galateo
Piccole ma importanti regole per una buona vita sociale
Titolo del trattato cinquecentesco di monsignor Giovanni Della Casa in cui si danno consigli sulle 'buone maniere' a un giovanetto, il termine galateo è poi passato a indicare il complesso di norme che regolano i rapporti tra le persone, e quindi l'educazione e la buona creanza
Trasferiamoci con la fantasia alla metà del Cinquecento, il secolo di Michelangelo, di Leonardo, di Raffaello. Immaginiamo di essere in Veneto, ospiti nella dimora di Giovanni Della Casa, un monsignore di grande esperienza nato in Toscana che tra i suoi vari incarichi ha avuto anche quello di nunzio (cioè ambasciatore) del papa a Venezia. Monsignor Della Casa è anche scrittore e letterato e ha piacere a mostrarci la sua ultima fatica. Ci invita nel suo studio e ci fa vedere il libricino che ha appena finito di scrivere. Lo ha dedicato a uno dei suoi nipoti e come titolo ne ha scelto uno un po' particolare: Galateo ovvero de' costumi ‒ oggi diremmo più o meno "Galateo o trattato sulle abitudini di comportamento di un individuo". Della Casa ci spiega che chiamandolo 'Galateo' ha voluto fare un omaggio al vescovo Galeazzo (in latino Galatheus) Florimonte, che lo aveva esortato a scrivere il trattatello. Ebbene, quello che monsignor Della Casa ci sta mostrando e che verrà stampato nel 1558 diventerà uno dei libri più noti e più imitati della cultura europea.
Proseguendo la conversazione, monsignor Della Casa ci dice che nel suo libricino dà consigli sulla maniera di parlare, di vestire, di stare a tavola, di trattare il prossimo e fa l'elenco dei gesti e dei modi di fare da non usare mai, perché sono spiacevoli o inopportuni. Pensiamo per esempio a cose come mettersi le dita nel naso, sporcare la tavola quando si mangia, parlare ad alta voce o peggio ancora urlare e così via. Conversando con il nostro ospite piano piano ci rendiamo conto che il suo libro è un vero e proprio manuale di comportamento educato, elegante e signorile, insomma un manuale di buona educazione. Ma ci accorgiamo anche di un'altra cosa: oggi, dopo tanti secoli, usiamo ancora la parola galateo quando parliamo delle regole della buona educazione. E questo è un segno certo che quello che avete davanti è un libretto molto importante.
Usciamo ora dalla finzione e torniamo alla realtà di tutti i giorni. Dopo Della Casa altri importanti uomini pubblici di grande esperienza hanno dedicato una parte del proprio impegno a scrivere libri in cui consigliano il modo di comportarsi con garbo e cortesia. Tra i migliori c'è certamente Ricordi a mia figlia scritto nel 1777 da Pietro Verri, uno dei maggiori studiosi e uomini politici di quel periodo.
Sempre seguendo l'esempio di Della Casa, nel 1802 Melchiorre Gioia, grande sostenitore dell'unità d'Italia e attivissimo uomo politico e studioso, pubblicò il Nuovo galateo. Nel corso del tempo i galatei si sono, quindi, via via moltiplicati. Se entriamo in una libreria ben fornita troveremo decine di libri che consigliano le buone maniere per le più diverse occasioni. Se sfogliamo qualche rivista, troviamo sempre una pagina scritta da un grande giornalista interamente dedicata al galateo.
Come mai il Galateo di monsignor Della Casa ha avuto un successo così vasto? La risposta è una sola: le regole della buona educazione sono essenziali per la vita di tutti noi. Per capirlo, basta fare qualche semplice esperimento. Prendiamo una qualsiasi piccola azione quotidiana, per esempio fare una telefonata. Eliminiamo tutte le regole di buona educazione che usiamo normalmente, come salutare, chiedere come va, non interrompere chi ci sta parlando, chiudere con un saluto cordiale e così via, e guardiamo cosa succede: in questo modo ogni scambio diventa difficile e spesso sgradevole.
Quando si incontrano gli altri, è come se iniziasse una conversazione molto particolare fatta soprattutto di piccoli gesti e di piccole azioni che seguono le regole di una grammatica nascosta. Sono proprio queste le regole di cui ci parla il galateo. Per tale motivo conoscere la grammatica delle buone maniere permette a tutti noi di stare insieme agli altri in modo più facile e piacevole, di risultare graditi, di farci apprezzare e, in qualche caso, di avere anche successo.