BENCINI, Gaspero
Nacque il 19 giugno 1775 a Colonnata (Massa Carrara) da famiglia povera. Fattosi ecclesiastico e trasferitosi a Firenze, ove compì gli studi, nel 1797, per interessamento dell'abate cassinese M. Lucarelli, fu scelto da A. M. Bandini come coadiutore per le lingue orientali nella Biblioteca Laurenziana. Alla morte del Bandini, nel 1803, fu fatto vicebibliotecario alle dipendenze del quasi coetaneo F. Del Furia, di cui subì fortemente l'influenza e di cui fu buon collaboratore nel lavoro di ufficio e in molte iniziative di carattere culturale.
Quando, nel 1807, il Del Furia diede vita alla Collezione d'opuscoli scientifici e letterari, che durò sino al 1819, il B. partecipò alla compilazione della rivista sin dal primo numero con numerose recensioni di opere di erudizione storica. In biblioteca s'occupava soprattutto del fondo dei manoscritti greci, e perciò si trovò coinvolto nella incresciosa questione della macchia che nel 1809 deturpò un codice Laurenziano di Longo Sofista, e che oppose P-L. Courier agli eruditi italiani, trascinandosi, fra accuse, controaccuse e libelli più o meno accesi, per decenni. Il B., che aveva aiutato il Courier nella trascrizione del passo inedito dei testo del romanzo pastorale, del quale aveva anche fatto copia per sé, si schierò, naturalmente, a fianco del Del Furia nel rivolgere allo studioso francese l'accusa di avere voluto intenzionalmente deturpare il prezioso codice acciocché nessun altro potesse adoperarlo; e nel 1813 scrisse, per controbattere le affermazioni del francese, una lunga lettera S. Ciampi nella quale affermava anche che il Courier gli aveva fraudolentemente sottratto la copia da lui redatta per suo uso privato (Lettere di Sebastiano Ciampi, di Franc. Del Furia e di G. B. intorno alcune varianti del noto supplemento di Longo, Venezia 1830, pp. XXXIII-XXXVII).
La nomina ad accademico della Crusca (1812) distoglieva il Del Furia dagli studi orientalistici e di filologia ellenica, e lo volgeva piuttosto agli studi di lingua e alle ricerche sui più antichi autori volgari italiani. Il B. seguì l'arnico su questa nuova strada e venne eletto il 14 maggio 1818 socio della Colombaria e il 9 febbr. 1819 accademico della Crusca. Da quel momento la sua attività scientifica fu volta tutta alla preparazione del materiale relativo alla nuova edizione dei grande Vocabolario, che quel sodalizio veniva preparando.
A questo fine il B. schedò un notevole numero di codici Laurenziani e Riccardiani e di opere di autori cinquecenteschi e fece parte della ristretta commissione incaricata di vagliare i risultati dei nuovi spogli. Del lavoro effettuato sulle opere di A. M. Saivini egli fece una relazione all'Accademia nella seduta del 14 giugno 1825, con il titolo Delle vicende di nostra lingua (in Atti dell'imp. e reale Accad. della Crusca, III [1829], pp. 296-301); ma assai più importanti furono due lezioni da lui tenute in quella sede il 9 sett. 1823 e il 10 apr. 1827. Nella prima, dal titolo Che per fuggir biasimo in iscrivere la Propria lingua non bisogna tenerst solamente lontani dal neologismo, ma eziandio dall'indiscreto uso dell'antico (ibid., pp. 140-148), il B. propugnava una soluzione di compromesso fra la pedissequa derivazione, in campo linguistico, dai classici, e le esigenze dell'uso vivo, e sosteneva che "bisogna dunque adoprare parole... le più chiare e significative, quali sono appunto le più usitate nel comune quotidiano discorso" (p. 143). Bisognava dunque attenersi all'uso, ma all'uso del dialetto fiorentino. Proprio in quegli anni, invece, divampava la polemica linguistica provocata dalla pubblicazione (1817-1824) della famosa Proposta di alcune aggiunte e correzioni al Vocabolario della Crusca di V. Monti, nella quale si combatteva la pretesa dei Fiorentini di voler imporre la loro lingua a tutti gli Italiani e si sosteneva che il "volgare illustre" non poteva che essere una sintesi dei dialetti propri a tutte le città della penisola. L'accademia era direttamente investita dalla polemica e dalle accuse. E il B. fu tra gli accademici che ritennero di dover intervenire personalmente per controbattere le affermazioni del Monti, sostenute da numerosi studiosi lombardi e dalla Biblioteca Italiana di Milano (cfr. gli articoli, anonimi, comparsi ivi nei voll. XXXVII [1825, 1° trim. ], pp. 337-351, e XLI [1826, 1° trim.], pp. 303-334). La sua lezione del 10 apr. 1827, particolarmente decisa, fu appunto diretta a confutare un saggio comparso su questa rivista (Confutazione di un articolo della Biblioteca Italiana, in Atti..., III, pp. 434-441), ma rimase nettamente inferiore agli interventi nella stessa occasione composti da G. B. Niccolini e da Gino Capponi, e non fu neppure presa in considerazione dagli oppositori (cfr. Biblioteca Italiana, LVII [1830, 1° trim.], pp. 13 s.).
