MONTICELLI, Francesco Saverio
MONTICELLI, Francesco Saverio. – Nacque a Napoli il 5 settembre 1863 da una famiglia di aristocratici possidenti pugliesi ed ereditò il titolo di barone.
A Napoli compì gli studi prima all’Istituto della Carità e successivamente alla Facoltà di scienze naturali dell’Università, dove si laureò nel 1885. Fu assiduo frequentatore dei corsi e del laboratorio di Salvatore Trinchese, uno dei più noti scienziati in città, la cui influenza fu determinante. Trinchese, infatti, insieme a studiosi come Paolo Panceri e al suo predecessore alla cattedra di zoologia Oronzo Gabriele Costa, aveva spostato il suo interesse di zoologo verso la fisiologia, come già avveniva in paesi come la Germania o la Francia.
Nel 1888 Monticelli conseguì la libera docenza in zoologia e anatomia comparata all’Università di Napoli. Per i cinque anni successivi viaggiò in Europa. A Londra compì numerose ricerche al British Museum, approfittando soprattutto della importante collezione elmintologica dell’istituzione inglese. Il risultato dei suoi lavori fu pubblicato sui Proceedings of the Zoological Society of London con il titolo Notes on some Entozoa in the collection of the British Museum (1889, pp. 321-325, tav. 33). La pubblicazione è molto significativa per la sua vita di ricercatore perché lo studio dei vermi parassiti, l’elmintologia appunto, avrebbe occupato grande spazio in tutte le sue ricerche successive. Da Londra si spostò a Parigi al Musée d’histoire naturelle, poi a Vienna al Naturhistorisches Museum e ancora a Berlino, a Lipsia, Bruxelles e Copenaghen e infine alla Station zoologique di Wimereux nel nord della Francia, dove pubblicò una memoria, sempre sugli elminti, nel Bulletin biologique de la France e de la Belgique (XXII [1990], pp. 417-444).
Tornato in Italia, vinse un concorso come professore ordinario di scienze al R. Istituto tecnico di Palermo, ma vi restò pochi mesi: nel 1894 infatti divenne professore ordinario di zoologia e anatomia comparata all’Università di Sassari, dove rimase fino al 1896. Successivamente insegnò la stessa materia per un anno all’Università di Cagliari e dal 1897 al 1899 alla facoltà di scienze di Modena; infine ottenne nel 1900 la cattedra di zoologia all’Università di Napoli, che occupò fino alla morte. Nello stesso anno gli fu affidata anche la direzione del Museo zoologico.
Quando Monticelli assunse la direzione dell’Istituto zoologico dell’Università, questo consisteva in un salone da museo e sei piccole stanze, con alcune collezioni entomologiche e i libri accumulati nei suoi circa 100 anni di vita. Una delle prime iniziative di Monticelli fu organizzare un laboratorio, suddividendo le stanze originali in modo da farle diventare 12, di cui una destinata a biblioteca. Occupata la cattedra e impiantato il laboratorio, il successivo obiettivo di Monticelli fu la ristrutturazione del museo di via Mezzocanone, risistemando le collezioni secondo i principî dell’evoluzionismo di Darwin, di cui era convinto sostenitore. In particolare, fu ampliata e completata la collezione faunistica locale con una sala dedicata alla serie della provincia e del golfo di Napoli, alla quale fu aggiunta una sala per la collezione elmintologica italiana. Il prezioso e abbondante materiale che il museo raccoglieva veniva mandato in studio ai maggiori laboratori d’ogni parte del mondo. Il risultato delle ricerche veniva poi sistematicamente presentato in una nuova serie dell’Annuario del Museo zoologico, alla cui pubblicazione dal 1901 contribuirono negli anni molti e famosi scienziati. Al primo volume Monticelli collaborò con un saggio dal titolo Notizie sulla origine e le vicende del Museo Zoologico della R. Università di Napoli (I, 2, pp. 1-40). Presto lo spazio a disposizione divenne inadeguato e Monticelli progettò personalmente la costruzione di un nuovo istituto: tre piani in un’area annessa al museo, compresa fra vecchi e recenti edifici universitari, sempre presso via Mezzocanone. Dopo innumerevoli difficoltà, i lavori finalmente iniziarono nel 1910, per essere terminati solo dopo la guerra, nel 1923.
L’attività di Monticelli si svolse costantemente su tre livelli: quello dello studioso, quello di direttore di istituti scientifici e quello di eccellente organizzatore.
