VIGO, Francesco
VIGO, Francesco. – Nacque a Livorno il 10 giugno 1818, primo figlio di Pietro, legnaiolo, e di Antonia Bonavitana, ricamatrice.
Crebbe nella zona popolare del centro e dopo l’istruzione di base entrò a lavorare come garzone in una tipografia commerciale, imparando il mestiere e diventando un bravo compositore. Apprese ice sua la molteplicità di interessi sviluppati dall’editoria cittadina e assorbì l’eredità di libertà e diffusione delle idee creatasi nella città grazie allo status di porto franco. Non a caso, nella seconda metà del Settecento, proprio a Livorno, nella tipografia All’insegna della verità, Marco Coltellini aveva pubblicato Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria. In città si stamparono anche la terza edizione dell’Encyclopédie di Denis Diderot e Jean-Baptiste d’Alembert e la colta e internazionale editoria delle culture religiose armena ed ebraica.
Il Censimento della popolazione della Toscana dell’aprile del 1841 trovò la famiglia Vigo residente nella centrale parrocchia di San Giovanni Battista: il padre Pietro, già maestro d’ascia, venne censito come calafato, ulteriore specializzazione dei cantieri del porto; la madre Antonia accudiva la famiglia, mentre Francesco era impiegato come stampatore. La famiglia comprendeva altri tre figli: Pasquale di quindici anni, Aspasia di dodici e Gaetano di sette. Nella stessa parrocchia abitavano dei parenti, la famiglia di Giovanni Vigo, anch’egli calafato, con la moglie Romina e le figlie Maria di venti anni e Assunta di sedici.
Vigo lavorò come proto presso l’editore tipografo Pozzolini, che aveva pubblicato le opere di Metastasio, i romanzi di Walter Scott e periodici patriottico-risorgimentali. La direzione della tipografia gli fece acquisire la fiducia per poterne aprire una propria: investì i risparmi in un vecchio torchio e si attrezzò con materiali e caratteri usati riuscendo, nel 1854, a dare vita alla sua tipografia in semplici locali in via San Francesco, dietro al duomo. L’epigrafe apposta su quell’edificio dal Comune nel 1899 recitava: «Qui, dentro umili stanze Francesco Vigo cominciò ad esercitare con sagacia operosa di libero ingegno l’arte tipografica. Per gusto, nitore ed eleganza da meritare successivamente plausi di celebri contemporanei, regie onorificenze, insigni premi di accademie e concorsi europei».
Sposò la cugina Assunta Vigo, dalla quale ebbe quattro figli: Pietro (storico, letterato e organizzatore dell’Archivio cittadino, 1856-1918), Antonio (che si sarebbe impiegato nella tipografia), Corinna e Ida (entrambe avviate agli studi letterari e artistici).
