MANACORDA, Gastone
Nacque a Roma il 10 maggio 1916 da Giuseppe e da Lina Romagnoli, quarto di sei fratelli, con Umberto, Edoardo, Mario Alighiero, Paolo Emilio, Giuliano. Dopo la scomparsa del padre, nel 1920, per febbre spagnola, i fratelli Manacorda studiarono al liceo-ginnasio E.Q. Visconti e furono ospitati nel collegio degli orfani di S. Maria in Aquiro, diretto dai padri somaschi. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, il M. si laureò nel 1938 in filosofia del diritto, con G. Del Vecchio, discutendo una tesi sul "Concetto di nazione e il principio di nazionalità". Maturava, intanto, la propria coscienza antifascista, secondo un percorso che fu comune a molti giovani intellettuali della sua generazione.
Alla guerra di Etiopia "ho creduto" - ricordò nell'intervista di A. Caracciolo, Bilancio di uno storico (1988; poi in G. Manacorda, Il movimento reale e la coscienza inquieta. L'Italia liberale e il socialismo e altri scritti tra storia e memoria, a cura di C. Natoli - L. Rapone - B. Tobia, Milano 1992, p. 257) - "ho creduto all'impero italiano come legittima contrapposizione all'impero inglese e all'imperialismo delle altre nazioni".
Con la guerra di Spagna, però, le cose cominciarono [(] a cambiare" anche perché, attraverso il fratello Paolo Emilio, il M. entrò in contatto con alcuni giovani della facoltà di lettere suoi amici - tra i quali M. Alicata, C. Muscetta, C. Salinari, A. Trombadori, G. Briganti -, che vivevano comuni tensioni antifasciste. Grazie a questi rapporti e alla lettura di documenti politici che circolavano clandestinamente, il M. si orientò verso l'antifascismo e quindi verso il partito comunista, intrecciando strettamente tali scelte con lo studio e l'approfondimento storico: egli stesso ha sottolineato quanto fu importante il "problema politico" per la sua formazione (ibid., p. 256), e come proprio l'esigenza di capire cosa fosse il fascismo e come si fosse affermato lo portò ad approfondire la storia del Risorgimento e dell'Italia liberale, mentre i nuovi contatti politici lo spinsero a interessarsi del socialismo, del comunismo e dell'Unione sovietica.
Un altro incontro avrebbe completato la sua formazione: quello con D. Cantimori, che il M. conobbe nel 1941, e al quale rimase legato da profonda amicizia, di cui è testimonianza il loro denso carteggio.
Cantimori - ha ricordato il M. - fu la persona che ebbe "la maggiore influenza su di me come studioso": "è stato l'unico storico che io possa considerare come mio maestro. Il suo rigore filologico, la ricchezza mai ostentata della sua cultura, il richiamo a leggere criticamente, a capire le cose nei loro termini obiettivi, a osservare con l'occhio dello storico anche la realtà del nostro tempo: tutto questo fu per me scuola, senza alcuna formalità scolastica" (ibid., pp. 263 s.).
Vincitore del concorso per la cattedra di storia e filosofia nei licei, dopo il servizio militare a Spoleto, il M. iniziò l'insegnamento a Roma e, successivamente, a Perugia. Nel 1940 aveva sposato Marcella Balboni: dal matrimonio nacquero Giorgio (1941) e Benedetto (1943). Dal 1942 il M. fu comandato presso la Giunta centrale per gli studi storici, per la redazione della Bibliografia storica nazionale, impegno che sarebbe proseguito nel dopoguerra (la curò dall'annata V-VIII, 1943, Roma 1949, all'annata XXVIII, 1966, Bari 1968).
Nel corso del 1942 la famiglia fu sconvolta da drammatici lutti: richiamato in guerra, Paolo Emilio morì in Jugoslavia il 25 febbraio. Pochi mesi dopo, scomparve la madre già sofferente di cuore.
Anche il M. fu richiamato, e fu inviato in provincia di Bologna e di Ancona, e, nell'ottobre 1942, a Treviso come sottotenente commissario. Dopo l'8 sett. 1943, riuscì a tornare a Roma, dove prese contatto con l'organizzazione del partito comunista e partecipò all'attività clandestina della Resistenza come membro della direzione politico-militare della IV zona. In seguito fu riconosciuto dall'Esercito italiano "partigiano combattente" con il grado di capitano e nel 1958 gli fu conferita la croce al merito di guerra.
