GALVANO da Bologna
Nacque a Vigo, un piccolo borgo non lontano da Castiglione dei Pepoli, nell'Appennino Bolognese, in data a noi ignota, ma collocabile nell'ultimo decennio del secolo XIII; dei genitori conosciamo solamente il nome del padre, Raynaldo, perché indicato nel suo testamento. Le notizie relative alla sua vita sono scarsissime e deducibili soltanto dai pochi documenti d'archivio giunti fino a noi.
Si trasferì con la famiglia nella vicina Bologna durante l'infanzia o la fanciullezza, poiché il suo nome appare in un elenco di individui abitanti, nei primi anni del Trecento, in quella città, nella parrocchia di S. Simone de' Maccagnini. Nel 1314 è documentato come scriptor, cioè copista di professione. Nel 1322 abitava nella parrocchia di S. Proculo e da un documento notarile, rogato l'11 marzo di quell'anno dal notaio Francesco Vinciguerra de' Gozzadini, risulta che G., in qualità di procuratore di un ex studente dello Studio di Bologna, un tedesco di nome Enrico, aveva disimpegnato dal banchiere Poetino de' Poeti, presso il quale erano in deposito, due libri, una Lectura Ugucionis e una Lectura super Decreto. Nel 1324 aveva una bottega di stazionario nella parrocchia di S. Andrea degli Ansaldi insieme con un certo Leoncino, forse altro copista o miniatore, del quale non si hanno ulteriori notizie, tranne la citazione del nome in un documento processuale relativo alla causa intentata da uno studente, Francesco da Gubbio, contro un altro amanuense, tale Benedetto da Lucca, per la falsificazione di un contratto relativo alla copia di alcuni libri, già concluso "in stacione magistri Galvani et Leuncini". Considerando la sua attività di stazionario, gran parte della sua opera di copista dovette essere rivolta alla produzione di testi universitari, e questo ci fa supporre che a lui vadano attribuiti anche i due libri disimpegnati citati nel documento di cui sopra. A giudizio del Livi, che purtroppo non ne fornisce le segnature, rendendo quindi assai difficile la loro identificazione, sono assegnabili a G., per identità riscontrabili nella scrittura: un Decretum Gratiani, con miniature attribuite al celebre Niccolò da Bologna, conservato presso la Thüringer Universitäts- und Landesbibliothek di Jena; una Summa artis notariae di Rolandino Passeggeri (cfr. Manacorda); una Bibbia e un volume di Decretali della Bibliothèque nationale di Parigi. Caratteristiche scrittorie simili, che potrebbero portare a ulteriori attribuzioni, si ritrovano, a giudizio di alcuni studiosi, anche in numerosi codici membranacei bolognesi di Decretali e di Statuti.
Anche presso l'archivio del convento dei domenicani di Bologna si trovano numerose carte, tra le quali un sepoltuario, che sono vergate con una scrittura facilmente identificabile con la sua. Presso lo stesso convento si conserva il suo testamento del 1347, in cui indica come suoi eredi i quattro figli maschi e nomina proprio esecutore il priore del convento medesimo, lasciando all'arbitrio di quest'ultimo la cessione dei suoi beni ai poveri, qualora i figli restassero senza discendenti.
La produzione libraria di maggiore importanza di G. è attribuibile prevalentemente agli anni compresi fra il 1340 e la sua morte. In questo periodo realizzò il codice della Commedia con il commento di Jacopo Della Lana. Il manoscritto - che però F. Mazzoni, e successivamente G. Casnati, attribuiscono al copista Galvano di Tommaso attivo a Bologna sino al 1341 e morto a Padova nel 1347 -, finemente miniato, è ora conservato diviso in due parti, l'una presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ricc. 1005) e l'altra presso la Biblioteca nazionale Braidense di Milano (AG.XII.2).