La prima attività tipografica di Vigo si concentrò sulla produzione commerciale, e le prime edizioni si limitarono alla pubblicazione di libretti d’occasione, analisi e statistiche commerciali, preghiere, elogi funebri, celebrazioni nuziali, ricordi dei volontari delle patrie battaglie, componimenti poetici insieme a qualche romanzo e testo scolastico. Tra questi si notano: i Problemi di algebra compilato da Michele Misso, vicedirettore della Scuola di mutuo insegnamento di Livorno (1854), al quale seguirono ulteriori manuali; La povera Lucia (1857) e La moneta parlante (1858), due romanzi naturalisti socialmente impegnati di Antonio Mangini, avvocato, democratico, repubblicano, già presidente del Circolo nazionale; la Raccolta di poesie italiane (1858); Un pensiero a Venezia, dedicato ai volontari e rivoluzionari della Repubblica del 1848 (1859); Della uguaglianza civile e della libertà dei culti secondo il diritto pubblico del Regno d’Italia di Isacco Rignano (1861). Gli affari crebbero dando modo a Vigo di trasferire la tipografia in una nuova e più ampia sede in via delle Commedie 5, dove realizzò anche la propria abitazione. Vigo, «minuto e dagli occhi vividi mobilissimi» (Pescetti, 1938, p. 263), organizzò una stamperia di altissima qualità. Ebbe grande attenzione per l’acquisizione dei caratteri (elzeviri nitidi ed eleganti, nuovi corsivi) e collaborò con artisti incisori per le testate, i capilettera all’uso antico e le illustrazioni. La qualità delle edizioni si moltiplicò, così come l’attenzione del pubblico di bibliofili pronti ad acquisire le edizioni dei bei libretti di novelle e inediti trecenteschi, di pubblicazioni per nozze e celebrazioni realizzate in tirature limitate su carte speciali, che arrivavano a raffinate impressioni su pergamena. Uscirono dalle sue macchine gli studi critici dell’architetto Aristide Nardini Despotti Mospignotti Della facciata del Duomo di Firenze (1864) e le Poesie di un carmagnolese (1864) di Ettore Toci, letterato e traduttore. Questa edizione segnò l’iniziò di un’amicizia che portò alla pubblicazione di altre otto opere dai testi accurati, quali il Goetz di Volfango Goethe (1876) e La pulcella d’Orleans del signor di Voltaire (1878). Nel 1867 ebbe notevole diffusione la pubblicazione Ricordi e biografie livornesi di Francesco Pera, importante storico locale. Nel 1869 Vigo fu nominato cavaliere.
Nella nuova realtà unitaria emersero, come innovatori della vita culturale livornese, due intellettuali: Giuseppe Chiarini, preside del liceo Niccolini, fondatore del Circolo filologico, e Ottaviano Targioni Tozzetti avvocato e insegnante. Negli anni precedenti, a Firenze, avevano formato con Giosue Carducci il sodalizio degli ‘amici pedanti’ e per la pubblicazione delle loro opere saggistiche si rivolsero a Vigo, che realizzò per loro splendide e accurate edizioni. Come testimonia il fitto carteggio, ricevettero una grande amicizia, regolari pagamenti per i lavori svolti e continui aiuti economici personali. Chiarini pubblicò con Vigo diciotto opere commentate, tra queste i grandi lavori di raccolta delle opere di Giacomo Leopardi, Le poesie (1869) e le Operette morali (1870), e di Ugo Foscolo, le Poesie (1882). Targioni Tozzetti si concentrò sulla cura di testi medievali inediti e rari. All’editore fecero conoscere i loro amici accademici Domenico Comparetti, che pubblicò Virgilio nel medio evo (1872), e Alessandro D’Ancona, La poesia popolare italiana (1878), ma soprattutto misero in contatto l’editore con Carducci, fulcro della letteratura italiana e incarnazione degli ideali risorgimentali. Nell’estate del 1872, con lo pseudonimo Enotrio Romano, iniziò la sua collaborazione con Vigo pubblicando alcune vivaci poesie sul periodico Il mare, diretto dagli amici Chiarini e Targioni Tozzetti. Lasciato l’editore Barbera e passato a Vigo, Carducci lavorò ad aggiornare i sui saggi letterari e a realizzarne di nuovi, che raccolse in due corpose pubblicazioni: gli Studi letterari (1874, 2ª ed. 1880) e i Bozzetti critici e discorsi letterari (1876). Continuò i rapporti con Vigo pubblicando interventi e studi critici su Petrarca: Presso la tomba di Francesco Petrarca in Arquà (1874), orazione recitata sulla tomba del poeta rivolta a un largo pubblico, e le Rime di Francesco Petrarca sopra argomenti storici morali e diversi, saggio di un testo e commento nuovo col raffronto dei migliori testi e di tutti i commenti (1876). L’elaborazione delle pubblicazioni risultò complessa, le bozze impresse dovettero scambiarsi tra Livorno e Bologna o con le numerose città visitate dal poeta per le conferenze e per la relazione con Carolina Cristofori, la Lidia delle poesie carducciane. Se non lesinò sugli anticipi economici promessi, Vigo non comprese appieno le richieste di Carducci, sempre preso dall’aggiornamento dei testi, dal continuo affinamento dei discorsi e dal controllo formale. Piccoli conflitti tra editore e autore sfociarono in un affievolirsi del rapporto: Carducci non propose ulteriori opere all’editore livornese, rivolgendosi al bolognese Zanichelli.
