SIMEONI, Gabriele
SIMEONI (Semioni), Gabriele. – Nacque mercoledì 25 luglio 1509 tra le tre e le quattro del mattino nel quartiere di S. Maria Novella a Firenze, da Ottaviano, sarto, e da Maria Naldini. I Simeoni non erano cittadini fiorentini: probabilmente erano di origine piemontese.
La prima notizia documentata riguarda la nomina, nel 1528, a segretario della Cancelleria dei dieci, agli ordini di Donato Giannotti, una delle pochissime persone verso cui riconobbe di avere contratto un debito intellettuale: tenne sempre infatti a coltivare l’immagine di letterato autodidatta. È probabile che proprio presso Giannotti fosse iniziato al platonismo ficiniano. Il 6 dicembre 1528 fu inviato in Francia al seguito di Baldassare Carducci, ambasciatore della Repubblica Fiorentina presso il re Francesco I: svolse la sua mansione di segretario d’ambasciata fino al giugno 1530, presumibilmente con il recondito proposito di conquistarsi una posizione alla corte, grazie soprattutto a quelli che egli reputava essere i suoi doni letterari. La morte di Carducci e la caduta della Repubblica Fiorentina nell’agosto 1530 lo liberarono da questo impegno e così poté tentare la fortuna in Francia, abbracciando una carriera di cortegiano-poeta con la speranza di emulare il successo di Luigi Alamanni.
Gli anni trascorsi alla corte di Francia furono fondamentali e spiegano la successiva carriera di Simeoni. Lettore del Champ fleury di Geoffroy Tory (da cui trasse certamente l’ortografia «Symeoni», avendo la «y», con la sua forma di bivium, valore di impresa per un giovane che in questo modo dimostra di optare per la via della virtù) e delle opere di Guillaume Budé, fu proprio in Francia che si dedicò in modo approfondito allo studio della filologia e dell’antichità. Anche le scienze occulte, quali l’astrologia e la geomanzia, fecero al contempo parte dei suoi interessi. Acquisì inoltre una competenza linguistica rara per quel tempo, e cioè un bilinguismo che si nota in particolare nella maestria dei suoi scritti in francese.
Alcune opere permettono di ricostruire la sua attività durante i dieci anni vissuti in Francia: per esempio, il Dialogo di Volvirto (Firenze, Biblioteca nazionale centrale [BNCF], Nuovi acquisti, 1180), dedicato a Ippolito de’ Medici, a cui Simeoni lo consegnò personalmente a Marsiglia nell’ottobre 1533 in occasione delle nozze di Caterina de’ Medici con Enrico d’Orléans, futuro Enrico II. Compose inoltre il sonetto all’inizio delle Rime toscane d’Amomo (pseudonimo di Antonio Caracciolo), pubblicato nel 1535 da Simon de Colines, primo libro italiano stampato a Parigi. Fu molto probabilmente lo stesso Simeoni il curatore di questo canzoniere che lo fece conoscere come cultore di poesia. Nel 1538 scrisse un’Elegia sulla tregua di Nizza che non riscosse però alcun successo, dopodiché raggiunse l’Inghilterra dove non restò a lungo.
Nel periodo francese, si mise alla ricerca di protettori: fu accolto dal principe di Melfi, Giovanni Caracciolo, da Hélène de Boisy, signora di Chartres, e dal cardinale Giovanni di Lorena. Nel 1539, sempre in cerca di miglior sorte, inviò alle corti italiane parecchi manoscritti contenenti composizioni poetiche influenzate da vari modelli che si ritrovano in tutta la sua opera: Francesco Petrarca, Marsilio Ficino, Alamanni, e anche Clément Marot.
Imitando Petrarca e con il gusto per una certa messa in scena, inviò da Valchiusa nell’agosto del 1539 un manoscritto (ora nel Musée Barbier-Mueller di Ginevra) e alcune lettere a Firenze per entrare nelle grazie del duca Cosimo de’ Medici. A fine anno, fece verosimilmente ritorno nella città natale, dove si ritrovano sue tracce nel settembre 1540, quando fu incarcerato per aver sparlato di Maria Salviati, madre del duca. Tornato in libertà, chiese, all’inizio del mese di novembre, di occupare nuovamente il suo ufficio presso gli Otto di pratica, sotto Anton Francesco Nori. Fuggì in seguito da Firenze per aver perso le chiavi di uno scannello, fatto che testimonia i cattivi rapporti con colleghi e superiori, dirigendosi verso Roma, dove rimase almeno dall’aprile del 1542 al giugno del 1543. Qui incontrò il famoso astrologo Luca Gaurico, che stilò il tema di nascita di Simeoni, ed ebbe modo di avvicinarsi a Juan Alvarez di Toledo, cardinale di Burgos e zio di Eleonora di Toledo, sposa del duca di Firenze. Fu proprio il cardinale spagnolo a rendere possibile il ritorno a Firenze. Il periodo romano fu propizio per l’iniziazione di Simeoni alle antichità di Roma, come attesta una lettera scritta il 25 luglio 1542 Archivio di Stato di Firenze [ASF], Mediceo del principato, 357, c. 498rv). Durante questo soggiorno redasse il suo trattato sull’Origine di Mantova, inviato a don Ferrante Gonzaga. È il primo lavoro di matrice storica e potrebbe derivare da un contatto con Paolo Giovio.
