GALANTE, Gennaro Aspreno
Nacque a Napoli il 6 ott. 1842 da Carmine e Amalia D'Afflitto; di famiglia facoltosa il G. ricevette una raffinata educazione privata.
Da autodidatta, nella ricca biblioteca paterna, attinse precocemente l'erudizione che caratterizzò la sua formazione intellettuale, in una città dove, fin dal Settecento, esisteva una scuola di archeologia cristiana risalente ad A.S. Mazzocchi. Si dedicò pertanto a studi di antichistica, di letteratura latina e greca, di teologia, questi ultimi con particolare riguardo alle sacre scritture e a s. Tommaso. Gli studiosi che maggiormente lo influenzarono in gioventù furono il barnabita L. Bruzza e, soprattutto, il canonico G. Scherillo, conoscitore delle catacombe napoletane e dei monumenti antichi dell'agro puteolano, che può considerarsi il suo vero maestro. Completò, infine, la sua formazione alla scuola di G.B. De Rossi - padre dell'archeologia cristiana - conosciuto nel 1866 in seguito a una rocambolesca sortita, quando, sfuggendo al controllo della polizia, il G. aveva raggiunto Roma per ricevervi, il 26 maggio, l'ordinazione sacerdotale dal cardinale arcivescovo di Napoli in esilio, S. Riario Sforza.
Il G. insegnò inizialmente greco e latino in alcuni licei privati finché, nel 1878, fu nominato professore di storia ecclesiastica e di archeologia cristiana prima nel liceo arcivescovile di Napoli, dove ottenne l'ordinariato l'anno successivo, quindi nel collegio di Maria, o seminario del Regno, preposto alla preparazione del clero meridionale. Nel 1891 fu nominato canonico cimeliarca (cioè custode del tesoro) della cattedrale di Napoli, ma ricoprì anche altre cariche tra cui quella di ispettore agli scavi e monumenti di Pozzuoli. Nel 1876 aveva fondato l'Accademia di archeologia sacra.
Principalmente mirata a inserire il lavoro archeologico nel quadro generale della storia ecclesiastica, in funzione di supporto e verifica di quest'ultima, l'Accademia si proponeva lo studio dei nessi fra l'archeologia cristiana e gli scritti dei padri della Chiesa, i dogmi cattolici e le Sacre Scritture; le discussioni si tenevano spesso in casa del G., dove, alla sera, gli studenti si riunivano per discutere, oltreché di archeologia cristiana, di filologia classica e di storia antica e medievale.
L'intensa attività scientifica del G. si concretizzò in un elevato numero di contributi a stampa (circa 150: Bellucci, pp. 295-304) e in un'imponente massa di manoscritti oggi conservati presso il seminario arcivescovile di Capodimonte (Fondo Galante).
Il suo primo articolo, dedicato alla vita del vescovo di Napoli s. Giovanni IV (La vita di s. Giovanni IV, vescovo di Napoli, e le sue antiche traslazioni e invenzioni del suo corpo, in Scienza e fede, XLV [1862], f. 267) è già un'indicazione programmatica della cura che egli costantemente dedicò alla storia ecclesiastica di Napoli, sia attraverso lo studio delle fonti sia tramite l'indagine archeologica. Al contrario il G. non mostrò particolare interesse per i monumenti pagani, nonostante il magistero dello Scherilli lo avesse introdotto, per esempio, allo studio dei reperti di Pompei: troviamo, infatti, ben poche pubblicazioni a essi dedicate, relegate all'inizio e alla fine della sua attività scientifica (in particolare due ricerche su iscrizioni greche: Illustrazione di un'antica lapide greca ritrovata in Napoli, Napoli 1865, e Illustrazione d'una lapide greca ritrovata in Napoli, in Atti dell'Accademia Pontaniana, LI [1921]) e pochi altri contributi rimasti inediti, tra cui un resoconto degli scavi nell'anfiteatro di Pozzuoli.