Nel 1872 Vigo trasferì la tipografia editrice in via della Pace 31 (ora via Ernesto Rossi) e nel settembre dello stesso anno partecipò attivamente al Terzo congresso tipografico-librario tenutosi a Venezia, dove fece parte di una commissione che indagò le condizioni di miseria degli operai veneziani e propose per loro un equo aumento di tariffa. Nello stesso anno, grazie al sostegno del ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio pubblicò l’Epistolario di Galileo Galilei, seguito dai Dialoghi sui massimi sistemi (1874). La tipografia, in piena espansione, partecipò all’Esposizione universale di Vienna del 1873, dove venne premiata con la medaglia di progresso. La rivista L’Arte della stampa scrisse: «Tra i Tipografi italiani che esposero i loro prodotti a Vienna, il signor Francesco Vigo di Livorno, di cui abbiamo fatto conoscere già i bei lavori, è stato il solo che ha ottenuto una medaglia di progresso. I signori Barbera di Firenze, Giachetti di Prato, Marietti di Torino hanno avuto solo una medaglia di merito, cioè la seconda per importanza».
Un altro sodalizio importante si ebbe con Giovanni Papanti, collezionista e bibliografo. Insieme pubblicarono scritti rari quali la raccolta in due volumi Catalogo dei novellieri italiani in prosa (1871) e Dante, secondo la tradizione e i novellatori (1873). L’editore recuperò e pubblicò anche uno scrittore quattrocentesco senese, non divulgato per un’espressività dai contenuti che indulgevano forse troppo con la sessualità, Le novelle di Gentile Sermini da Siena, ora per la prima volta raccolte e pubblicate nella loro integrità (1874). Nel 1874 Vigo ricevette l’onorificenza di ufficiale della Corona d’Italia, quale riconoscimento di un’attività intensa e professionale. L’Esposizione universale di Parigi del 1878 vide partecipare, per il settore tipografico editoriale, ben quarantatré aziende italiane. Vigo venne premiato con la medaglia di bronzo insieme a Dumolard di Milano e Zanichelli di Bologna.
Sul finire degli anni Settanta, auspicandosi di rimanere all’attenzione del mondo dei letterati, offrì nuovamente a Carducci la cura di due grandi raccolte: l’Epistolario di Francesco Domenico Guerrazzi, letterato, repubblicano e rivoluzionario livornese, e le Poesie di Vincenzo Monti. Carducci accolse la proposta di collaborazione realizzando con accuratezza l’edizione dell’Epistolario di Guerrazzi in due volumi (1880-1882). Stesso impegno pose qualche anno dopo per la pubblicazione della selezione delle Poesie di Monti (1885).
Nonostante ciò, le difficoltà si andarono profilando all’orizzonte dell’azienda tipografico-editoriale. Dopo l’abolizione del porto franco, alla fine degli anni Sessanta Livorno entrò progressivamente in crisi, e il fiorente commercio di cui usufruiva anche la produzione editoriale andò affievolendosi sempre più. Vigo si trovò così, nei primi anni Ottanta, con un grande magazzino editoriale pieno di invenduti. Cercò di promuovere il patrimonio bibliografico diffondendo un pregevole Catalogo delle edizioni di Francesco Vigo tipografo-editore (1884), ma non ottenne i risultati commerciali sperati e fu costretto a cedere il fondo librario all’editore Tito Nistri di Pisa.
