PICO, Galeotto I
PICO, Galeotto I. – Figlio primogenito di Giovan Francesco I, signore della Mirandola e conte della Concordia, e di Giulia Boiardo dei signori di Scandiano, nacque il 3 agosto 1442.
La sua formazione fu subito orientata alla carriera militare e politica; ad appena dieci anni, a Ferrara fu creato cavaliere dall’imperatore Federico III (maggio 1452). Negli anni successivi, fu costantemente impegnato al servizio degli Este e dei Gonzaga; il cronista bolognese Cherubino Ghirardacci lo definì «non meno pellegrino che valoroso cavalliere», e nel 1467 fu capitano nell’esercito di Bartolomeo Colleoni in guerra contro Firenze.
Morto il padre l’11 febbraio del medesimo anno, assunse il potere in consorzio con i due fratelli Antonio Maria e Giovanni, secondo le tradizioni familiari di cosignoria (ratificate dall’imperatore Federico III con diploma del 6 febbraio 1469). Ma Galeotto aspirava a esercitare un governo individuale, per cui si profilò subito il conflitto con il secondogenito Anton Maria, mentre Giovanni, il futuro filosofo, che peraltro considerava Galeotto «non fratello ma padre», ancora in giovane età, fu instradato dalla madre verso la carriera intellettuale.
Nonostante i contrasti interni, Galeotto si mosse subito con lungimirante intraprendenza, prendendo in moglie (nel giugno 1468), con il placet del duca Borso, Bianca Maria d’Este, figlia naturale del defunto Niccolò III. Dal matrimonio nacquero sei figli: Giovan Francesco II, Ludovico I, Federico, Giulia (monaca del monastero locale di S. Ludovico), Maria Maddalena (monaca nel monastero del Corpus Domini a Ferrara), Eleonora, sposata al conte Paolo Bolognesi Attendolo e poi a Galeazzo Pallavicini. Perseguendo sempre il suo progetto egemonico sulla signoria di Mirandola, il 10 aprile 1470 Galeotto accusò di lesa maestà e fece imprigionare il fratello Anton Maria, insieme alla madre, che contro il principio della successione per maggiorasco aveva tentato con «prudente governo» di salvaguardare i diritti di tutti i figli (ed entrò per questo nei medaglioni esemplari di donne celebri compilati da Sabadino degli Arienti e da Filippo Foresti).
Nel 1473 fece parte del seguito di nobili ferraresi che scortò alla corte di Ferrara la duchessa Eleonora, primogenita del re di Napoli Ferdinando d’Aragona, andata in sposa l’anno precedente al duca Ercole. Nel 1478, durante la guerra provocata dalla congiura dei Pazzi, fu tra i capi delle truppe veneziane inviate in soccorso di Firenze contro il pontefice Sisto IV.
Anton Maria era riuscito a fuggire a Roma sotto la protezione di papa Sisto IV; ma, nonostante le pressioni del pontefice, Galeotto continuò nella sua politica, alleandosi con gli Estensi, con Venezia e con Lorenzo de’ Medici. La successiva scomunica comminata contro Venezia finì per coinvolgere anche Galeotto Pico; e l’interdetto sulla signoria pichense era destinato a perdurare per ben sedici anni, sotto i pontificati di Innocenzo VIII e di Alessandro VI, mettendo in seria difficoltà l’economia del territorio.
Il 7 settembre 1479 Galeotto fu fatto prigioniero in seguito alla vittoria del duca di Calabria; ma venne liberato poco dopo, in quanto è attestato a Mirandola nel 1480. Nel 1483 fu nuovamente al servizio dei veneziani in guerra con Sisto IV e con Ferrara. In questa circostanza le truppe del duca di Calabria occuparono Concordia, la quale fu assegnata ad Anton Maria, mentre Mirandola rimase a Galeotto.
Ma il progetto di dividere in due la signoria era in palese contrasto con il funzionamento di una struttura economica basata sull’integrazione tra le terre alte, basate sulla cerealicultura e la frutticultura, organizzate secondo il sistema della piantata e servite dai mulini natanti sul fiume Secchia, e le terre basse, occupate da boschi, prati, pascoli e valli, necessari all’allevamento ovino e alla produzione di lana (diffusa in parecchi mercati dell’Italia settentrionale, spingendosi fino a Bolzano).
Nel 1486 Galeotto fu licenziato dai veneziani in seguito a un’accusa di delazione. Passò pertanto al servizio di Lodovico il Moro, che lo promosse a governatore di Parma e per il quale partecipò a varie spedizioni in Toscana, in Romagna e nel territorio bolognese. Le tensioni fra i due fratelli nel frattempo non cessarono, per cui, nonostante la protezione assicurata ad Anton Maria dal pontefice Innocenzo VIII e i tentativi da parte di Galeotto di occupare Concordia, la situazione rimase immutata né valse a sanarla il diploma con cui il 28 aprile 1494 l’imperatore Massimiliano d’Asburgo stabiliva l’istituzione della primogenitura, dichiarando Giovan Francesco II successore del padre Galeotto. Nel 1495 fu nuovamente al soldo di Venezia nella lega organizzata contro il re di Francia Carlo VIII, ma continuò a collaborare con il duca di Milano, soprattutto per le questioni intercorse tra Firenze e Pisa.
