GUERRA, Gaspare
Nato a Modena intorno al 1560 (Noack) da Baldassarre e Lucia Versi, il G. fu il più giovane di tre fratelli documentati a Roma durante gli ultimi decenni del Cinquecento. La sua prima attività artistica si trova connessa con quella del fratello maggiore Giovanni, che nei grandi cicli romani di affreschi commissionati da Sisto V dovette servirsi a più riprese del giovane G. (Baglione). Anche i suoi primi lavori di architettura sono legati a un altro fratello, Giovanni Battista.
Giovanni Battista, nato a Modena nel 1554, ed entrato a far parte della Congregazione dell'Oratorio di Filippo Neri a Roma il 5 maggio 1583 (Aringhi, p. 245), a partire dall'ultimo decennio del Cinquecento seguì la costruzione della chiesa di S. Maria in Vallicella quando si realizzarono le cappelle laterali e la nuova facciata. Nel cantiere dei filippini egli dovette svolgere il ruolo di intermediario tra la Congregazione da un lato e le maestranze e gli architetti dall'altro, realizzando talvolta piccoli lavori di persona (Ponelle - Bordet) e partecipando nel 1597 alla realizzazione dell'apparato marmoreo dell'altare maggiore, per il quale gli sono attribuiti alcuni disegni (Mühlen). Sovrintese alla decorazione delle singole cappelle, dove fu attivo anche il fratello, Giovanni (cappella dell'Ascensione: Barbieri - Barchiesi - Ferrara, pp. 67-71), e, come risulta dai pagamenti, fu impegnato nei lavori di asportazione dell'affresco della Vergine, più tardi inserito nella pala dell'altare maggiore dipinta da P.P. Rubens, e nella decorazione marmorea della cappella della Pietà (ibid., pp. 32, 62). Morì a Roma il 16 febbr. 1627 (Aringhi, p. 250).
Il G. fu attivo alla Vallicella sin dal 1586, e dovette svolgervi la funzione di supporto nei lavori di misura e stima. Alcuni conti del G. redatti per Martino Longhi il Vecchio, riguardanti la demolizione della vecchia facciata della chiesa e la costruzione delle loggette sopra le cappelle, permettono inoltre di ipotizzare che anche quest'ultimo avesse avuto un ruolo nella formazione del G. (Barbieri - Barchiesi - Ferrara).
Nell'aprile del 1587 entrò a far parte dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon (Noack); e dal 1595 risulta essere l'architetto della comunità religiosa di S. Cecilia in Trastevere. Egli è infatti citato nei verbali delle riunioni della Congregazione della fabbrica che stava mettendo in cantiere alcune opere patrocinate dal cardinale Paolo Camillo Sfondrato, per il quale il G. potrebbe aver lavorato nel palazzo di via Giulia (Nava Cellini).
Il primo progetto autonomo documentato del G. riguarda la costruzione del duomo di Ripatransone, un incarico forse dovuto alla frequentazione della Vallicella, visto che la cittadina marchigiana ospitava un importante oratorio filippino fondato da Alessandro Fedeli, amico intimo di Filippo Neri (Settimo); ma probabilmente anche alla comune origine modenese del G. e di Gaspare Silingardi, vescovo di Ripatransone dal 1582.
Lo spazio angusto dell'area prescelta per la chiesa e le difficoltà di operare in una complessa condizione topografica determinarono l'elaborazione di una serie di proposte alternative per volontà dello stesso Silingardi, che nel 1591 lasciava la cittadina senza poter vedere l'inizio dei lavori. Solo nel giugno del 1597, il suo successore Pompeo de Nobili, vescovo fino al 1606, posava la prima pietra del duomo (Atti). Un insieme di lettere permette di seguire in parte le fasi progettuali da collocare nel periodo immediatamente precedente il 6 ott. 1598: a tale data corrisponde l'invio dei primi disegni con relativi preventivi di spesa. I lavori di demolizione delle preesistenze e quelli di fondazione si susseguirono immediatamente, ed entro il maggio dell'anno successivo erano ultimati. Nella fase di progettazione il G. si dovette avvalere di rilievi preesistenti, poiché egli stesso affermava di non aver mai visitato la fabbrica prima del 22 maggio 1599. A due anni dalla posa della prima pietra, le difficoltà nella costruzione delle fondazioni sul dirupo, testimoniate da alcune lettere tra l'architetto residente a Roma e la commissione locale preposta alla costruzione della fabbrica (Gualandi, in Memorie originali…), resero necessaria un'ulteriore modifica del progetto, portato avanti dalle maestranze locali. La chiesa fu officiata solo nel 1625 quando il G. era già morto, senza che la facciata e la cupola fossero portate a termine: solo nell'Ottocento si provvide alla copertura della crociera con tiburio.
