CAPECE GALEOTA, Gennaro
Dei duchi della Regina, nacque a Napoli il 31luglio 1799 da Luigi e da Caterina Lignì dei principi di Caposele.
Ufficiale dell'esercito, aveva il grado di secondo tenente quando il 28 sett. 1828 fu nominato console generale negli Stati Uniti d'America. Di lì fu trasferito in Turchia, a Smirne, il 22 ott. 1840. Nominato segretario di legazione a Berlino il 9 dic. 1842, fu promosso il 26 febbr. 1848 incaricato d'affari senza luogo di destinazione, poi il 26 settembre fu inviato con questo grado presso la corte dello zar a Pietroburgo, e promosso il 25 genn. 1850 inviato straordinario e ministro plenipotenziario vi rimase fino alla fine del regno borbonico. Il 5 ott. 1856 sposava la nipote Rosa Capomazza, figlia del consultore di Stato Emilio dei patrizi di Pozzuoli, dalla quale ebbe due figlie, Paolina, nato a Pietroburgo nel 1857, e Alessandrina, nata a Roma nel 1863, entrambe fattesi monache.
La lunga missione del C., coprendo tutto il periodo decisivo per l'orientamento politico e per l'avvio risolutivo della questione nazionale italiana, rivela bene sia l'evoluzione della politica russa nei riguardi del Regno napoletano e dell'Italia, sia i limiti e l'incapacità oggettiva della diplomazia borbonica, compresa però una mancanza di energia del C. nell'esprimere il proprio pensiero, poiché egli si studiava di non urtare il re per fini di carriera e di quiete. Ebbe come prima cura il consolidamento dei buoni rapporti esistenti tra il Regno e lo zar, il quale aveva preso, già prima dell'arrivo a Pietroburgo del C., posizione contro la rivoluzione palermitana del 1848, con la dichiarazione del Nesselrode al governo inglese che mai la Russia avrebbe riconosciuto alcun mutamento equivalente alla rottura e indebolimento dei legami che congiungevano la Sicilia al Napoletano. L'anno seguente, dopo Novara, partecipava all'esultanza della diplomazia napoletana che, facendo eco al re Ferdinando, favoriva la politica di predominio austriaco sugli Stati italiani. Nel rapporto del 7 apr. 1849 il C. - che abitualmente firmava "della Regina" - concludeva, addirittura, che Carlo Alberto era "stretto nell'alternativa tra la repubblica e l'Austria" e che "per salvare il suo trono non era dubbia la scelta".
Il '48 europeo, e l'endemia delle rivolte contadine, avevano però cominciato, a dare nuova spinta alla intellettualità liberale e progressista russa; il C. ne fece ampio riferimento nei suoi dispacci a Napoli del 1849, e si preoccupò pure di riferire sull'attività dei profughi rivoluzionari europei e sulle misure prese dal governo russo contro di loro. I rapporti russo-napoletani erano in quel momento eccellenti; la politica retriva dello zar trovava adesione completa nel solo Stato napoletano. Ma il C. non si veniva accorgendo, pur da un osservatorio internazionale ideale come Pietroburgo, che tra il 1850 e il 1853 stava maturando quella profonda crisi dei rapporti fra le potenze europee che doveva poi portare alla guerra di Crimea. Finanche nel momento decisivo della crisi egli comunicava (31 luglio '55) che "l'Austria si allontana dalla politica della Francia e dell'Inghilterra e si avvicina per quanto è possibile a quella della Russia", riconfermando ciò poche settimane dopo.
Durante il congresso di Parigi il C. fu forse il peggio informato dei diplomatici accreditati a Pietroburgo. In un dispaccio del 12 giugno 1856 accennava ai mutamenti di politica estera a Pietroburgo. Ma anche quando, il 10 luglio 1856, ebbe un colloquio con il cancelliere Gorčakov, non riuscì a comprendere fino a qual punto la Russia avesse mutato orientamento sulla questione italiana. Solo a partire dal maggio '57 il C. intravide, e dai primi del 1858 capì, che la Russia non ostacolava la politica liberale piemontese, e ne informò il suo governo. Nel settembre le sue convinzioni appaiono però contraddittorie: se dal convegno di Plombières, su cui appare informato, trasse la convinzione non soltanto di una prossima guerra ma anche dell'ostilità della Russia per l'Austria, non si accorgeva che il Regno di Napoli stava perdendo l'appoggio dello zar. Solo in un rapporto del 14 genn. 1859, davanti all'irreparabile, si mostrava seriamente allarmato, ma ancora non intuiva gli effetti deleteri che avrebbe avuto per il Regno la guerra tra Austriaci e Franco-piemontesi. Nulla poté fare per agevolare lo scopo della missione a Pietroburgo, nel luglio 1859, di C. Ludolf, che era venuto a cercare conferma dell'amicizia fra il Regno e l'Impero dello zar, per salvaguardare, con la neutralità, la dinastia e il trono dei Borboni. A tal riguardo non ebbe in seguito che risposte evasive, tanto nei colloqui con il Gorčakov, quanto in quello del 9 marzo 1860 con lo zar Alessandro II. E concluse semplicemente che ormai la Russia si disinteressava delle Due Sicilie.
Nell'imminenza dell'impresa garibaldina aveva compreso che il governo russo non avrebbe levato nessuna protesta, presso il Piemonte. E il 7 agosto di quell'anno, in uno degli ultimi dispacci concludeva: "il reale governo deve bandire ogni illusione di aiuto estero". Con questa triste considerazione finiva la missione diplomatica a Pietroburgo.
Il decreto dittatoriale dell'11 ott. 1860 destituì il C. dall'incarico. Rimase accreditato presso lo zar per conto del governo in esilio di Francesco II fino alla metà del 1862, quando il governo russo gli comunicò la decisione di riconoscere il nuovo Regno d'Italia. Rimasto a Pietroburgo come privato ancora due anni, nel 1864 partì alla volta di Roma; si recò in seguito a Parigi, dove visse fino alla morte, avvenuta il 19 dicembre del 1867. Era stato insignito del cavalierato dell'Ordine di S. Gennaro, e della Gran croce di S. Ludovico di Parma, di S. Anna di Russia, dell'Aquila bianca di Polonia, del Danebrog di Danimarca e dell'Ordine costantiniano.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza diplomatica del C. in Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone, (cfr. Invent. sommario, a cura di J. Mazzoleni, ad Ind.); I documenti diplom. italiani, s. 1, II, a cura di W. Maturi, Roma 1959, ad Ind.; R.De Cesare, La fine di un Regno, Città di Castello 1909, I, p. 109; P. Ulloa Calà, Un re in esilio, Bari 1928, p. 90; A. Zazo, La politica estera del Regno delle due Sicilie (1849-1860), Napoli 1940, pp. XIV, 7, 39, 303, 352, 368; G. Berti, Russia e Stati ital. nel Risorgimento, Torino 1957, pp. 594, 609 s., 657 s., 697 s., 720, 725, 759, 763, 857; R. Moscati, Il ministero degli Esteri 1861-1870, Milano 1961, pp. 91 s.; Annuario della nobiltà italiana, Rocca San Casciano 1902, p. 399; V. Spreti, Encicl. storico-nobiliare, App. 1, p. 497.