Dopo la guerra il M. si impegnò nell'ambito dell'attività culturale legata al Partito comunista italiano (PCI): collaborò, tra gli altri, a l'Unità e a Rinascita, fu direttore delle Edizioni Rinascita e della rivista dell'Associazione italiana per i rapporti culturali con l'Unione sovietica, La Cultura sovietica (1945-46). Dal 1950 assunse la direzione di Società, che dal 1953 al 1956 condivise con C. Muscetta, e della quale sostenne - particolarmente all'interno della commissione culturale del PCI - le caratteristiche di rivista di cultura rispetto ai periodici più strettamente di partito e rivolti all'attualità politica. Collaborò con la casa editrice Einaudi, la Biblioteca G.G. Feltrinelli di Milano e fece parte, dal 1951 al 1954, del comitato di redazione di Movimento operaio.
Il M. aveva intanto avviato i suoi studi sulla storia del socialismo, dapprima sul pensiero socialista utopistico, quindi sulle origini del movimento operaio, con la ricerca sul Movimento operaio italiano attraverso i suoi congressi (1853-1892), apparsa in supplementi mensili di Rinascita (1949-53) e poi raccolta in volume (Roma 1953; nuova ed., ibid. 1963). Con questo lavoro conseguì, nel 1955, la libera docenza in storia del Risorgimento presso l'Università di Roma, nella cui facoltà di lettere iniziò a tenere corsi liberi.
Con i suoi studi, il M. contribuì al rinnovamento della storiografia italiana del secondo dopoguerra, fino ad allora limitata alle élites e alle classi dirigenti, aprendo una strada sulla quale si sarebbero incamminati tra gli anni Quaranta e Cinquanta molti giovani storici marxisti. Oltre a partecipare ai congressi di storia del Risorgimento (1958, 1959) e di scienze storiche (1967), il M. svolse la propria attività di studioso anche al di fuori del PCI. Collaborò all'Enciclopedia Italiana (II Appendice) e al Dizionario biografico degli Italiani (voll. V, XV).
Partecipò in prima persona fin dagli esordi all'attività della Fondazione (poi Istituto) Gramsci, diretta da A. Donini, entrando nel 1954 nel comitato direttivo come responsabile del settore storico.
Anche in questo organismo il M. espresse le proprie convinzioni sul rapporto tra impegno politico e culturale, difendendo l'autonomia della ricerca e delle istituzioni: significativo fu l'episodio che lo vide protagonista nella polemica con A. Colombi, membro della direzione del PCI, autore di una relazione presentata all'Istituto nel dicembre 1954 sulla "storiografia marxista in Italia", molto negativa nei confronti dei giovani storici e in particolare del M., che tuttavia ne contestò apertamente il contenuto, poiché "concepito in funzione di polemica politica" ("siamo al livello delle vite dei santi!": Ricordi e interventi di G. M., pp. 1016 ss.). In questa occasione, P. Togliatti, criticando l'iniziativa, diede ragione alle esigenze degli studiosi e difese l'autonomia delle loro ricerche. L'episodio andò al di là del fatto in sé, coinvolgendo la direzione dell'Istituto Gramsci, che fu affidata ad A. Natta. Il M., sempre responsabile del settore storico e membro della segreteria, aumentò ulteriormente il proprio impegno, parallelamente a quello di condirettore di Società, la cui vita fu caratterizzata da frequenti polemiche.
Nel corso del 1956, all'indomani del XX congresso del PCUS (Partito comunista Unione sovietica) e, successivamente, delle rivolte scoppiate in Polonia e in Ungheria, gli intellettuali del PCI furono protagonisti di un vivace dibattito che coinvolse le strutture culturali e molte sezioni del partito e che si fece sempre più critico, fino all'aperto contrasto quando le truppe sovietiche invasero l'Ungheria. Fu nella sede di Società e dell'Istituto Gramsci che venne organizzata la lettera di protesta al Comitato centrale del PCI firmata da 101 intellettuali (29 ott. 1956). Il M. non fu tra i firmatari della lettera, poiché si trovava fuori d'Italia, ma espresse il proprio dissenso in maniera netta particolarmente nel corso di una riunione della commissione culturale (15-16 novembre).
Sostenendo che gli avvenimenti polacchi e ungheresi non potevano essere condannati semplicemente come "controrivoluzione", definì l'intervento armato sovietico e la dura repressione "il tragico punto di approdo di una politica sbagliata" non solo del partito comunista ungherese ma anche dell'Unione sovietica e accusò il PCI - e il suo responsabile culturale, M. Alicata - di "reticenza" nel campo della cultura: da questa ora occorreva "uscire risolutamente", facendo divenire prevalenti i "diritti della libertà di ricerca", poiché la ricerca - come aveva sottolineato in una precedente riunione, richiamandosi ad A. Gramsci - doveva essere un'attività "disinteressata" (Ricordi e interventi di G. M., pp. 1026 ss.).