Le difficoltà economiche e una paralisi progressiva che lo colpì, gli resero difficili gli ultimi anni di vita.
Morì l’8 marzo 1889.
L’attività tipografica proseguì fino al 1893 condotta dal figlio Antonio. Il figlio Pietro, divenuto insegnante e storico, sostenne l’attività del fratello, mantenne i rapporti redazionali con autori e istituzioni e si diede a valorizzare la storia della città. Tra le opere di Pietro Vigo, edite nella casa familiare, ricordiamo Le danze macabre in Italia (1878), il Disegno della storia del medioevo (1890) e gli Statuti e provvisioni del Castello e Comune di Livorno (1892).
Periodici pubblicati da Francesco Vigo: Il romito, foglio settimanale artistico, letterario e scientifico, 1859; Il faro, giornale politico, letterario e commerciale, 1862; La viola del pensiero, n.s., 1867; Il mare, giornale letterario mensile, 1872-1873; La margherita, periodico letterario mensile, 1879; Il dispaccio, giornale politico, liberale, quotidiano, 1887; Il telefono, giornale quotidiano, 1887-1898; L’elettore, giornale politico quotidiano, 1888; La Toscana, giornale politico commerciale, 1891.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze: Stato civile della restaurazione, Livorno, Registro di nascite 1818, volume 6, p. 40, n. 1055; Censimento anno 1841, Stato delle anime, Comunità di Livorno, Parrocchia di San Giovanni Battista, Famiglia Francesco Vigo, n. 361, p. 378, e Famiglia Assunta Vigo, n. 5371, p. 577; Livorno, Biblioteca comunale Labronica F. D. Guerrazzi, Fondo Francesco Vigo (contiene settecento lettere indirizzate a Francesco e tre suoi biglietti) e Fondo Pietro Vigo (contiene millesettecento lettere indirizzate a Pietro, tra le quali cinquantacinque di Francesco, e quattro scatole di manoscritti).
Inoltre: Giudizi dati da alcuni giornali ed illustri letterati italiani intorno alle edizioni del tipografo F. V., Livorno 1869-1870; F. Vigo, Proposta per una società tipografica editrice in Livorno, s.l., 1870; L’Arte della stampa, giornale di tipografia, litografia, xilografia, Firenze 1869-1914, 1872, p. 25, 1873, p. 18 e 33, 1878, p. 147, 1889, p. 8; Bibliografia italiana, giornale dell’Associazione tipografico-libraria italiana, compilato sui documenti comunicati dal Ministero dell’Istruzione pubblica 1868-1887, 1876, n. 1, p. 3; G. Chiappini, L’arte della stampa in Livorno, Livorno 1904; M. Missiroli, F. V., in Il Resto del Carlino, 22 novembre 1930; L. Pescetti, F. V. stampatore livornese, in Liburni civitas. Rassegna di attività municipale, XI (1938), 56, pp. 263-277; M. Parenti, Nuova giunta al Lexicon typographicum Italie, Milano 1940; Id., Seconda giunta al Lexicon typographicum Italie, Firenze 1949; G. Alipandri, Giosue Carducci e l’editore livornese F. V., in Rivista di Livorno. Rassegna di attività municipale e bollettino statistico, 7, n. 4, 1957, pp. 188-197; T. Barbieri, Giosue Carducci e la stamperia livornese di F. V., Firenze 1960; Mostra dell’editoria livornese (1643-1900), Livorno 1964; G. Wiquel, s.v., in Dizionario di persone e cose livornesi, Livorno 1976-1985; Editori italiani dell’Ottocento, Repertorio, Milano 2004; M. Moliterno, Il Fondo Pietro Vigo conservato nella Biblioteca Labronica, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 2009-10; Editori, tipografi e lumi..., La stampa a Livorno dal 1644 al 1830, Atti del Convegno..., ...2006, in Quaderni della Labronica, 2012, n. 85.