e l'elenco completo dei manoscritti di G. si veda Ullman, 1960 e 1965, cui vanno aggiunte le integrazioni di De la Mare, 1985).
G. trascrisse prevalentemente opere di autori latini (Terenzio, Cicerone, Sallustio, Livio, Virgilio, Seneca, Giovenale, Persio tra i più frequenti); la sua produzione comprende inoltre diversi classici greci in traduzione latina (Platone, Plutarco e Senofonte tradotti da Leonardo Bruni; Diodoro Siculo tradotto da Poggio Bracciolini), alcuni testi di umanisti (Bracciolini, Manetti, Bruni) e, uniche presenze di letteratura in volgare, tre esemplari dei Trionfi di Petrarca. Una buona parte di questi codici fu allestita su commissione di esponenti della famiglia de' Medici, e una decina circa espressamente per Giovanni, figlio di Cosimo. L'assiduità di questo rapporto di lavoro - unitamente alle esplicite indicazioni del luogo di produzione poste nelle sottoscrizioni di numerosi manoscritti - farebbe presupporre che G. abbia svolto la sua attività esclusivamente a Firenze; va tuttavia segnalato che tali indicazioni compaiono solo a partire dal 1455, e che non tutti i codici successivi a quella data le contengono.
G. collaborò anche con Vespasiano da Bisticci, che nel 1472 gli commissionò due manoscritti (un Cornelio Nepote per Alfonso d'Aragona, duca di Calabria, e alcuni dialoghi di Platone, tradotti in latino da Leonardo Bruni, per Federico da Montefeltro) e che, occasionalmente, lo impiegò come calligrafo nel vergare rubriche e titoli di codici trascritti da altri copisti; è probabile la mediazione di Vespasiano anche nella preparazione di un codice che G. copiò per Humphrey duca di Gloucester, bibliofilo e mecenate inglese in contatto con gli ambienti dell'umanesimo fiorentino.
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