FUNZIONE (XVI, p. 185)
Funzioni di più variabili complesse. - La teoria delle f. di più variabili complesse ha ricevuto negli ultimi decennî sviluppi notevolissimi, che ne hanno permesso applicazioni importanti a numerose altre branche della matematica. Si veda la voce serie, in questa Appendice.
Funzioni quasi-periodiche. - La teoria generale delle f. quasiperiodiche, creata da Harlad Bohr nelle due celebri memorie apparse sugli Acta Mathematica del 1925 e 1926, ha avuto, negli anni immediatamente successivi, un largo sviluppo ad opera di H. Weyl, C. J. De La Vallée Poussin, S. Bochner, Stepanoff, N. Wiener, A. S. Besicovic. Una importante classe di tali funzioni era già stata studiata, all'inizio del secolo, da Bohl e da B. N. Esclangon.
La teoria di Bohr fu poi estesa dal Muckenhaupt, in un caso particolare, e, successivamente, da Bochner, con la massima generalità, alle f. a valori in uno spazio astratto, in particolare hilbertiano. Questo ampliamento della teoria consente, tra l'altro, uno studio approfondito dei fenomeni vibratorî, alla cui natura la nozione di quasi-periodicità, in convenienti spazî funzionali, appare strettamente legata.
1. - Le f. quasi-periodiche (q. p.) si presentano, nella definizione di Bohr, come una estensione delle funzioni periodiche: la definizione è di per sé significativa, ma la sua effettiva profondità si comprende essenzialmente a posteriori, dalla bellezza della teoria su di essa costruita e dall'importanza delle applicazioni.
Sia
una funzione continua, della variabile reale, t, definita nell'intervallo J (− ∞ 〈 t 〈 + ∞), periodica e di periodo T.
La f (t) ammette, oltre al periodo T, gli infiniti periodi
multipli di T: risulta cioè
L'insieme dei periodi τ è relativamente denso, esiste cioè un numero l, detto ampiezza di inclusione, tale che in ogni intervallo a_b, di ampiezza l, cada almeno un numero τ (basta infatti prendere l ≥ T).
Ciò premesso, si ha la seguente definizione di f. q. p., secondo Bohr.
Una funzione y = f (t), continua nell'intervallo J, si dice quasi-periodica se, in corrispondenza di ogni ε > 0, esiste un insieme relativamente denso di numeri τ, per ciascuno dei quali risulti
I numeri τ sono detti i quasi-periodi, relativi al valore ε, della funzione f(t). ln questo caso, l'ampiezza di inclusione, lε dipende da ε: come è evidente, al tendere di ε a zero, l'insieme dei quasi periodi si rarefà mentre lε cresce, divergendo, in generale, a + ∞.
Dalla definizione si deduce subito l'uniforme continuità e la limitatezza, in J, di una f. q. p.
Si deduce inoltre che l'insieme delle funzioni q. p. è chiuso rispetto alla convergenza uniforme in J, cioè una successione di funzioni q. p. convergente uniformemente in J, ha per limite una funzione q. p.: è questo pertanto il tipo di convergenza che resta associato alla nozione di quasi-periodicità.
Una notevole classe di f. q. p. si ricava dalle funzioni periodiche di più variabili. Sia, ad esempio,
una funzione continua e periodica delle variabili (t, η): supponiamo, per fissare le idee,
Condotta nel piano (t, η) la retta η = λt + c, si consideri la corrispondente "traccia":
Allora, se il coefficiente angolare λ è razionale (λ = p/q), f(t) è periodica, con periodo q; se λ è irrazioriale, f(t) risulta quasi-periodica.
F. q. p., e di particolare importanza, sono perciò i polinomi trigonometrici, aventi, nella forma esponenziale, l'espressione
ove le ak sono arbitrarie costanti, reali o complesse, le λk arbitrarie costanti reali.
Si può, precisamente, dimostrare che le f. q. p. secondo Bohr, ed anche le estensioni di Stepanoff, Wiener, Besicovic, si riducono alla chiusura dell'insieme dei polinomi y*(t), rispetto a particolari metriche.
Così, le f. di Bohr si ottengono assumendo la distanza corrispondente alla metrica delle funzioni limitate nell'intervallo J:
alla quale resta manifestamente associata la nozione di convergenza uniforme nell'intervallo medesimo.
Le f. q. p. secondo Stepanoff (non più necessariamente continue, ma misurabili e di potenza p-esima integrabile in ogni intervallo limitato) sono legate alla definizione di distanza:
La definizione [1] si muta nell'altra:
ove l'insieme dei quasi-periodi τ deve sempre risultare relativamente denso.
La nozione di quasi-periodicità è suscettibile di larghissime estensioni.
Si consideri, innanzi tutto, uno spazio euclideo Yn, a n dimensioni, i cui punti indicheremo con y = {Cy1, ..., yn}, con la norma
Sia
l'equazione parametrica di una linea H, in Yn, la f(t) essendo continua in J. La [4] associa ad ogni t ∈ J il punto y = f(t) ∈ Yn:f(t) è cioè una funzione di t a valori in Yn.
La f (t) si dirà q. p. se ad ogni ε > 0 può associarsi un insieme relativamente denso di quasi-periodi τ, per ciascuno dei quali risulti
Con le stesse parole si definisce la quasi-periodicità di una funzione y = f(t), a valori in uno spazio B di Banach (v. operatori, in questa App.) qualsiasi: in questo caso con ∥ y ∥ si indica la norma, nella metrica di B, del punto y (come si è fatto, per B = Yn, mediante la [3]).
Chiameremo la linea H, di equazione parametrica y = f(t), la traiettoria, in B, della funzione f(t).
