Morlay, Gaby
Nome d'arte di Blanche Fumoleau, attrice cinematografica e teatrale francese, nata ad Angers (Maine-et-Loire) l'8 giugno 1893 e morta a Nizza il 4 luglio 1964. Divenuta popolare già nell'era del muto, vide valorizzato dall'introduzione del sonoro il suo stile di recitazione diretto, fresco e spontaneo: il pubblico si riconobbe in quella figura delicata e quasi comune, capace di toccare il cuore con la sua naturalezza, e la M. divenne negli anni Trenta una delle attrici più famose del cinema francese.
Giunta a Parigi per lavorare come dattilografa, debuttò in teatro nel 1912 e si affermò negli anni Venti, soprattutto nelle pièces de boulevard. Nel cinema esordì in La sandale rouge (1913) di Charles Burguet; fu poi la partner di Max Linder, anche regista dei film, in Max part en vacances (1913), Max dans les airs e Le 2 août 1914, entrambi del 1914, raggiungendo rapidamente una certa notorietà. Il suo ultimo film muto fu Les nouveaux messieurs (1929) di Jacques Feyder, tratto dalla pièce di R. de Flers e F. de Croisset. Il cinema parlato, grazie alla crisi di alcune star incapaci di adattarsi alla nuova tecnica, accelerò la sua carriera che toccò l'apice con Le voile bleu (1942; Il velo azzurro) di Jean Stelli, il maggior incasso della storia del cinema francese fino a quel momento, con il quale l'attrice commosse l'intero Paese.
Nella sua carriera la M. interpretò spesso film tratti da opere teatrali del suo repertorio: Le roi (1936; Caccia riservata) di Pierre Colombier e Le bois sacré (1939; Il bosco sacro) di Léon Mathot e Robert Bibal, da R. de Flers e G.A. de Caillavet; Le scandale (1934) di Marcel L'Herbier e L'enfant de l'amour (1944) di Stelli da H. Bataille; Mélo (1932) di Paul Czinner, Le bonheur (1935; Il più bel sogno) di L'Herbier, Samson (1936; Sansone) di Maurice Tourneur e Le messager (1937; Il messaggio) di Raymond Rouleau, tutti da H. Bernstein, di cui fu in teatro l'interprete favorita; Quadrille (1937) tratto da un'opera di Sacha Guitry e da lui stesso diretto. Anche i film non derivati da testi teatrali che la videro protagonista furono scritti dai migliori autori del periodo come Guitry per Le destin fabuleux de Désirée Clary (1942), da lui anche diretto, Henri Jeanson per Un revenant (1946; Lo spettro del passato) di Christian-Jaque, o Jean Aurenche per Les amants du Pont Saint-Jean (1947) di Henri Decoin. Con il passare degli anni si ritagliò ruoli di secondo piano, ma in opere come Prima comunione (1950) di Alessandro Blasetti o Anna (1951) di Alberto Lattuada, e in parti sempre capaci di commuovere, come in Le plaisir (1952; Il piacere) di Max Ophuls, dove impersonò una povera vecchia ormai stanca della vita. Il suo ultimo film fu Monsieur (1964; Intrigo a Parigi) di Jean-Paul Le Chanois.
P. Descaves, Gaby Morlay, Paris 1951; Cinémathèque de Toulouse, Cinémathèque française, Hommage à Gaby Morlay, Paris 1984; G. Debot, Gaby Morlay: du rire aux larmes, Paris 1987.