Durante l'ultimo decennio del secolo il G. risulta essere particolarmente impegnato a Roma, come sembra confermare la sua reticenza a spostarsi a Ripatransone.
Da una giustificazione per la sua assenza dalla cittadina marchigiana si sa che egli fu coinvolto nel cantiere di S. Spirito (Nuova raccolta…); mentre negli stessi anni risulta documentato anche in lavori all'interno di palazzi romani, quali palazzo Cardelli (Roma, Arch. stor. Capitolino, Fondo Cardelli, t. 146) e palazzo Dezza poi Borghese.
In questi anni la sua collaborazione con i fratelli dovette continuare. Nel 1596 è documentata un'operazione condotta in società con Giovanni (Arch. di Stato di Roma, Notai del tribunale dell'Auditor Camerae, 3972, cc. 881r, 882v); e nei primi anni del Seicento, come dimostrano pagamenti del 1603 e del 1606, fu ancora attivo presso l'oratorio per lavori che vanno messi in relazione con la presenza di Giovanni Battista alla Vallicella (Ibid., Vallicella, Entrate e uscite 1599-1606, b. 2846, c. 42; Bertolotti, 1881). Ulteriori pagamenti del luglio 1608 per lavori presso villa d'Este a Tivoli documentano come anche qui egli venisse coinvolto dal fratello Giovanni (Fasolo, p. 332). Agli stessi anni risalgono opere minori nella chiesa di S. Maria del Sudario (ibid., pp. 196, 312).
La più importante commissione del G. risale al primo decennio del Seicento per la costruzione della chiesa di S. Andrea delle Fratte, dove egli fu attivo sin dall'impostazione del progetto nel 1605-06 (Zanchettin).
Non è possibile stabilire con certezza in che modo il G. fosse entrato in contatto con i minimi di S. Francesco di Paola, ai quali nel 1585 Sisto V aveva affidato la chiesa, né se fosse stato già impiegato nel cantiere del convento, iniziato nel 1592 secondo Vedriani, che si fondava su notizie fornite da Baglione. Tuttavia, la connessione principale del chiostro con l'ingresso laterale della chiesa potrebbe far pensare a un progetto coordinato delle due parti del complesso. Il G. ideò e realizzò l'ampia navata voltata a botte con strette cappelle ai lati, giungendo fino ai due piloni della cupola verso la navata; sotto la sua direzione venne inoltre realizzato il primo livello di facciata in muratura in laterizio finemente arrotato, in parte modificato durante il completamento ottocentesco, quando furono chiuse le nicchie poste nelle campate ai lati della porta principale. I lavori si arrestarono intorno al 1617; e soltanto trent'anni dopo Francesco Borromini avrebbe realizzato la crociera e il tiburio. Nell'efficace semplicità con cui si articola la navata e nella perizia tecnica che scandisce l'involucro laterizio esterno è riconoscibile l'opera di un architetto ormai maturo, e tale da far pensare che la conoscenza attuale dell'opera del G., adombrato da nomi di maggior prestigio, sia lacunosa. A ciò contribuisce il fatto che alcune sue elaborazioni furono distrutte, come la cappella provvisoria realizzata nel 1610 su commissione di Agostino Palamolla per i barnabiti in S. Carlo ai Catinari (Memorie intorno alla chiesa…; Ortolani), per i quali forse lavorò anche a qualche parte del convento (Fasolo, p. 336 n. 4).