Appartengono a questo periodo di tensioni e lacerazioni interne le due lettere inviate da Girolamo Savonarola a Galeotto per favorire la riappacificazione fra i due fratelli rivali e, come spesso accade nel frate domenicano, alla raccomandazione segue la minaccia: «Io dunque vi conforto da parte sua convertirvi a Dio, e horamai conoscere il vostro creatore e redentore Iesu Christo e vivere com’è obligato ogni buon christiano, e dolersi del passato e confessarsi, e per lo avvenir astenersi da peccati, e con tutto il core in verità ridursi alla pietà divina, altrimenti io vi avviso, che sopra di voi è imminente un gran flagello, e sarete flagellato nella roba e nella persona vostra e nella casa vostra; morir bene, e a vivere castamente, e restituir il mal tolto e a riconciliarvi col vostro fratello e con la Chiesa». La lettera reca la data del 26 marzo 1496, e, come segnalava Giovan Francesco, figlio prediletto di Galeotto e destinato alla successione, ma uomo d’altra tempra e per giunta acceso savonaroliano, il padre cinquantenne, nonostante fosse allora nel pieno delle proprie forze, sopravvisse circa solo due anni a quella profezia.
In questo contesto di insicurezza e continua belligeranza sono da inquadrare le numerose opere di difesa realizzate a difesa del borgo, come la costruzione di varie torri e delle mura, mentre il castello fu munito ulteriormente con la costruzione del torrione detto della Maddalena. Di tutte queste opere è menzione in un’epigrafe non datata esposta, assieme ad altre, nel chiostro di S. Francesco. Si può dire dunque che con lui Mirandola si trasformò progressivamente da borgo fortificato (oppidum) a città fortezza.
Altri provvedimenti attestano l’orientamento ad accentrare con determinazione e a governare con energia: di ciò sono testimonianza le varie integrazioni agli statuti, l’erezione del Palazzo della Ragione e l’edificazione in città della chiesa di S. Maria Maggiore con il titolo di pieve collegiata, resa possibile dall’incameramento dei beni delle antiche pievi di Quarantoli e San Possidonio. Durante il governo di Galeotto fu inoltre completato il monastero delle clarisse di S. Ludovico e S. Chiara, fondato da suo padre nel 1460, e furono istituiti il Desco dei Poveri e il Monte di Pietà, i cui Capitoli recano la data del 1495.
Colpito dalla malaria, morì il 9 aprile 1499 e, a causa della scomunica, fu necessaria una speciale dispensa per la sepoltura in luogo sacro. Fu sepolto nella chiesa di San Francesco e la tomba marmorea fatta costruire dalla moglie reca l’epigrafe che ne esalta il lignaggio, il valore e il legame coniugale.
Fonti e Bibl.: G.F. Foresti, De plurimis claris scelectisque [sic] mulieribus..., Ferrara, Laurentius de Rubeis, de Valentia, CLXXVIII 1497; V. Marchese, Lettere del Savonarola a Galeotto I Pico, in Archivio storico italiano, VIII (1850), pp. 124-126; R.P.M. Cherubino Ghirardacci bolognese, Della Historia di Bologna, Parte terza, a cura di A. Sorbelli, in RIS2, XXXIII/I, Bologna 1933, pp. 193, 245, 284; F. Ceretti, I sepolcri dei Pico, in Giornale araldico genealogico diplomatico, III (1875-76), pp. 84-87, 112-123; Id., Bianca Maria d’Este. Memorie e documenti, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., III (1878), 1, pp. 237-287 (per Bianca Maria d’Este); Id., Il Conte Galeotto I Pico, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, s. 3, II (1883), Parte prima, pp. 71-101; B. Andreolli, Signori e contadini nelle terre dei Pico. Potere e società rurale a Mirandola tra Medioevo ed Età Moderna, Modena 1988; V. Cappi, Galeotto I Pico e Bianca Maria d’Este. Un matrimonio politico e d’amore alle corti della Mirandola e di Ferrara nel sec. XV, Mirandola 1994; P. Litta, Famiglie celebri italiane. Pico della Mirandola, rist. anast. del fascicolo, prefazione di V. Cappi, Modena 1994 (epigrafe funeraria); Del restauro di tre lapidi con epigrafe in pietra calcarea risalenti ai secoli XV e XVI, sotto la tutela di J. Bentini - E. Corradini - L. Serchia, Mirandola 1994 (fortificazioni; scheda a cura di V. Cappi); E. Ghidoni, Ineludibili segni di autorità: I torrioni di Galeotto I Pico, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 11, XXII (2000), pp. 157-166; G. Martinelli Braglia, I Pico e i Gonzaga, Mirandola 2000, p. 144; L. Arcangeli, Gentiluomini di Lombardia. Ricerche sull’aristocrazia padana nel Rinascimento, Milano 2003, pp. 107 s.; E. Ghidoni, Da opportunismo ad opportunità: il Moro, Galeotto, il “senzadenari”, lo stato, in I Quaderni della Bassa Modenese. Storia, tradizione, ambiente, XVII (2003), 2, pp. 51-65; La Parrocchia di S. Maria Maggiore di Mirandola. Storia di una comunità, a cura di B. Andreolli - C. Truzzi, Mirandola 2012.