La ricerca si può raggruppare in tre aree: i lavori giovanili sui vertebrati, quelli sugli elminti e in particolare sui trematodi e cestodi (classi di vermi parassiti), quelli sui crostacei e vari altri animali.
Le ricerche sui vertebrati vertono prevalentemente sui chirotteri, o pipistrelli, in parte con studi sistematici e faunistici (I chirotteri del Mezzogiorno d’Italia, in Atti della Società italiana di scienze naturali, XXVIII [1886], pp. 169-214) e in parte con osservazioni anatomomorfologiche. Dedicò a elminti, trematodi e cestodi oltre 100 monografie, fornendo un vero e proprio nuovo indirizzo alla sistematica, legata per lui soprattutto alla morfologia. Il Saggio di una morfologia dei trematodi (Napoli 1888) divenne molto noto all’epoca per la gran quantità di particolari anatomici che riporta e per l’accurato e innovativo ordinamento sistematico. Gli studi sugli elminti (importanti in particolare quelli su platelminti, nematodi, acantocefali e nemertini) furono in effetti quelli che più contribuirono alla sua fama, tanto che fu eletto tra i primi 20 elmintologi del mondo. Egli tuttavia era uno specialista attento a tutto quello che avveniva nei campi della scienza della sua epoca e la sua produzione elmintologica fu spesso intercalata da opere di vario argomento, come gli anellidi o i crostacei.
Nel 1902 ricevette in dono dall’amico entomologo napoletano Carlo Èmery, docente di zoologia a Bologna, una coppia di axolotl. Fece allevare per anni questa specie di piccoli anfibi negli stabulari dell’Istituto zoologico dell’Università e ne studiò le particolari caratteristiche ereditarie. Cercò inoltre di far naturalizzare la specie nel lago-stagno degli Astroni, nell’area dei Campi Flegrei, allo scopo di poterla successivamente immettere in altri laghi e adoperarla in una forma di lotta biologica contro la malaria. I primi risultati della ricerca vennero pubblicati nel 1906 (La profilassi biologica contro la malaria, in Atti del R. Istituto di Incoraggiamento di Napoli , 3[6], pp. 3-6); altre pubblicazioni sono datate 1913 (Per una possibile naturalizzazione di axolotl nelle nostre acque dolci, in Bollettino Società Naturalistica di Napoli, 29, pp. 13-15; Notizie intorno agli axolotl dell’Istituto Zoologico della R. Università di Napoli, Rendiconti dell’Accademia Scienze fisiche e matematiche di Napoli, 19 [6-10]). Furono depositate agli Astroni per esempio, 300 larve nel maggio 1912 e poi ancora un migliaio il 5 giugno 1913 ma i piccoli anfibi non resistevano alle temperature invernali della zona.
Nella stessa area degli Astroni, geologicamente particolare, si studiava ogni specie di vertebrati e invertebrati e Monticelli vi raccolse negli anni una gran quantità di dati, poi pubblicati in varie monografie e articoli (La fauna del lago-stagno craterico degli Astroni, Monitore Zoologico Italiano, 21 [11-12], 1911; La fauna degli Astroni. Il cratere degli Astroni nella Campania, in Annuario Museo zoologico R. Università Napoli, Suppl. 1, 1914, pp. 18-21; Di una mofeta nel cratere degli Astroni e della fauna che vi si rinviene, Rendiconti dell’Accademia Scienze fisiche e matematiche di Napoli, 16,1916).
Fu anche un attento studioso degli zoologi napoletani e un appassionato divulgatore delle loro opere. Si deve a lui e ai suoi collaboratori Umberto Pierantoni e Antonio Della Valle, per esempio, la pubblicazione dei lavori del naturalista napoletano Filippo Cavolini (1756-1810).
Monticelli fu, nel 1902, uno dei fondatori dell’Unione zoologica italiana, di cui fu poi più volte segretario e, negli ultimi anni, presidente. Lo scopo dell’istituzione era quello di unire tutti gli zoologi italiani perché affrontassero insieme le questioni scientifiche e i problemi scolastici più importanti. Fu fondatore e direttore dell’Archivio zoologico, una pubblicazione ricca di tavole a colori e in bianco e nero, da lui stesso curata fin nei minimi dettagli. Fu anche un socio molto attivo e partecipe della Società dei naturalisti di Napoli, sul cui Bollettino pubblicò 52 lavori fra memorie e note; vi tenne inoltre numerose conferenze e comunicazioni scientifiche e ricoprì tutti gli incarichi sociali: cassiere, revisore dei conti, segretario e presidente. Sempre nel 1902, impegnato a diffondere l’insegnamento delle scienze naturali nelle scuole medie, contribuì alla compilazione di una petizione inviata al ministro della Pubblica istruzione affinché le scienze naturali ottenessero maggiore spazio nei ginnasi e nei licei. Propose anche, nelle assemblee della Società del 1° luglio 1917 e del 30 Marzo 1919, l’istituzione di un esame di Stato per i vari gradi di scuola.