Di ritorno a Firenze, il 14 giugno 1543, Simeoni scrisse e spedì a Cosimo una poesia Sopra alla rihavuta delle forteze (ASF, Mediceo del principato, 361, cc. 52r-54r) per celebrare la restituzione delle fortezze fiorentine da parte di Carlo V, ma l’operazione non ebbe eco presso il duca e la sua corte. A Firenze fu nominato secondo cancelliere presso la magistratura dell’Auditore fiscale, Jacopo Polverini, ma questa carica non gli fu gradita e venne in tal modo preposto al riordino delle carte dell’archivio delle riformagioni, grazie all’intervento di Polverini stesso, mettendo così a frutto quelle che erano le competenze che aveva ambiziosamente coltivato. Il curatissimo manoscritto dell’Inventario delle riformagioni (ASF, V, 638), la cui dedica è indirizzata a Cosimo de’ Medici in data 20 giugno 1545, conserva il ricordo di questo suo coscienzioso lavoro. Tuttavia sembra che Simeoni non ritenesse questa funzione all’altezza dei suoi talenti, anche perché ambiva forse a essere promosso consigliere culturale presso il duca come era successo al maggiordomo ducale Pierfrancesco Riccio.
Nel marzo del 1546 lasciò Firenze per andare a Venezia, dove pubblicò le sue prime opere, i Commentarii sopra alla tetrarchia di Vinegia, di Milano, di Mantova et di Ferrara e, in seguito, Le tre parti del campo dei primi studii, entrambe presso l’editore Comino da Trino.
Il secondo libro, dedicato a Cosimo de’ Medici, si distingue non solo per la proliferazione delle forme letterarie rispondenti nel loro insieme a un’estetica della varietas, ma soprattutto per l’importanza conferita all’architettura dell’opera. Sembra anche che Simeoni sollecitasse, nell’agosto del 1546, Anton Francesco Doni affinché pubblicasse una ristampa dei suoi Commentarii, a riprova della sua aspirazione a essere riconosciuto a Firenze.
Nel luglio del 1546, al seguito del vescovo di Clermont, Guillaume Duprat, lasciò Venezia per Trento, dove si teneva il concilio. Sempre seguendo Duprat in Francia, passò a Milano e poi a Lione (aprile-maggio del 1547), dove redasse il Summario di la vita di Dante che conclude l’edizione di Il Dante di Maurice Scève e Jean de Tournes, prova incontestabile di un primo contatto con l’ambiente letterario ed editoriale lionese. In questo testo Simeoni richiamava l’ingratitudine della patria fiorentina e l’esilio glorioso di Dante, suggerendo una sua simbolica parentela con l’illustre predecessore. Nel luglio del 1547 assistette a Reims alla consacrazione del re Enrico II e trascorse i mesi successivi a Clermont, al servizio di Duprat.
Nel febbraio del 1548, di ritorno in Italia, fu a Torino, incaricato da Giovanni Caracciolo di sopraintendere alla guardia della città. Durante questo periodo (inverno del 1548-estate del 1550), pubblicò Le Satire alla berniesca (Torino, Cravotto, 1549) e forse approntò il manoscritto intitolato Libellorum trium phisiognomiae chiromantiae geomantiaeque (BNCF, Magliabechiano XX, 26), dedicato al duca di Firenze. Morto Caracciolo nell’agosto del 1550, tornò alla corte del re di Francia, sperando di essere confermato nella sua carica. Dopo questo breve viaggio di andata e ritorno, lasciò Torino, ormai governata dal Maresciallo di Brissac. Sempre assorto nei suoi studi astrologici, compose, alla fine dell’anno 1550, tra Torino e Lione, gli Epigrammes sur la propriété et vertu de la lune per Diane de Poitiers.