Presto, comunque, il G. puntualizzò come principale oggetto dei suoi interessi l'indagine sulle catacombe napoletane, in particolare quella di S. Gennaro, che considerò subito sepolcreto cristiano, distaccandosi perciò dalla vecchia ipotesi che sosteneva trattarsi di cave di pietra o di vie sotterranee. Fu questo un lavoro cui si dedicò dagli anni della giovinezza fino a pochi mesi prima della morte: alcuni primi risultati significativi confluirono nella monografia Katacomben in Neapel, in Realencyclopädie der christlichen Alterthümer, Freiburg i.B. 1883, f. IX.
La ricerca sul complesso catacombale di S. Gennaro non si limitò agli aspetti architettonici e topografici, ma fu estesa all'analisi della pittura parietale, portando il G. a occuparsi della più antica immagine del santo attestata nelle catacombe (Su l'immagine più antica di s. Gennaro v. e m. dipinta nelle catacombe napoletane, in La Fata Morgana, Napoli 1876, pp. 113 ss.), argomento su cui tornerà in seguito ampliando l'impostazione del suo lavoro (Importanza delle pitture catacombali di Napoli, in Atti dell'Accademia Pontaniana, XXXVI [1906]) e avanzando la proposta di suddividere la pittura cimiteriale in quattro fasi.
A Napoli il G. si dedicò anche all'indagine di catacombe minori come quelle di S. Severo, di S. Gaudioso, di S. Eufebio, di S. Vito, e dei Ss. Fortunato e Massimo, mentre in ambito extraurbano studiò ad Atripalda - tra il 1875 e il 1891 - il cimitero di S. Ipolisto martire (Il cemetero di S. Ipolisto martire in Atripalda, diocesi di Avellino, in Atti della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti, XV [1893]); si interessò anche dei sepolcreti giudaici. Più in generale pose particolare attenzione al lavoro di restauro sui monumenti e manifestò il desiderio di ampliare la ricerca archeologica ai monumenti cristiani dell'Africa e dell'Asia Minore.
Gli studi del G. si basano sulla convinzione che la storia della Chiesa non debba fondarsi esclusivamente sull'interpretazione delle Sacre Scritture bensì anche sull'obiettiva analisi archeologica dei monumenti; lo strumento archeologico è quindi per lui una valida alternativa a quello teologico, ad esempio per combattere le tesi e le obiezioni dei protestanti. Pur guardando con grande ammirazione alla scuola romana e al De Rossi (Gli scavi nelle catacombe napoletane. Lettera aperta a Giambattista De Rossi, in Bullettino d'archeologia cristiana, II [1871], pp. 37 ss.), rispetto a quest'ultimo ebbe una maggiore preparazione teologica, essendo sua intenzione quella di risalire "dal simbolo, dal monumento, dal documento […] al dogma e dall'antichità del rudere, della pittura passare all'immutabilità della dottrina" (Sodo, p. 27).
Il G. fu membro della commissione dei conservatori di Napoli, membro della Deputazione di storia patria, socio della R. Accademia di archeologia di Napoli e della Pontaniana.
Morì a San Giorgio a Cremano, presso Napoli, l'11 giugno 1923.
Fonti e Bibl.: In Onoranze alla venerata memoria di mons. G.A. G., Napoli 1925, si vedano in particolare: A. Bellucci, Mons. G.A. G. e i suoi contributi nel movimento archeologico, storico e letterario cristiano in Napoli negli ultimi cinquant'anni, pp. 37 ss., 295-304 (elenco delle opre edite) e G. Sodo, Elogio funebre di mons. G.A. G., pp. 11-29; A. Sogliano, G.A. G. Discorso commemorativo, in Atti della R. Acc. di archeol., lettere e belle arti, n.s., 1933-34, pp. 95-100; C.D. Fonseca, Appunti per la storia della cultura cattolica in Italia. La storiografia ecclesiastica napoletana, in Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, Roma 1961, pp. 476-482; F.W. Deichmann, Archeologia cristiana, Roma 1993, pp. 32, 35; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XIX, coll. 707-709.