Nel 1915, per suo volere, la Società dei naturalisti intraprese una battaglia per rendere ente di ricerca italiano la Stazione zoologica fondata nel 1872 dal tedesco Anton Dohrn e diretta fino all’entrata dell’Italia in guerra da suo figlio Reinhard. Quando dovette lasciare Napoli con i suoi assistenti tedeschi, Reinhard Dohrn nominò direttore Federico Raffaele, professore dell’Università di Napoli, già assistente alla Stazione, ma questa, considerata proprietà privata di un cittadino tedesco, venne messa sotto controllo nazionale e la sua direzione fu affidata nello stesso 1915 a Monticelli, che era stato amico di Anton Dohrn e assiduo frequentatore dei laboratori della Stazione, per le ricerche condotte con Salvatore Lo Bianco, nato scientificamente con Dohrn alla Stazione. In una vasca dell’acquario, fra l’altro, alla ricerca di forme intermedie di vita, nel 1892 a Monticelli aveva trovato un organismo, circondato di mesenchima, che aveva denominato Treptoplax reptans (Rendiconti R. Accademia dei Lincei, IL [1893], pp. 39-40). Nel 1916 la Stazione zoologica fu solennemente inaugurata come istituto Italiano, sotto la responsabilità di un comitato nazionale. Alla fine della guerra Benedetto Croce, ministro della Pubblica istruzione, volle però che ritornasse sotto la responsabilità della famiglia Dohrn e nel 1923 lo status legale della Stazione venne ridefinito come ente morale (istituzione semiprivata) sotto la sorveglianza del Ministero. Monticelli ne rimase direttore fino all’anno successivo. Negli stessi anni della sua direzione Pierantoni, uno dei suoi più stretti e valenti collaboratori scientifici, fu a capo del dipartimento zoologico della Stazione.
Oltre a dirigerne l’attività scientifica, riuscì a rimettere in sesto le finanze della Stazione, che con la guerra aveva perso molti dei suoi finanziamenti internazionali. Ottenne sussidi dal Banco di Napoli, dal Municipio, dal Real comitato talassografico, dalla Società italiana per il progresso delle scienze e dallo stesso governo italiano, per un totale di circa mezzo milione di lire. Le vasche dell’acquario furono risistemate e vennero allestite due sale dove esporre gli animali marini preparati dal personale della Stazione formato all’eccellente scuola di Lo Bianco, continuando così la tradizione delle preparazioni di flora e fauna marina vendute alle scuole e ad altre istituzioni scientifiche. Una cura particolare Monticelli ebbe per la biblioteca, che fece completare delle collezioni interrotte nel periodo bellico. Iniziò inoltre le Pubblicazioni della Stazione Zoologica in italiano, in sostituzione delle Mittheilungen, e fece continuare la serie delle famose monografie con il titolo di Fauna e flora del Golfo di Napoli.
Fu anche direttore dell’Istituto di antropologia, cavaliere della Legion d’onore, membro della Commissione internazionale per la nomenclatura zoologica e della Commissione internazionale per la parassitologia.
Morì a Napoli il 15 novembre 1927.
Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio della Stazione zoologica Anton Dohrn, schede: F.S. M., S. Lo Bianco; U. Pierantoni, F.S. M., 5 settembre 1863 -15 novembre 1927, Napoli 1928 (estratto da Archivio zoologico italiano, XII); G. Zirpolo, F.S.M.- Commemorazione, ibid.1930; N. Maio, O. Picariello, G. Scillitani, Storia e vicissitudini del Museo zoologico dell’Università di Napoli Federico II, in Museologia scientifica, XII (1995), 3-4, pp. 189-225; V. Botte, G. Scillitani, Il Museo zoologico, in I Musei scientifici dell’Università di Napoli Federico II, a cura di A. Fratta, Napoli 1999, pp. 189-225; B. Fantini, La storia della Stazione zoologica Anton Dohrn. Una introduzione, ibid. 2002, pp. 20-21; R. de Sanctis, La nuova scienza a Napoli tra ‘700 e ‘800, Bari-Roma 1986, pp. 141-167.