PIGNATELLI, Francesco
PIGNATELLI, Francesco. – Nacque a Sorrento il 27 marzo 1734 da Ferdinando, dei duchi di Monteleone, e da Lucrezia Pignatelli principessa di Strongoli. Il padre, valente capitano al servizio degli Asburgo, si distinse nella battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734 e con l’ingresso in Napoli di Carlo di Borbone si recò a Vienna, dove soggiornò fino al 1741. Rientrato nel Regno, Francesco, come ultimogenito, fu avviato alla carriera militare. Il 10 agosto 1747 fu arruolato da cadetto nel reggimento delle guardie italiane. Lì, segnalandosi per buoni costumi, ebbe i primi avanzamenti di carriera. Il 5 gennaio 1749 divenne alfiere, l’11 ottobre 1750 secondo tenente e il 21 febbraio 1756 aiutante dragone. Nel 1759 passò nel reggimento di Bari con il grado di sergente maggiore. Nel 1760 il Consiglio di reggenza, per l’opposizione del ministro Bernardo Tanucci, non raggiunse l’accordo per concedergli il grado di tenente colonnello da lui richiesto: con la promozione avrebbe scavalcato ufficiali superiori per anzianità di servizio. L’avanzamento rimase congelato, e di lì a poco apparve inopportuno. In una missiva del 26 ottobre 1762 Tanucci, informando Carlo III dello scandalo dato da Marianna di Sangro, figlia del principe di Fondi e sposa di Domenico Imperiale, rimasta gravida di un ufficiale dell’esercito, riportò la notizia di un «amorazzo» che la giovane avrebbe avuto anche con Pignatelli (Tanucci, 1990, p. 489).
Nel 1764 durante la terribile carestia che colpì Napoli, il governo lo nominò esecutore aggiunto alla Deputazione della salute. Si occupò con zelo delle ispezioni ai forni, dell’igiene delle strade e della gestione dell’emergenza sanitaria dovuta allo scoppio di un’epidemia di vaiolo. Collaborò a istituire un presidio ospedaliero a Posillipo per isolare e curare i malati. Cessata l’emergenza, la promozione fu caldeggiata dallo stesso Tanucci che gli riconobbe indubbi meriti organizzativi. Nel marzo del 1765 ottenne, dunque, il grado di tenente colonnello nel reggimento Messapia e nel 1766 passò colonnello nel reggimento Puglia, nel quale militò fino al 1772.
Gli anni Settanta segnarono la sua rapida ascesa agli alti gradi dell’esercito e nei ranghi di corte. Grazie al favore di Stefano principe di Aci, capitano generale dell’esercito, guadagnò la benevolenza di Ferdinando IV. Il 3 settembre 1771 il re gli affidò la brigata di cadetti che dal 1772 prese il nome di Battaglione real Ferdinando e il 12 aprile 1772 lo promosse suo aiutante di campo con accesso alle stanze reali. L’istituzione del Battaglione, comandato dal sovrano stesso, fu suggerita proprio da Pignatelli con lo scopo di fornire adeguata preparazione militare ai figli degli ufficiali, ma anche di dare uno sbocco professionale ai cadetti della nobiltà. Nel 1774 esso inglobò la preesistente Accademia militare e assunse il titolo di Real accademia militare del battaglione real Ferdinando. Nel 1779 la scuola fu riformata con un nuovo regolamento. Come governatore dell’istituto, che allora assunse il nome di Real collegio fernandiano alla Nunziatella, Pignatelli soprintese alla logistica, all’organizzazione militare e degli studi. Su questo fronte, su sua iniziativa, fu attivata una cattedra di etica che insegnasse i doveri dell’uomo nobile, l’idea dell’onore e della virtù. Restò governatore del collegio anche dopo la riforma che sciolse il Battaglione, nel 1786.
La scuola militare divenne presto fucina di idee massoniche che in quegli anni ricevettero la protezione della stessa regina Maria Carolina. Nel 1775 un editto reale contro i liberi muratori incaricò una giunta di procedere contro i sospetti massoni ad mudum belli. La questione non fu di poco imbarazzo per Pignatelli il cui fratello, Vincenzo, già dal 1763 era affiliato alla loggia degli Zelanti. Francesco imbastì, forse, una falsa persecuzione dei cadetti del Battaglione in odore di massoneria e ne ottenne l’abiura. In realtà nutrì simpatie per i liberi muratori. Anzi nel 1785 il massone Münter Friedrich in visita a Napoli tra le logge presenti in città ne segnalò una fondata da Pignatelli che pare fosse anche affiliato alla loggia progressista parigina delle Nove Sorelle. A ogni modo, quel difficile frangente fu non solo brillantemente superato, ma il 29 maggio 1775 Pignatelli fu promosso maresciallo di campo.
La caduta di Tanucci, nel 1776, e gli orientamenti filoasburgici della regina determinarono nuovi equilibri a corte. Pignatelli seppe guadagnarsi la fiducia di Maria Carolina facendo leva sulla tradizione austriacante della sua ‘casa’. Cementò l’alleanza con il potente ministro John Francis Edward Acton, del quale sostenne le riforme militari e il progetto politico volto ad assicurare al Regno la piena autonomia dal governo di Madrid.