La sezione riccardiana, di 187 carte, contiene le prime due cantiche, quella braidense, di 100 carte, la terza cantica; nel codice il commento del Della Lana, disposto su due colonne, fa da cornice al testo dantesco. In calce all'ultima carta della seconda parte si trova la sottoscrizione del copista: "Maestro Galvano scrissel testo e la ghiosa / Mercé de quella uergene gloriosa". Per una sorta di "horror vacui" o forse semplicemente per pareggiare esteticamente la scrittura in alcune carte, G. ha aggiunto al testo della Commedia sia versi danteschi (l'inizio della canzone "Tre donne intorno al cor me son venute"), sia commenti sul numero di righe che sarebbero altrimenti restate bianche, sia anche suoi versi di scarsissimo valore e metricamente imperfetti. Importanti sono invece le note indicanti il curatore del commento e la sua genealogia, perché più corrette di quelle riportate da autori posteriori. L'originaria appartenenza, fino al 1806, della seconda sezione alla Biblioteca padovana di S. Giustina, della quale conserva scritta la segnatura (AC.2) in calce alla prima carta, e la presenza in Padova, nel 1347, di Tommaso pittore, figlio del fu G., ha fatto ritenere, ma senza supporto di documenti, che quest'ultimo sia morto nella città veneta.
Altro codice firmato è il Riccardiano 1538, di carte 231, anche questo riccamente e pregevolmente miniato, scritto per un certo Bertus de Blanchis. Null'altro di lui ci riferiscono le fonti note.
G. morì dopo il 1347, anno in cui dettò il suo testamento.
A causa delle imprecise indicazioni, fu sovente confuso con un omonimo maestro di logica, anch'egli bolognese suo contemporaneo, Galvano di Raniero degli Albriconi. Infatti ambedue sono citati spesso nelle fonti con l'aggiunta della sola iniziale del patronimico: R(ainerus) per il grammatico, R(aynaldus) per il copista. Fu confuso anche con un terzo Galvano da Bologna, canonista, che risponde invece al nome di Galvano Becchini (o Bettini).
Galvano, il primo dei due omonimi del G. - che era figlio di Raniero degli Albriconi, maestro di grammatica originario di Reggio chiamato nel 1307 a insegnare nello Studio di Bologna, ove già risiedeva almeno dal 1304, e di Giovanna di Jacopino da Ignano - fu maestro di logica e teneva scuola nella parrocchia di S. Tecla o di S. Michele dei Lambertazzi, come si deduce dagli atti di un processo del 1322 intentato contro un certo Lisio di Ottonello per un'aggressione portata ai danni di Pietro di Borgogna e avvenuta nelle vicinanze della casa di maestro Galvano, appunto nella parrocchia di S. Tecla. Come maestro fu assai poco stimato e ancor meno amato dai suoi allievi, come risulta dagli atti di alcuni processi per violenze da lui subite. Nel maggio del 1307 denunziò un suo scolaro, il fiorentino Paolo di Sinibaldo, per averlo insultato e aggredito sotto il portico davanti alla sua casa, nella parrocchia di S. Martino dei Caccianemici. Un'aggressione simile subì il 13 luglio 1316 a opera di Bulgarino di Michele Cavasoglia, che lo affrontò armato di spada e gli procurò una grave ferita alla mano destra che, a detta del padre che presentò l'accusa, lo portò in pericolo di morte. Da un altro documento del 23 ag. 1325 risulta una sua promessa di restituire a Elena del fu Azorino della parrocchia di S. Cristoforo dei Geremei 50 bolognini ricevuti a titolo di mutuo. Non vi è altra data certa nella sua vita tranne quella relativa al suo testamento, redatto il 30 ott. 1341, con il quale nominava erede di tutti i suoi beni la moglie Giovanna di Ganiello. La sua morte avvenne prima del 29 nov. 1341, data in cui la vedova fece compilare l'inventario particolareggiato di tutti i beni mobili e immobili, dei crediti e dei debiti del marito per potere entrare in possesso dell'eredità. Giovanna sopravvisse solo pochi mesi alla morte di Galvano e il 21 genn. 1342 Pietro di Nascimbene, già esecutore del primo testamento, fece redigere un ulteriore inventario per entrare in possesso dei beni, dimostrazione, questa, anche della mancanza di eredi maschi appartenenti alla famiglia.