Rimane ancora da verificare l'asserzione di Mola secondo cui il G. avrebbe realizzato la crociera di S. Antonio dei Portoghesi. Analogamente è da definire se egli possa aver avuto un ruolo nella costruzione della chiesa di S. Maria del Pianto (Gröbner - Tucci). Il fronte esterno della chiesa, eretta tuttavia su disegno di Niccolò Sebregondi, presenta notevoli affinità con il fianco esterno di S. Andrea delle Fratte nella scansione delle murature in laterizio con paraste binate realizzate in muratura accuratamente lavorata. Si tratta di una ripartizione della superficie muraria che, pur essendo patrimonio comune dell'edilizia romana del primo Seicento, appare particolarmente sviluppata nell'opera di Martino Longhi il Vecchio (fronte laterale esterno della chiesa di S. Maria in Vallicella, prospetti di palazzo Cesi): se il ruolo del G. nella edificazione di S. Maria del Pianto trovasse una prova documentaria, queste affinità potrebbero costituire un'ulteriore conferma dell'ipotesi di apprendistato del G. presso quel maestro.
Nonostante si possa riconoscere nell'opera del G. un'evidente perizia tecnico-costruttiva, dalla sua biografia non appare neppure negli ultimi anni un profilo professionale del tutto autonomo. Ancora nel 1617 egli risulta impegnato nella cappella Cusano alla Vallicella nella stima di lavori dello scalpellino Stefano Longhi (Bertolotti, 1882; Kummer).
Il G. morì nel 1622 a Roma, nella sua casa presso i Pantani nella parrocchia di S. Lorenzo ai Monti.
Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni archivistiche citate nel testo, si veda Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo ai Monti, Libro dei morti, 1622; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 7878, c. 46. Per Giovanni Battista si veda Roma, Biblioteca Vallicelliana, Vallicelliano, O.60: P. Aringhi, Vita di Giovan Battista Guerra, in Le vite e detti de' padri e fratelli della Congregazione dell'Oratorio di Roma, III, pp. 245-250. Per il G. si veda G. Baglione, Le vite…, II, Roma 1642, p. 160; L. Vedriani, Raccolta de' pittori, scultori, et architetti modonesi più celebri, Modena 1662, p. 89; G.B. Mola, Breve racconto delle migliori opere d'architettura, scultura et pittura fatte in Roma… (1663), a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 63; M. Gualandi, in Memorie originali italiane risguardanti le belle arti, V (1844), pp. 123-125; Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, a cura di M. Gualandi, I, Bologna 1844, pp. 244 s.; A. Atti, I primi XXI vescovi della Chiesa ripana, Ripatransone 1856, pp. 46-72; Memorie intorno alla chiesa de' Ss. Biagio e Carlo a' Catinari in Roma, Roma 1861, pp. 14 s.; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, II, Milano 1881, p. 80; Id., Artisti modenesi, parmensi e della Lunigiana in Roma nei secoli XV, XVI e XVII, Modena 1882, p. 83; F. Noack, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, Leipzig 1922, XV, pp. 238 s.; S. Ortolani, S. Carlo ai Catinari, Roma 1927, p. 10; F. Fasolo, L'opera di Hieronimo e Carlo Rainaldi (1570-1655 e 1611-1691), Roma 1960, pp. 196, 312, 332, 336 n. 4; A. Nava Cellini, Stefano Maderno, Francesco Vanni e Guido Reni a S. Cecilia in Trastevere, in Paragone, XX (1969), 227, pp. 24, 38 n. 14; L. Ponelle - L. Bordet, St. Philip Neri and the Roman society of his times (1515-1595), London 1979, pp. 157 s., 412, 423; S. Kummer, Anfänge und Ausbreitung der Stuckdekoration im römischen Kirchenraum (1500-1600), Tübingen 1987, p. 181; C. Gröbner - P.L. Tucci, S. Maria del Pianto, Roma 1993, pp. 41, 91-96; C. Barbieri - S. Barchiesi - D. Ferrara, S. Maria in Vallicella - Chiesa Nuova, Roma 1995, pp. 21, 32, 62, 67-71, 96, 163, 165; I. von Zur Mühlen, S. Maria in Vallicella. Zur Geschichte des Hauptaltars, in Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana, XXXI (1996), pp. 258-272; V. Zanchettin, Il tiburio di S. Andrea alle Fratte: propositi e condizionamenti nel testo borrominiano, in Annali d'architettura, 1997, n. 9, pp. 112-135; G. Settimo, Cenni sulla storia della cultura e dell'arte a Ripatransone, s.l. 1999, pp. 89-91.