GEOPOLITICA
(App. I, p. 649)
La pubblicazione, sul finire degli anni Settanta, dei documenti custoditi dal dopoguerra negli archivi tedeschi ha consentito di far miglior luce sulle origini e la natura della Geopolitik permettendo di tracciare della sua prima, specifica forma un bilancio doppiamente negativo, sia come programma di ricerca che come progetto relativo al rapporto tra sapere geografico e potere politico. L'unica originalità, sul piano scientifico, del programma della Geopolitik consisteva nella tesi, avanzata da K. Haushofer, degli "spazi vitali come fattori decisivi e originari", come "campi di forza costitutivi di ideologie". In altri termini: sarebbero state le fattezze dello spazio a determinare la maniera di concepire e controllare il mondo e non, viceversa, la maniera di concepire il mondo a determinare la nostra concezione dello spazio terrestre.
Ma, come già nel 1941 riconosceva K. Wowinckel, l'editore della Zeitschrift für Geopolitik, "la Geopolitik come scienza non esiste". E ciò per lo stesso motivo, già espresso nel 1929 da K. Wittfogel, secondo il quale il "difetto costituzionale" delle tesi geopolitiche consisteva nel non tener appunto conto del fatto che gli elementi geografici non operano direttamente sulla sfera della vita politica, bensì attraverso "articolazioni intermedie", vale a dire intervenendo come condizioni materiali o forze produttive nei procedimenti storici. In sede di bilancio storiografico, inoltre, appare ormai assodata la pressoché assoluta irrilevanza della Geopolitik nei confronti delle scelte politiche del regime nazista. Mai Haushofer e i suoi seguaci esercitarono effettiva influenza sui meccanismi di decisione della politica estera tedesca. A partire dalla fine del 1938, anzi, i dirigenti del Partito nazionalsocialista si comportarono proprio contro tutte le loro teorie, che sul piano pratico si traducevano nel consiglio di un'intelligente altalena tra una politica continentale e una oceanica, secondo la distinzione enucleata all'inizio del Novecento da H. Mackinder.
Ma se ''lo spazio non agisce da sé'', come in fondo tutti i critici della Geopolitik fecero notare, non è men vero che esso concorre, sia pure in maniera mediata ma ineliminabile, nel determinare ogni fenomeno politico, a partire da quelli che regolano le relazioni internazionali. Per questo motivo la fine della Geopolitik, che coincide con il crollo del regime hitleriano, segna la nascita, particolarmente nei paesi anglosassoni, della g. contemporanea: nei più recenti esiti non più intesa, secondo Haushofer, come la dottrina relativa all'influenza della configurazione geografica sui processi politici, ma, all'opposto, come il sapere relativo ai rapporti tra decisioni politiche e dimensione spaziale (o dimensioni spaziali) dei processi politici stessi. La distinzione è triplice, e riguarda a un tempo l'oggetto e il soggetto della g., oltre che la natura della relazione tra realtà politica e spazio.
All'interno delle nuove concezioni tale rapporto non soltanto viene rovesciato rispetto alle formulazioni originarie, ma non viene più nemmeno rigidamente interpretato, come prima accadeva, in chiave deterministica, bensì secondo la più feconda e realistica nozione di possibilità d'azione. A tale ribaltamento si accompagna, ed è decisiva, la smaterializzazione dell'oggetto del sapere geopolitico: che non è più soltanto lo ''spazio riempito di cose terrestri'', la visibile ''faccia della terra'', come si diceva nel 19° secolo, ma anche il complesso di quell'invisibile rete di reti telematiche da cui sempre più la comunicazione (e perciò il comando e il controllo del mondo) oggi dipendono. Segno di tale cruciale mutazione è la crisi del concetto topografico di distanza, fattore sempre meno significante nella politica internazionale, sebbene il grado d'influenza delle grandi potenze nei confronti degli altri stati ancora sembri, in qualche misura, dipenderne. E proprio il modello del mondo attuale come rete di reti di relazioni in gran parte immateriali introduce alla terza differenza tra vecchia Geopolitik e nuova g., che consiste appunto nell'inedita odierna molteplicità e pluralità dei soggetti (degli attori): non più soltanto le formazioni statali o i loro raggruppamenti, ma anche tutti gli enti pubblici e privati (politici, militari, religiosi, economici, finanziari) in grado di funzionare da nodo delle maglie, e di produrre conoscenza immediatamente finalizzata alle proprie, e reciprocamente conflittuali, strategie di dominio.
Bibl.: H. J. Mackinder, The geographical pivot of history, in Geographical Journal, 1904, p. 421 ss.; K. Wittfogel, Geopolitik, geographischer Materialismus und Marxismus, in Unter dem Banner des Marxismus, 1929, p. 17 ss.; R. Strausz-Hupé, Geopolitics: the struggle for space and power, New York 1942; C. Troll, Die geographische Wissenschaft in Deutschland in den Jahren 1933 bis 1945. Eine Kritik und Rechtfertigung, in Erdkunde, 1947, p. 3 ss.; C. Da Pozzo, Proposta di definizione degli attuali spazi geopolitici, in Rivista Geografica Italiana, 1978, p. 113 ss.; H.-A. Jacobsen, Karl Haushofer: Leben und Werk, 2 voll., Boppard am Rhein 1979; D. Deudney, Whole earth security: a geopolitics of peace, Washington (DC) 1983; P. O'Sullivan, Geopolitics, Londra 1986; G. Parker, The geopolitics of domination, ivi 1988; M. Korinman, Quand l'Allemagne pensait le monde. Grandeur et décadence d'une géopolitique, Parigi 1990. Va segnalata, tra le riviste, Hérodote, il cui sottotitolo è, dal 1982, Revue de géographie et de géopolitique.