Ad esempio, B può essere lo spazio delle funzioni y = y(x), continue in un insieme K, chiuso e limitato, di uno spazio euclideo m-dimensionale Xm (x = {x1, ..., xm}). In tal caso si assumerà la norma:
Una f. y = y(x, t), delle variabili (x, t), continua nel cilindro K×J (prodotto dell'insieme K per l'intervallo J), si interpreta allora come una funzione di t a valori in B, e la [5] equivale alla scrittura:
Importa segnalare un fatto (del resto tipico in analisi funzionale) che si presenta nella teoria delle f. q. p. quando si passa dagli spazî ordinari (a un numero finito di dimensioni) agli spazî funzionali: si ha una specie di biforcazione, per cui alle proprietà di limitatezza possono corrispondere proprietà di limitatezza oppure (circostanze ben più restrittive) di compattezza.
Ad esempio, la traiettoria H di una f. q. p., y = f(t), è limitata se f(t) è a valori in uno spazio euclideo Yn: risulta non solo limitata ma addirittura relativamente compatta (cioè dotata di chiusura compatta) se f (t) è a valori in uno spazio B, di Banach.
Pertanto, se f (t) è q. p. a valori in B, qualsiasi, preso ad arbitrio ε > 0, è possibile ricoprire la traiettoria H mediante un numero finito, νε, di cerchi di raggio ε, centrati in convenienti punti
della traiettoria medesima.
Come secondo esempio, ricordiamo che se f(t) è a valori in Yn e l'integrale
ha la traiettoria limitata, allora anche la funzione F (t) risulta q. p. (teorema di Bohr).
Lo stesso enunciato sussiste se f(t) è a valori in uno spazio hilbertiano B (v. spazio, in questa App.).
Se invece B è uno spazio di Banach non hilbertiano la tesi è stata dimostrata ammettendo però, in più, che F (t) abbia traiettoria relativamente compatta in B.
2. - Le f. q. p. sono state caratterizzate dal Bochner mediante un criterio di compattezza, che si è rivelato di fondamentale importanza per la teoria e le applicazioni.
Sia y= f(t) una funzione continua in J, a valori in uno spazio di Banach B, e sia {hn} una arbitraria successione di numeri reali. Il Bochner ha dimostrato che condizione necessaria e sufficiente perché f(t) sia q. p. è che la successione delle funzioni traslate f(t + hn) sia relativamente compatta nella metrica corrispondente alla [2]; in altre parole occorre e basta che da {hn} possa estrarsi una sottosuccessione {h′n} tale che la successione {f(t + h′n)} converga uniformemente in j, si abbia cioè
uniformemente in J.
Osserviamo che dal criterio di Bochner segue immediatamente la quasiperiodicità della somma di due funzioni q. p., proprietà di non facile dimostrazione diretta.
3. - La teoria degli sviluppi in serie di Fourier delle f. periodiche è stata estesa dal Bohr alle funzioni q. p. Successivamente il Bochner ha trattato il caso generale, delle funzioni a valori in uno spazio B di Banach.
Se f(t) è q. p., esiste, in B, il valor medio
Poichè anche f(t)e-iλt (λ reale) è q. p., risulta definita allora, per tutti i valori di λ, la funzione:
che chiameremo la trasformata di Bohr della f(t).
Si dimostra che è a(λ) =⃓ 0 solo per una successione di valori
Resta così associata alla f(t) la serie di Fourier:
per la quale vale il seguente teorema di unicità: se due f. q. p. hanno il medesimo sviluppo di Fourier (cioè la medesima trasformata di Bohr) esse coincidono.
Il problema di risalire alla f(t) partendo da tale sviluppo è stato risolto, in varî modi, da Bohr, Weyl e Bochner. Quest'ultimo autore ha addirittura costruito un metodo di sommazione, ispirato a quello di E. Cesaro, mediante il quale la serie a secondo membro della [6] risulta sommabile al valore f(t), uniformennente in J. Precisamente i fattori di convergenza rnk introdotti dal Bochner dipendono dalle λn, ma non dai coefficienti an; costruiti, con questi fattori, i polinomî
si ha
uniformemente in J.
4. - La definizione di f. q. p., è una definizione in senso forte. A questa può associarsi, in un ordine di idee consueto nelle teorie astratte, una definizione di quasi-periodicità debole.
Sia B* l'aggiunto dello spazio di Banach B, e siano y* gli elementi di B* (cioè i funzionali lineari continui in B). Diremo che y = f(t), a valori in B, è debolmente quasi-periodica (d. q. p.) quando per ogni y*∈B* la funzione y*(f(t)) risulta q. p. secondo Bohr.
È chiaro che se f(t) è q. p., essa è anche d. q. p.
Nella teoria della f. d. q. p. interessano, in particolare, le condizioni perché una f. d. p. q. sia p. q.; a tale proposito si ha l'enunciato seguente: condizione necessoria e sufficiente perché f(t), d. q. p., sia q. p. è che la traiettoria H risulti relativamente compatta.
Bibl.: Opere: H. Bohr, Fastperiodische funktionen, Berlino 1932; A. S. Besicovic, Almost periodic functions, Cambridge 1932; J. Favard, Leçons sur les fonctions presque-périodiques, Parigi 1933. Memorie: S. Bochner, Abstrakte fastperiodische Funktionen, in Acta Mathem., LXI (1933); L. Amerio, Sull'integrazione delle funzioni quasi-periodiche a valori in uno spazio hilbertiano, in Rend. Acc. Naz. dei Lincei, XXVIII (1960); L. Amerio, Funzioni debolmente quasi-periodiche, in Rend. Sem. Mat. di Padova, XXX (1960).