BONINI, Frosino
S'ignora il luogo e l'anno di nascita del B., che dové comunque trascorrere la giovinezza a Firenze, ove le fonti, concordemente, lo ravvisano fra i discepoli del Poliziano. Nel 1497 era nominato insegnante di grammatica e di lettere greche presso il pubblico Studio, che si riapriva in quell'anno con solennità essendovi stato incorporato lo Studio di Pisa. Nel 1498 fu riconfermato alla cattedra di grammatica greca; l'anno successivo non accettò l'incarico e nel 1502 appare come titolare della cattedra di lettere greche.
La biografia del B. presenta una lacuna considerevole per gli anni fino al 1516, allorché lo troviamo riconfermato nello stesso incarico. Dal 1516 al 1522 continua l'insegnamento di lettere greche a Firenze; dal 1522 al '25 è a Pisa, occupandosi, oltre che dell'insegnamento, della correzione dei testi greci che uscivano per i tipi dei Giunta; attese anche, senza dar nulla alle stampe, alle traduzioni delle Definitiones e dell'Isagoge di Galeno, nonché dei Commentari diGiovanni Filopono ai Posteriora di Aristotele.
Tale predilezione per i testi di natura medica proviene sicuramente dalla professione del B., che, oltre ad essere esperto filologo, doveva vantare particolari conoscenze nel campo della disciplina medica (coerentemente allo spirito enciclopedico che aveva informato l'insegnamento polizianeo): si definiva infatti "artium et medicinae doctor". S'ignora l'anno della sua morte.
Quali che fossero gli atteggiamenti politici del B. nel tempestoso periodo che seguì alla cacciata dei Medici da Firenze (ed è a questo riguardo particolarmente deplorevole la lacuna di notizie riguardante la sua vita dal 1502 al 1516), è certo che egli si mantenne fedele agli ideali della propria giovinezza quando, nel 1512, collaborò alla restaurazione medicea con un'opera destinata al teatro, la Commedia di Justitia, rinvenuta in un codice fiorentino (ms. Magl. Strozz., VII, 1211) edescritta da F. Pintor.
Questo il tema della commedia: "Athimo, cittadino ateniese, huomo justo et degli immortali dei amicissimo, ... per la adversa fortuna da extrema povertà oppresso", volendo negli ultimi anni della sua vita provvedere alla fortuna del figlio Ascanio "nè veggendo modo di tale effetto conseguire, senza ripudiare le innate sue virtù et integerrimi costumi", ottiene dall'oracolo di Apollo la possibilità di rivolgersi a "Politimo, dio delle ricchezze et re degli occulti tesori". Questi, dopo una serie di dispute con la Povertà, riesce a recuperarle il bene della vista, e tale "felice illuminatione alle gravi miserie et immense calamità di Athimo e di tutti e' justi et di virtù amici pose fine".
Nella dedica dell'opera al gonfaloniere di Giustizia Iacopo Salviati il B. dichiarava di aver composto la commedia "nel desiderato felice ritorno de' iusti padri et invicti difensori della già afflicta patria e in effetti la commedia del B. si iscrive in questo quadro di sollecitudini restaurative. L'argomento è quello dedotto dal Pluto di Aristofane, senonché la divinità greca diventa, nell'elaborazione che ne escogita lo scrittore toscano, la Fortuna, "e Fortuna oculata, che discerne i giusti dagli ingiusti, vorrà dire Giustizia", la dea lungamente vagheggiata nella Firenze delle discordie politiche e infine manifesta nell'età che sembra preannunziare nuovi splendori.
In questa misura il ricorso al testo classico si complica per intenzioni allegoriche che ovviamente l'originale non autorizza e si contamina per una serie di digressioni su Fortuna e Giustizia che riconducono l'opera a una dimensione spiccatamente fiorentina e dantesca, abbastanza plausibile nel sincretismo culturale del primo decennio del Cinquecento.
All'autore classico, noto nel Quattrocento fiorentino in virtù di una tradizione che giunge fino al Machiavelli, il B. si attiene generalmente nelle parti dialogate della commedia, cedendo però di quando in quando al proposito di registrare la trama discorsiva su un livello di quotidiana conversazione. Non mancano, specie nel secondo atto, significative allusioni all'arte medica, tali da permettere allo scrittore una serie di giochi di parole esaltanti i Medici. Spesso le esortazioni a godere della vita presente si intersecano, in maniera del tutto innaturale, alle sollecitazioni alla fiducia in Dio, a digressioni allusive sul triste passato politico di Firenze, ad attacchi ribattuti contro i nemici di parte: ciò che, in definitiva, incrina la compattezza classicistica dell'opera, nonostante la scaltrezza erudita del Bonini. Il quale sorprende per l'abilità con cui riesce a innestare un esemplare classico sul tronco di una tradizione popolaresca, improntata, per quel che riguarda le possibilità drammatiche, agli schemi della rappresentazione sacra.
Bibl.:G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, ad Indicem; F.Pintor, Una commedia politica per la restaurazione medicea del1512, in Dai tempi antichi ai tempi moderni, Milano 1904, pp. 391 ss.; I. Sanesi, La Commedia, I, Milano 1911, p. 199.