Pur rimanendo iscritto al PCI, questa posizione lo portò ai margini delle attività e a non essere inserito né nella nuova serie di Società, né nei rinnovati organismi dell'Istituto Gramsci (anche se continuò a partecipare alle sue iniziative: fu tra i primi, per esempio, in occasione del convegno di Studi gramsciani del 1958, a porre l'esigenza di una nuova edizione dei Quaderni del carcere che ne rispecchiasse l'ordine cronologico di composizione).
Quando più avanti cominciò a maturare tra alcuni storici comunisti (E. Ragionieri, G. Procacci, R. Villari, R. Zangheri), insieme con Alicata, il progetto di una nuova rivista di storia, al M. fu chiesto di assumerne la direzione: seppur riluttante, dopo aver avuto garanzie - come scriveva a Cantimori (12 marzo 1958) - "che la rivista sarebbe stata affidata al gruppo di studiosi che l'avrebbero fatta, e che non vi sarebbero state interferenze di sorta" (Vittoria, Il Pci, le riviste e l'amicizia, p. 865), accettò l'incarico. La scelta fu quella di dar vita a una rivista di storia generale, come era indicato fin dal titolo, Studi storici (che riprendeva, come la copertina, su suggerimento del M., la testata diretta da A. Crivellucci, alla quale aveva collaborato suo padre).
Il periodico intendeva reagire all'"eccesso di ideologia" degli anni passati ed essere aperto a diversi contributi, ma, al tempo stesso, aveva un preciso orientamento ideale. Questo veniva richiamato esplicitamente nella sigla Istituto Gramsci editore, con la quale si faceva "una dichiarazione di non neutralità "ideologica", di non accademismo, di non identificazione della scienza storica con la storiografia neutra pura asettica e senza idee": "larghezza nell'indirizzo" e "intransigenza nella qualità", dunque, secondo quanto ricordò il M. in occasione dei 25 anni della rivista (in Il movimento reale, pp. 294 s.). Oltre ai saggi, il M. vi pubblicò numerose recensioni (quella agli Studi di storia di Cantimori, Torino 1959, apparsa sul primo fascicolo fu ritenuta, per il suo impianto metodologico, l'articolo programmatico della rivista), alle quali si era sempre molto dedicato per l'importanza che egli attribuiva agli interventi critici e alla discussione sui temi della storiografia contemporanea.
Il M. diresse Studi storici, coadiuvato da un comitato dal 1964, fino alla fine del 1966. Nel 1965 aveva iniziato l'insegnamento universitario a Catania, dapprima di storia del Risorgimento, quindi dal 1968, avendo vinto il concorso di professore ordinario, di storia contemporanea. L'insegnamento e il rapporto con gli allievi saranno da ora al centro della sua esperienza.
I suoi studi si erano indirizzati verso la storia dell'Italia liberale e in particolare, sollecitato anche dai dibattiti di quegli anni (R. Romeo e A. Gerschenkron e, precedentemente, i lavori di E. Sereni), sullo sviluppo economico del Paese, che analizzò attraverso le ricerche sulla politica di G. Giolitti, F. Crispi e S. Sonnino nell'ultimo decennio dell'Ottocento: temi che andranno a comporre il volume Crisi economica e lotta politica in Italia. 1892-1896 (Torino 1968; nuova ed. con il titolo Dalla crisi alla crescita. Crisi economica e lotta politica in Italia 1892-1896, Roma 1993), e che furono di grande importanza per aver individuato nelle conseguenze della crisi bancaria di fine secolo le premesse allo "sviluppo del capitalismo moderno" (ed. 1993, p. 184). L'incarico a Catania stimolò l'interesse per la storia siciliana e del Mezzogiorno, mentre la cattedra di storia contemporanea lo spinse ad allargare l'insegnamento oltre la storia nazionale e a organizzare i propri corsi su diversi aspetti della storia europea e del socialismo, essendo convinto - come affermò in un intervento del 1973 - della necessità di superare la tendenza "a fare della storia contemporanea un periodo separato dai periodi precedenti" e a "far centro soltanto sul mondo capitalistico" (Il movimento reale, p. 275).
Per iniziativa del M. nacque a Catania, nel 1974, l'Istituto siciliano per la storia dell'Italia contemporanea, di cui fu presidente fino al 1977. Fu anche membro del consiglio direttivo dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, di cui fu vicepresidente nel 1978-82, e fece parte dei comitati direttivi di Italia contemporanea. Fu inoltre presidente del comitato scientifico della Fondazione Lelio e Lisli Basso (1976-78).