Fonti e Bibl.: G. Moschini, Della origine e delle vicende della pittura in Padova, Padova 1826, p. 8; L. Scarabelli, Comedia di Dante degli Allagherii col commento di Jacopo della Lana, I, Bologna 1866, pp. 29, 36 s.; F. Carta, Codici, corali e libri a stampa miniati della Biblioteca nazionale di Milano, Roma 1891, pp. 18 s.; S. Morpurgo, I codici Riccardiani della "Divina Commedia", in Bullettino della Società dantesca, XIII-XIV (1893), pp. 31-37; Id., I manoscritti della R. Biblioteca Riccardiana di Firenze. Manoscritti italiani, I, Roma 1900, pp. 6 s., 533 s.; G. Manacorda, Storia della scuola in Italia. Il Medio Evo, I, 2, Palermo 1914, ill. 3, 18; G. Livi, Dante, suoi primi cultori, sua gente in Bologna, Bologna 1918, pp. 51 s.; Id., Dante e Bologna. Nuovi studi e documenti, Bologna 1921, pp. 38, 40 s., 51, 53, 76, 218; M. Barbi, Il codice di Francoforte e la critica del testo della "Commedia", in Studi danteschi, XXIII (1938), p. 181; G. Petrocchi, L'antica tradizione manoscritta della "Commedia", ibid., XXXIV (1957), pp. 30 s., 105 s.; Mostra di codici romanzi delle biblioteche fiorentine, Firenze 1957, pp. 177, 199, tavv. XXIII s.; G. Orlandelli, Il libro a Bologna dal 1300 al 1330, Bologna 1959, p. 104; Bénédictins du Bouveret, Colophons de manuscripts occidentaux des origines au XVIesiècle, I, Fribourg 1965, p. 278; II, ibid. 1967, p. 150; F. Mazzoni, Lana, Iacopo della, in Enc. dantesca, III, Roma 1971, p. 563; M. Saccenti, G. da B., ibid., p. 92; M. Roddewig, Dante Alighieri. Die Göttliche Komödie. Vergleichende Bestandsaufnahme der Commedia-Handschriften, Stuttgart 1984, pp. 126, 195 s.; C. Bologna, Tradizione testuale e fortuna dei classici, in Letteratura italiana (Einaudi), VI, Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino 1986, pp. 554, 562; A. Petrucci, Storia e geografia delle culture scritte, ibid., VIII, Storia e geografia. L'età moderna, ibid. 1988, p. 1238; E. Natali, G., ibid., Gli autori. Dizionario bio-bibliografico, I, ibid. 1990, p. 857; G. Casnati, Della Lana, Iacopo, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXVII, Roma 1989, p. 80.
Per Galvano grammatico: C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, I, Bologna 1596, p. 504; G.N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi… dall'anno 1000 per tutto marzo del 1623, Bologna 1623, p. 79; S. Mazzetti, Repertorio de' professori della Università di Bologna, Bologna 1847, p. 265 n. 2644; O. Mazzoni Toselli, Racconti storici estratti dall'Archivio criminale di Bologna, III, Bologna 1870, pp. 83, 102 s.; A. Corradi, Notizie sui professori di latinità nello Studio di Bologna sin dalle prime memorie, in Documenti e studi della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, II (1886), pp. 393 s.; F. Cavazza, Le scuole dell'antico Studio bolognese, Milano 1896, pp. 133, 156 s.; L. Frati, Grammatici bolognesi del Trecento, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, IV (1920), pp. 31-34; A. Sorbelli, Storia dell'Univ. di Bologna, I, Bologna 1940, pp. 120 s.
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