GAT (arabo Ghāt; A. T., 113-114)
Oasi della Libia interna, nella parte occidentale del Fezzan, a 430 km. a OSO. di Murzuch (550 per la carovaniera, che risale l'Uadi Lajal), a 15 km. dalla linea di confine franco-italiana stabilita dalla convenzione del 1919. La città è situata in buona posizione presso la testata dell'Uadi Tanezruft a 780 m. s. m., in mezzo a terreni ricchi di acque e coperti di vegetazione; è un nodo stradale importante per le comunicazioni transahariane. Questa sua favorevole posizione le conferì in ogni tempo notorietà, nonostante la considerevole distanza dalla costa e le ostilità dei Tuareg.
Sebbene non si abbiano notizie storiche sull'origine di Gat, è verosimile che la città già in epoca antica esistesse là dove ora sorge o in altro posto vicino della fertile conca all'ingresso della gola di Marazet, nella quale confluivano parecchie importanti carovaniere che inettevano in comunicazione la costa mediterranea col Sahara centrale e col Sudan. È stata fatta a tale riguardo l'ipotesi che il nome corrisponda a quello di Rapsa, cioè dell'oppidum ricordato da Plinio (Nat. Hist., V, 5) fra le città e le popolazioni del sud tripolitano sottomesse dal proconsole Lucio Cornelio Balbo verso l'anno 19 a. C.; ma il rapporto fonetico fra i due nomi è del tutto inammissibile, mentre ha qualche verosimiglianza quello di Rapsa col nome Kēl-Ghāfsa (gente di Ghāfsa) appartenente ad una tribù berbera che secondo una tradizione locale avrebbe contribuito alla fondazione della città; per quanto nei nomi libici pervenuti attraverso le fonti greco-romane, non sia frequente la riproduzione della velare gh con r.
La prima menzione certa di Gat, allo stato delle conoscenze, si trova nei Viaggi di Ibn Baṭṭūṭah, e risale quindi alla 2ª metà del sec. XIV d. C. Ma prescindendo dalle leggende indigene sulla fondazione e sui primi reggitori della città, questa entra nella piena luce della storia solo nel secolo XIX, quando è visitata da alcuni degli esploratori che compirono viaggi nelle regioni sahariane o nel Sudan, come Richardson, Barth, Overweg, Ismail Buderba (Ismā Ḍīl Bū Darbah), I7uveyrier, Erwin von Bary, ecc.; talvolta fu sede di trattative fra di essi ed i capi dei Tuareg, senza il cui concorso non si poteva agevolmente affrontare la traversata del Gran Deserto. Nell'ultimo quarto del sec. XIX, mentre la Franeia estendeva sempre più la sua influenza nel sud algerino, la Turchia era naturalmente indotta ad affermare, con l'occupazione diretta, il suo dominio su regioni e località che per fattori geografico-economici e storici facevano parte integrante della Tripolitania e che tuttavia erano rimaste per lungo tempo abbandonate. Approfittando della guerra fra le due confederazioni tuāreg degli Ihaggāren e degli Azger, e del vecchio antagonismo fra gli abitanti della città dediti al commercio ed i nomadi tuareg che in ogni maniera li tiranneggiavano, i Turchi occuparono Gat nel 1875 e ne fecero una caimacamia dipendente dal sangiaccato del Fezzan. Nel 1886 i Tuareg che vedevano nell'autorità turca un impedimento alle loro vessazioni e alla loro turbolenta vita, assalirono la guarnigione e la passarono a fil di spada; ma poco dopo la Porta vi si ristabiliva.
Quando l'occupazione italiana in Libia, dopo la pace di Losanna, si estese al Fezzan, con l'audace spedizione comandata dal colonnello Miani, Gat fu uno degli obiettivi da conseguire e ne ebbe il compito il colonnello Giannini, il quale il 12 agosto 1914 la occupava, ben accolto dalla popolazione, inalberandovi sul castello il vessillo italiano. Ma l'occupazione fu di assai breve durata. La sollevazione senussita, che lo scoppio della guerra europea non poté frenare, obbligandoci ad abbandonare il Fezzan, determinò anche il richiamo della colonna Giannini, che nel dicembre dello stesso anno, attraverso i territorî algerini, faceva ritorno alla costa. Quindici anni più tardi, il 24 febbraio 1930, le truppe italiane del generale Graziani rioccupavano l'oasi.
Delle sorti di Gat durante i 15 anni che occorsero al nostro ritorno, effettuatosi pacificamente, e delle condizioni in cui la città fu ritrovata, poco sappiamo. Certo che essa - come tutto il Fezzan - dovette subire le conseguenze dello stato di anarchia in cui la regione venne lasciata e al quale la nostra presenza è venuta a sottrarla. La descrizione più accurata di Gat è tutt'ora quella che ce ne dà lo Zoli sulla scorta d'una relazione inedita dello stesso colonnello Giannini. La città forma entro la sua cinta murata un rettangolo di 700 per 500 m., perfettamente orientato, con direzione est-ovest col lato più lungo, ed è costituita da un nucleo di circa 500 case. La sua popolazione era stimata nel 1914 di 700 o 1250 ab., comprendendovi i due villaggi adiacenti di Tunin e di Tadaramat, ma secondo recenti calcoli sarebbe salita a 2800 individui a causa soprattutto di rimpatrî di gruppi allontanatisi negli ultimi 15 anni; essa si compone principalmente di elementi berberi frammisti con Arabi provenienti in parte dall'Algeria, dalla Tunisia e dalla Tripolitania, e di Negri sudanesi discendenti di antichi schiavi o prodotti del loro incrocio con i due gruppi anzidetti. I Tuareg sarebbero appena 75, viventi in capanne e accampamenti presso Tunin. Gli abitanti, miti e pacifici, sono principalmente commercianti e agricoltori, ma il commercio, già illanguidito da oltre un trentennio in seguito all'avvenuta abolizione della tratta degli schiavi, e sviato per la costa di Guinea, è ora ridotto a poca cosa. Più fruttifera l'agricoltura che si pratica nell'oasi, parzialmente ricoperta da tre palmeti con circa 3000 palme. Vi si coltivano agrumi, piante da frutto in genere e ortaggi, mentre nella parte scoperta si semina l'orzo o crescono spontaneamente piante foraggere, onde si alimenta lo scarso bestiame, rappresentato soprattutto da 200 capi ovini e da qualche decina di asini e muli. A 10 km. a sud di Gat, in una fiorente oasi, sorge il grosso villaggio di Baracat (o el-Barcat), che consta di 150 case entro una cinta murata, guarnita di torri, con moschea e minareto. Gat dista da Tripoli, per la via Misurata-Bu Ngem-Hon-Sebha-Ubari-Auenat, 1435 km. Entro il 1932 sarà ultimata la pista camionabile che congiungerà Gat a Ubari. Gat, che è ora sede di comando di sottozona, possiede una scuola italo-araba con insegnante italiano ed è dotata di stazione radio, abilitata anche a servizio civile.
Il linguaggio proprio della città di Gat è un dialetto berbero che fa parte del gruppo dialettale tārgī, ed ha una sua fisionomia, tra le cui caratteristiche vanno notati il mutamento di t in č dinanzi ad i, e la frequente palatalizzazione anche di g. Tale linguaggio si chiama tamağēq, voce che corrisponde, attraverso leggi fonetiche proprie del tārgī, a tamāzīght, che è il fem. di māzīgh "berbero". Un certo numero di testi contenenti novelle, descrizioni e racconti storici è stato raccolto da studiosi di berbero.
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