GAMALIEL (ebraico Gamlī'ēl, LXX e Nuovo Testamento Γαμαλιήλ)
Nome di diversi personaggi notevoli nella storia ebraica. Nell'Antico Testamento un personaggio di questo nome (Gamlī'ēl ben Pĕdahşūr) è ricordato come capo della tribù di Manasse al tempo di Mosè (Num. I, 10; II, 20; VII, 54, 59; X, 23). Dal sec. I d. C. in poi fiorirono parecchi dotti ebrei di questo nome, fra cui sono da ricordare specialmente i capiscuola appartenenti alla famiglia di Hillēl, insigniti del titolo di Rabbān, che appunto ai capiscuola soleva esser conferito. Essi sono i seguenti:
Gamaliel I, detto spesso Gamaliel il Vecchio (Gamlī'ēl ha-Zāqēn), figlio di Hillēl (secondo una tarda e, a quanto pare, inesatta tradizione sarebbe invece figlio di Simone figlio di Hillēl), caposcuola dei Farisei nella prima metà del sec. I d. C. Che fosse presidente del Sinedrio, è affermato per lui come per gli altri capiscuola farisei dalla tradizione rabbinica posteriore, ma questa non fa con ciò che attribuire ai tempi passati le condizioni dell'epoca successiva alla distruzione di Gerusalemme, quando il capo dell'accademia rabbinica era in pari tempo il patriarca (Nāsī), ossia il magistrato supremo di tutti gli Ebrei dell'impero romano. Appartenne però certamente al Sinedrio. Fu maestro di S. Paolo (Acta Ap., XXII, 3). Quando il Sinedrio fu convocato per giudicare gli Apostoli, egli insisté affinché essi fossero lasciati liberi, perché se la loro opera era umana sarebbe caduta da sé, e se invece era divina, vano sarebbe stato il contrapporsi ai voleri divini; tale suo consiglio fu seguito (ivi, V, 34. segg.). Secondo la tradizione cristiana egli abbracciò il cristianesimo, del pari che il figlio Nicodemo e il nipote Abiba (secondo alcune fonti Abiba sarebbe invece suo figlio, e Nicodemo non sarebbe legato a lui da vincoli familiari); tutti e tre furono elevati sugli altari, e i loro corpi, portati in Italia al tempo delle crociate, sono venerati attualmente nel duomo di Pisa, ove due iscrizioni latine (una terza sembra oggi perduta) fanno menzione di loro.
Gamaliel II, nipote del precedente, fu capo dell'accademia di Yabneh (Jamnia) e patriarca (fine del sec. I e principio del II). Per distinguerlo dall'avo gli si attribuisce spesso la designazione di Rabbān Gamlī'ēl di Yabneh. Quando s'incontra il solo nome Rabbān Gamlī'ēl, è talvolta incerto se si tratta di lui o dell'avo. Al fine di dare saldezza alla compagine giudaica vacillante dopo la catastrofe dell'anno 70, egli si adoperò con energia per rafforzare l'autorità del patriarcato e per ridurre a unità le differenti tradizioni in materia religiosa e giuridica. Il periodo del suo patriarcato ha grande importanza storica perché in esso s'inizia la codificazione del diritto giudaico tradizionale. Sotto la sua direzione fu altresì riordinata e fissata, almeno nelle grandi linee, la formula delle "Diciotto benedizioni" la principale preghiera del rituale giudaico. La sua rigidità contro ragguardevoli colleghi di opinione diversa dalla sua fece sì che si formasse in seno all'accademia un gruppo di opposizione, e a un certo momento questo riuscì ad avere la maggioranza e a costringerlo a lasciare l'ufficio supremo, al quale però egli fu richiamato poco tempo dopo. Le fonti talmudiche parlano di un viaggio da lui fatto a Roma in compagnia di altri dottori; ma questi racconti hanno carattere leggendario. È probabile che il viaggio debba porsi in rapporto con persecuzioni che gli Ebrei avrebbero avuto a subire o a temere da parte di Domiziano, ma niente di preciso ci è dato di sapere in proposito. Pare comunque che durante l'impero di Domiziano, sotto cui furono prese misure militari comprovanti che allora la Giudea era in stato d'agitazione, ovvero nei primi anni di Traiano in cui si preparava la rivolta che scoppiò poi nell'anno 115, l'accademia presieduta da G. si sentisse malsicura a Yabneh e si trasferisse a Ūshā in Galilea, e forse anche in altre località palestinesi. Secondo un'incerta tradizione G. stesso avrebbe corso pericolo di esser messo a morte dall'autorità romana di Palestina. Sembra però che egli sia morto prima dello scoppio della rivolta del 115.
Gamaliel III, figlio del patriarca Giuda il Santo redattore della Mishnāh, il quale era nipote di G. II, successe al padre nel patriarcato (principio del sec. III). - Gamaliel IV, nipote del precedente, fu patriarca verso la fine del sec. III. - Gamaliel V, a quanto pare bisnipote del precedente, fu patriarca verso la fine del sec. IV. Suo figlio frequentò ad Antiochia la scuola di Libanio. Alcune lettere di Libanio recanti l'intestazione "al patriarca" (388-393) sono probabilmente dirette a lui. Fu in grave contrasto con un magistrato romano, Esichio, il quale, essendosi impadronito fraudolentemente delle carte di lui, fu perciò condannato a morte da Teodosio I. - Gamaliel VI, detto "l'ultimo", probabilmente nipote del precedente, fu patriarca al principio del sec. V. Ebbe la dignità onoraria di prefetto del pretorio, che nel 415 gli fu revocata da Teodosio II (Cod. Theod., XVI, 8, 22). Fu, a quanto pare, medico: una ricetta sua ci è stata conservata (Marcello, De med., 23, 77). Con la sua morte, avvenuta poco prima del 429, il patriarcato si estinse. Vi ha chi pensa che G. V sia l'ultimo dei patriarchi, e che a lui si riferiscano tutte le notizie che qui abbiamo ricordato a proposito di G. VI.
Scarsa importanza hanno altri dotti amorei (v. āmōrā) recanti il nome di Gamlī'ēl. Dopo l'epoca talmudica questo nome diventa abbastanza raro. Con lo pseudonimo di Gamaliel ben Pedahzur (v. sopra) fu pubblicata a Londra nel 1738 da Abraham Mears, ebreo convertito al cristianesimo, l'opera The Book of Religion, Ceremonies and Prayers of the Jews, che contiene la più antica traduzione inglese delle preghiere giudaiche, e interessanti notizie storiche sugli Ebrei di Londra nel sec. XVIII.
Bibl.: H.L. Strack, Einleitung in Talmud und Midraš, 5ª ed., Monaco 1921, pp. 120, 122-123, 134, 141, 146, e bibliografia ivi citata; Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, col. 690; Schwabe, in Tarbīṣ, I, ii, Gerusalemme 1930, pp. 85-110.