Nel 1551 era a Saint-Jean-de-Maurienne, presso il vescovo Antonio Caracciolo che seguì a Troyes, nell’ottobre del 1551, dove fu repentinamente incarcerato, caduto vittima di una macchinazione del suo protettore che lo utilizzò come capro espiatorio. Nella primavera del 1552, tornato libero, lasciò Troyes per Parigi, dove fu accolto da Antoine Duprat, prevosto di Parigi e fratello del vescovo di Clermont. È probabile che avesse a questo punto assunto un impiego ausilario di professore all’Università di Parigi con il tramite di Claude d’Urfé. Nel 1553, pubblicò l’Epitome de l’origine et succession de la Duché de Ferrare a Parigi, presso Cavellat e Corrozet: l’opera, dedicata ad Alfonso d’Este, principe ereditario di Ferrara, contiene la prima raccolta di lettere pubblicata in Francia. Tramite Antoine Duprat entrò al servizio di Anne de Montmorency, che conduceva allora la campagna di Piccardia; in seguito, avendo ricevuto dal re nell’aprile del 1554 la somma di 200 scudi come compenso per i servizi resi, si stabilì a Lione.
In questa città fece prova delle sue capacità di uomo di lettere, ammiratore soprattutto, fra i suoi contemporanei, di Pietro Aretino.
La produzione di questo periodo si divide in due tipologie: libri di propaganda reale, confidenziali, pubblicati a sue spese e non più ristampati, come a esempio l’Interprétation [...] du monstre, ou Enigme d’Italie o Le présage du triomphe des Gaulois, e libri eruditi, su commissione di Guillaume Roville o di Jean de Tournes; è molto probabile che Simeoni sia diventato curatore delle edizioni italiane presso i due librai. La sua prima impresa fu la traduzione in italiano dei libri dell’antiquario lionese Guillaume Du Choul; poi, sempre per conto di Roville, curò, tra il 1555 e il 1559, l’edizione della prima opera a stampa illustrata delle Imprese di Paolo Giovio, occasione per lui di proporre la propria raccolta, Le imprese heroiche et morali.
Nella primavera del 1557, con la spedizione militare condotta da Francesco di Lorena, duca di Guisa, si recò in Italia con il giovane Antoine Duprat. Durante questo viaggio, completò la sua collezione di monete e disegni dall’antico e studiò alcune prestigiose raccolte romane di antichità (Della Valle, Cesi). Pubblicò nel 1558 da Jean de Tournes il relativo resoconto di viaggio, in francese e in italiano, intitolandolo Illustratione degli epitaffi e medaglie antiche. Durante l’inverno 1557-58, di passaggio a Parigi dopo il viaggio in Italia, scrisse il Cesar renovellé, per commissione dei librai Longis e Sertenas. Il manoscritto illustrato dell’Origine et le antichità di Lione (Torino, Archivio di Stato, J. A. X. 16), regalato a Emanuele Filiberto di Savoia al momento delle sue nozze con Marguerite de Valois nel luglio del 1559, nonché il Dialogo pio et speculativo (pubblicato nel 1560 da Roville), completano l’insieme delle opere dedicate agli studi antiquari. Nel Dialogo pio Simeoni disegnò una carta accurata della Limagne d’Auvergne, un’altra delle sue opere pionieristiche. Oltre alle traduzioni e ai libri dedicati alle antichità e all’imprese, compose alcune riduzioni in ottave italiane delle Metamorfosi di Ovidio e della Bibbia: La vita e Metamorfoseo d’Ovidio, pubblicata nel 1559 da Jean de Tournes; le Figure de la Biblia, nel 1564 e poi nel 1570, le Figure del Nuovo testamento, da Roville. Nel 1560, svolgendo di nuovo un ruolo di precursore, Simeoni ideò, nella residenza di campagna dei Duprat, il Museo di Vanves, imitando l’esempio di Giovio.
Nel 1561 redasse il manoscritto della Vita e rime di Gabbriello Simeoni (BNCF, Panciatichiano 175): nonostante l’intento autocelebrativo con cui si propone come figura ideale di letterato eroico alle prese con una fortuna avversa, l’opera fornisce molti dati essenziali per ricostruirne la complessa biografia. Gli ultimi anni della vita rimangono oscuri: si può immaginare che continuasse a prodigare i suoi buoni consigli ai librai lionesi, sostenuto economicamente dal lucchese Matteo Balbani e dal proprio cugino Francesco Mazzei, di cui frequentò la biblioteca almeno fino al 1577, come rivela un libro da lui annotato e conservato alla Biblioteca municipale di Lione (P. Mini, Difesa della città di Firenze, et de i Fiorentini, Lione, Tinghi, 1577).
Fonti e Bibl.: T. Renucci, Un aventurier des lettres du XVIe siècle, Gabriel Syméoni florentin (1509-1570?), Parigi 1943; G. S. (1509-1570?). Un Florentin en France entre princes et libraires. Atti del Convegno dell’Università di Chambéry... 2011, a cura di S. D’Amico - C. Magnien-Simonin, Ginevra 2016.