In seguito al terribile terremoto del 1783 che colpì la Calabria, il 15 febbraio Pignatelli fu nominato vicario del re con poteri di alter ego. Raggiunse in breve le zone terremotate portando con sé diversi ufficiali della Nunziatella e stabilì il suo quartier generale nei pressi di Monteleone. Da lì organizzò il soccorso delle popolazioni e la tutela dell’ordine pubblico, minacciato da banditi e fuorilegge. Le condizioni nelle quali gli ufficiali del vicario operarono non furono facili. Essi più volte denunziarono lo stato di oppressione e di miseria in cui versavano le popolazioni per la rapacità di feudatari e notabili locali. L’azione tempestiva di Pignatelli ottenne il plauso del sovrano, che il 29 maggio 1783 lo gratificò con il grado di tenente generale e il privilegio di conservare la paga di colonnello del Battaglione real Ferdinando. Gli fu poi concesso il rilascio di diverse somme di danaro in segno della benevolenza reale.
La Calabria divenne un vero e proprio banco di prova per le riforme. Con dispaccio del 29 maggio 1784 furono soppressi tutti i monasteri e i conventi con meno di dodici individui. Il 4 giugno fu istituita la Cassa sacra per amministrare i beni incamerati, affidata a una giunta con sede a Catanzaro la cui presidenza fu assegnata a Vincenzo Pignatelli. Una Suprema giunta di corrispondenza a Napoli – che fino al 10 settembre 1787 fu presieduta dallo stesso vicario – fu incaricata di dirimere eventuali controversie. Con l’intento di ridisegnare i rapporti di forza con la feudalità locale e favorire le riforme, la giunta di corrispondenza nel 1785 chiamò molti baroni a provare la legittimità dei propri diritti. Questo provocò la violenta reazione della nobiltà, ma anche la resistenza delle popolazioni, che la percepirono come un’intromissione nelle loro consuetudini e nelle loro tradizioni. L’atteggiamento brusco degli ufficiali nel procedere a requisizioni e confische sollevò, infine, aspre critiche che valsero a Pignatelli e ai suoi uomini l’accusa di ‘vampirismo’.
Mantenne l’incarico di vicario fino al 1787. Rientrato nel frattempo nella capitale, nell’ottobre del 1785 gli fu affidata una delicata missione diplomatica in Spagna con lo scopo di vincere l’ostilità di Carlo III verso la politica indipendente di Napoli e dirimere le controversie tra i due Stati. Sulla missione gettò discredito un memoriale anonimo pervenuto a Madrid e redatto in ambienti nobiliari ostili ad Acton che rammentò al sovrano gli abusi commessi da Pignatelli in Calabria.
Rientrato a Napoli a metà dicembre 1785, il re lo ricompensò con la nomina a cavaliere dell’Ordine di S. Gennaro. Il suo prestigio apparve tutto in ascesa. Il 24 aprile 1786, in una missiva al conte di Floridablanca, il corriere di gabinetto spagnolo Francisco Javier Gomez lo definì membro di un triumvirato – composto anche da Acton e Nicola Vivenzio – che, conquistato il favore della regina, «han tolta la Corona di testa al Ré» (Rao, 1987, p. 650).
Con l’ascesa di Acton alla segreteria di Stato, nel 1789, Pignatelli continuò a ricevere prestigiosi incarichi. Nel 1790 divenne presidente dell’Udienza generale dell’esercito; nel 1793 tenente generale e comandante della truppa di guarnigione nella capitale; nel 1796 assunse il comando della provincia di Terra di Lavoro e delle altre province del Regno; infine il 30 settembre 1797 fu promosso capitano generale dei reali eserciti. Dal 1798, destituito Luigi Medici, assunse anche l’incarico di luogotenente di polizia della capitale.
Non più giovane, il 7 ottobre 1792 sposò Maria Giuseppa de Cardenas, contessa di Acerra e marchesa di Laino.
Gli anni Novanta videro nel Regno l’acuirsi e il precipitare di una crisi politica divenuta inarrestabile con il fallimento delle riforme e il diffondersi del giacobinismo. Il coinvolgimento dei quattro nipoti, Ferdinando, Mario, Francesco e Vincenzo, figli del defunto fratello Salvatore, nei progetti rivoluzionari segnò un solco incolmabile in seno alla famiglia.
Nel dicembre del 1798, sconfitto l’esercito napoletano e approssimandosi l’invasione del Regno da parte dei francesi, il re fuggì a Palermo con il danaro dei banchi pubblici. Il 23 dicembre 1798 Pignatelli fu nominato vicario del Regno con il compito di organizzare la difesa. Incapace di incanalare la violenza dei lazzari in un’azione di resistenza da lui guidata ed esautorato dagli Eletti della città, stipulò con i francesi un armistizio a Sparanise. Il 16 gennaio 1799 si imbarcò in segreto per Palermo sulla paranza di Luigi Luciano. Il suo comportamento fu disapprovato dai sovrani e, giunto in Sicilia, venne arrestato e solo in seguito perdonato e riammesso a corte.
Caduta la Repubblica napoletana, nel giugno del 1799, rientrò in possesso dei numerosi benefici economici che gli erano stati concessi dal sovrano, ma il 31 marzo 1802, dopo 54 anni di servizio, chiese e ottenne il ritiro dall’esercito.
Pignatelli continuò a vivere a Napoli e durante il regno di Giuseppe Bonaparte, nel maggio 1807, ordì una congiura filoborbonica che fu sventata. Incarcerato, fu graziato forse per intercessione del nipote Francesco e liberato il 24 luglio 1807.
Partì per Palermo, dove morì l’11 ottobre 1812.
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