La ristrettezza culturale del B. è posta in luce dalla posizione presa allorché l'Accadernia della Crusca dovè giudicare le opere presentate al concorso quinquennale bandito per il 1830. Fra esse erano anche le Operette morali del Leopardi, edite per la prima volta a Milano nel 1827, che, insieme con poche altre, furono comprese nella rosa finale e sottoposte perciò al giudizio di tutti gli accademici. Mentre molti di costoro - fra i quali il Del Furia, che ne riconobbe i pregi formali e le dichiarò opera degna di attenzione (Ferretti, p. 64) - si pronunciarono favorevolmente, il B. stese una violenta relazione contro di esse, attaccandole sia sul piano stilistico, sia su quello contenutistico.
Il B. rimproverava soprattutto al Leopardi la sua irreligiosità e il suo atteggiamento pessimistico, tanto da dichiarare che le Operette dovevano essere qualificate "minorali", piuttosto che "morali"; in particolare giudicò la Storia del genere umano, prima della serie, uno "scritto fantastico e grottesco" (Ferretti, pp. 62 s.). Com'è noto, il premio fu attribuito, molto probabilmente anche in seguito alla presa di posizione del B., sostenuto dagli altri accademici V. Follini, L. Rigoli, T. Gelli, alla Storia d'Italia dal 1789 al 1814 di C. Botta.
Nel 1834 il B. fu nominato bibliotecario direttore della Riccardiana e molte cure dedicò a questo istituto, compilandone personalmente il catalogo generale in ventitrè volumi e accrescendone il patrimonio librario con oculati acquisti. Compilatore sin dalla fondazione dell'Archivio storico italiano, non vi pubblicò mai nulla, né pare abbia mai partecipato attivamente alla redazione della rivista. La Riccardiana, della quale proprio allora si veniva progettando lo smembramento per la costituzione di una grande Biblioteca Nazionale, rimase l'ultima e forse più dolorosa preoccupazione del B., che, il 10 luglio 1847, fu stroncato da un colpo apoplettico mentre si recava a officiare la messa in S. Lorenzo, di cui era canonico.
Delle sue opere, oltre quelle già citate, si ricordano l'Elogio dell'Accademico Giuseppe Sarchiani, in Atti della reale e imp. Accad. della Crusca, III (1829), pp. 1-10, e una edizione critica del volgarizzamento del Tesoro di Brunetto Latini, rimasta incompiuta.
Fonti e Bibl.: Parma, Bibl. Palatina, Epistolario Pezzana, cassetta 4, 40 lettere + 5 allegati dei B. al Pezzana (aa. 1825-1843); Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Carteggio Del Furia, II, XXXII, 10 lettere del B. al Del Furia (aa. 1812-1824) e 1 a P. Fioravanti; Ibid., Carteggio Vieusseux, 6.1.2., 2 lettere del B. al Vieusseux (aa. 1835, 1839); P. L. Courier, Oeuvres computes, Paris 1951, pp. 250, 775, 968, 1014, 1016; A. Mai, Epistolario, a cura di G. Gervasoni, I, Firenze 1954, pp. 241, 418; F. Polidori, Necrol. di G. B., in Arch. stor. ital., Appendice, V (1847), pp. 259-267; Ruolo gen. dei Soci della Soc. Colombaria di Firenze, in Atti d. Soc. Colombaria 1890-1900, Firenze 1907, nn. 620, 914; G. Ferretti, Leopardi e la Crusca, in Giorn. stor. d. letter. ital., LXXI (1918), pp. 49-70; Th. Labande-Jeanroy, La question de la langue en Italie de Baretti à Manzoni, Paris 1925, pp. 116 s.; C. Frati, Diz. bibl. dei bibliotecari e bibliofili ital., Firenze 1933, p. 65; E. Sestan, Lo Stato maggiore del primo e Archivio storico italiano (1841-1847), in Arch. stor. ital., CIII-CIV (1945-1946), pp. 19 s.