Dopo un anno all'Istituto orientale di Napoli, il M. fu chiamato nel 1978 alla cattedra di storia dei partiti politici della facoltà di lettere dell'Università di Roma "La Sapienza", dove si impegnò per l'istituzione, nel 1984, della cattedra di storia contemporanea e per la creazione del dipartimento di studi storici dal Medioevo all'Età contemporanea. Mantenne la sua presenza all'Istituto Gramsci (dal 1961 nel comitato direttivo) e in modo particolare continuò a lavorare per Studi storici, facendo parte dal 1983 del comitato scientifico nell'ambito di un rinnovamento che egli stesso aveva favorito.
Dopo lunga malattia, il M. morì a Roma il 27 apr. 2001.
Oltre alle opere citate, si ricordano: Il socialismo nella storia d'Italia. Storia documentaria dal Risorgimento alla Repubblica, Bari 1966; Storiografia e socialismo. Saggi e note critiche, Padova 1967; Rivoluzione borghese e socialismo. Studi e saggi, Roma 1975. Il M. ha curato e tradotto diverse opere, fra cui: F. Buonarroti, Congiura per l'eguaglianza o di Babeuf, Torino 1946 (nuova ed., ibid. 1971); V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione a Napoli, I-II, Milano 1951; J. Jaurès, Storia socialista della Rivoluzione francese, I-X, ibid. 1953-54 (nuova ed., I-IV, Roma 1969). In Il movimento reale, alle pp. 349-371, si trova una bibliografia degli scritti del M., curata da P. Gabrielli.
Fonti e Bibl.: A Roma, presso la famiglia, sono conservate le carte del M. e le lettere di D. Cantimori; le lettere del M. sono a Pisa, Scuola normale superiore, Archivio Cantimori. Altri documenti relativi al M. e alla sua attività politico-culturale si trovano a Roma, Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, Commissione culturale e Istituto Gramsci. Necr., in data 28 apr. 2001, in La Repubblica (N. Ajello); Corriere della sera (A. Colombo); l'Unità (F. Barbagallo, A. Vittoria); La Sicilia (G. Barone); in data 29 apr. 2001, si v. invece Il Manifesto (G. Santomassimo); e ancora Studi storici, XLII (2001), 1, rispett. pp. 5-7, 9-24 (G. Procacci e A. Vittoria).
Il fascicolo monografico di Studi storici (G. M.: storia e politica), XLIV (2003), 3-4, con introd. di F. Barbagallo, contiene: L. Rapone, G. M. critico della storiografia, pp. 593-648; C. Natoli, Il socialismo nella storia d'Italia, pp. 649-744; A. Vittoria, Il PCI, le riviste e l'amicizia. La corrispondenza fra G. M. e D. Cantimori, pp. 745-888; L. Masella, Autonomia della ricerca e direzione politico culturale. G. M. fra "Società" e "Studi storici", pp. 889-919; G. Mori, Una digressione virtuosa. M. e la storia bancaria di fine Ottocento (un vulcano che esplode e poi si acquieta), pp. 921-926; Ricordi e interventi di G. M., pp. 1007-1047; vedi ancora: N. Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958, Roma-Bari 1979, ad ind.; L. Masella, Passato e presente nel dibattito storiografico. Storici marxisti e mutamenti della società italiana 1955-1970. Antologia critica, Bari 1979, pp. VIII, XVIII, XXXIX, XLV, LVI, 5, 15, 22, 26, 35, 40, 52, 81, 135, 164; Studi storici. Indice 1959-1984, a cura di G. Bruno - A. Vittoria, premessa di F. Barbagallo, prefaz. di G. Manacorda, Roma 1985, passim; F. De Giorgi, La storiografia di tendenza marxista e la storia locale in Italia nel dopoguerra. Cronache, Milano 1989, ad ind.; A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali. Storia dell'Istituto Gramsci negli anni Cinquanta e Sessanta, pref. di F. Barbagallo, Roma 1992, ad ind.; L. Mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni Trenta agli anni Sessanta, Torino 1999, ad ind.; Il "lavoro culturale". Franco Ferri direttore della Biblioteca Feltrinelli e dell'Istituto Gramsci, a cura di F. Lussana - A. Vittoria, Roma 2000, ad ind.; E. Ragionieri e la storiografia del dopoguerra, a cura di T. Detti - G. Gozzini, Milano 2001, ad ind.; P. Simoncelli, R. De Felice. La formazione intellettuale, Firenze 2001, ad ind.; L'epistolario di E. Ragionieri. Inventario, a cura di F. Capetta, prefaz. di G. Santomassimo, Firenze 2004, ad ind.; G. Sasso, D. Cantimori. Filosofia e storiografia, Pisa 2005, ad indicem.