Gargantua e Pantagruele
Due giganti che sbeffeggiano pregiudizi e potere
Celebre romanzo dello scrittore francese François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, composto di cinque libri pubblicati tra il 1532 e il 1564, è la storia di due principi di proporzioni smisurate, padre e figlio. Le mirabolanti prodezze dei due giganti e dei loro compagni costituiscono una brillante satira della società francese del tempo
Il primo libro dell'opera di Rabelais sulle avventure dei due giganti racconta la nascita prodigiosa di Gargantua dall'orecchio della madre, e il suo formidabile appetito: deve essere allattato da 17.913 mucche. Il bambino enorme cresce godendo del piacere di mangiare e bere con ingordigia. Il padre, sovrano del regno di Utopia ‒ un paese "lontano" ma a volte simile alla regione francese della Loira ‒ manda il figlio a Parigi a studiare gli autori latini e greci, le scienze, la musica; il precettore cura anche la dieta e l'esercizio del corpo dell'adolescente con l'equitazione, la lotta, il nuoto. Il giovane letterato e atleta accorre in difesa del pacifico re suo padre per combattere contro il bellicoso re Picrocolo che ha invaso il loro regno: la guerra di conquista è scoppiata pretestuosamente per una lite tra venditori di focacce. Gargantua sconfigge i nemici ma, ormai buon principe, si dimostra clemente e generoso verso i fedeli compagni e verso i vinti. Per volontà di conciliazione, fa costruire l'abbazia di Teleme dove, come conviene a un paese utopico, tutti potranno vivere felicemente insieme in armonia e libertà, seguendo una sola regola: fai quel che vuoi.
Il secondo libro racconta le "gesta e prodezze spaventevoli" di Pantagruele, che come il padre Gargantua ha una voracità e una forza adeguate alla sua taglia: con lo sguardo spazia al di sopra delle nuvole, fa un fiume e un diluvio di pipì, e ha dentro la bocca ‒ dove quando sbadiglia volano stormi di piccioni ‒ montagne, foreste, città, contrade, campi e vigne. Per l'istruzione del suo ragazzo il padre organizza un viaggio nelle più importanti città francesi sedi di università: Bordeaux, Tolosa, Montpellier…
Pantagruele studia a Parigi, dove diventa inseparabile amico d'avventura di Panurgo, vagabondo straccione ma poliglotta, astuto e pieno d'inventiva. Nella guerra contro i Dipsodi, Panurgo imprigiona al laccio 660 cavalieri; Pantagruele uccide 300 giganti e impugnando un abete duella con il loro capitano Lupomannaro che brandisce una mazza fatata di 700 kg. Come spesso avviene nelle guerre, dopo aver respinto gli invasori, Pantagruele a sua volta invade e conquista Dipsodia, facendone una colonia di Utopia.
Personaggio principale del terzo libro è il furbo Panurgo che vorrebbe prendere moglie, ma teme i pericoli del matrimonio. Consulta per conoscere il futuro una sibilla, un vecchio poeta, un astrologo, un teologo, un medico, un filosofo, un giudice, che gli danno responsi strampalati e rimedi burleschi. Non soddisfatto, Panurgo decide di interrogare la sacerdotessa della Divina Bottiglia e intraprende con Pantagruele un viaggio in mare, raccontato nel quarto libro, per esplorare il mondo che con la scoperta dell'America ha ampliato e mutato i suoi orizzonti.
I due amici visitano paesi fantastici dove incontrano popolazioni dal naso a forma di asso di fiori, mangiatori di mulini a vento o solo di vento, animali meravigliosi, mostri, eserciti di salsicciotti a cavallo e porcelli volanti. Anche se presentati in modo comico e satirico, Rabelais tratta problemi di morale, di politica, di religione. Sul Mare Glaciale i viaggiatori ascoltano il fragore e i suoni furiosi di una battaglia e, dopo essere rimasti congelati per un anno come confetti perlati di diverso colore, si sciolgono al caldo primaverile.
Nell'ultimo libro, pubblicato dopo la morte di Rabelais (ma alcuni studiosi ne contestano l'autenticità), continua la navigazione in allegria verso l'isola dove sorge il tempio sotterraneo ‒ quasi una cantina ‒ della Divina Bottiglia. Sulla porta è inciso: in vino veritas. Lo strano oracolo interpellato sentenzia: Trink! "Bevi!". Panurgo dovrà decidere da solo se sposarsi o meno, bevendo un buon vino, che secondo un'antica tradizione renderebbe sinceri e avvicinerebbe alla verità.