PENNISI, Francesco
PENNISI, Francesco. – Nacque ad Acireale (Catania) l’11 febbraio 1934 da Agostino e da Agata Francica-Nava, in una famiglia aristocratica.
La formazione intellettuale si compì nel milieu familiare, aperto su una cultura di respiro europeo; in musica Pennisi si formò invece da autodidatta, in un contesto musicale provinciale. Nel 1953 si trasferì a Roma, dove sposò la psicologa Laura Pelizzola; qui studiò composizione con Robert Mann, compositore statunitense allievo di Goffredo Petrassi, e sviluppò un intenso sodalizio con artisti quali Franco Evangelisti, Domenico Guaccero, Egisto Macchi e il conterraneo Aldo Clementi. Con costoro, nel 1961, fu tra i fondatori dell’associazione Nuova Consonanza; non frequentò però mai i Ferienkurse a Darmstadt e si tenne ai margini del dibattito coevo, in una posizione di disincantata ‘distanza’. L’esordio di Pennisi avvenne a Palermo il 2 ottobre 1962 nella III Settimana internazionale di nuova musica con L’anima e i prestigi per contralto e cinque strumenti, su una lirica dei Canti barocchi di Lucio Piccolo; la scrittura spoglia e scarnificata, ai limiti dell’afasia, avrebbe contraddistinto anche le composizioni successive, da Fossile per baritono e otto esecutori (dai Four Quartets di Thomas Stearns Eliot; 1966), alla provocazione aleatoria di A tempo comodo: per metronomo e da 2 a 4 esecutori con strumenti diversi (1970). L’esito più significativo di questa fase giovanile fu la prima prova teatrale di Pennisi, Sylvia simplex (Scena per un conferenziere, soprano, orchestra da camera, proiezioni diafotografiche e cinematografiche, Venezia, La Biennale, 10 settembre 1972), spettacolo composito ed eterogeneo, basato sull’assemblaggio, scompaginato ad arte, dei diversi codici (testo musica immagini), tutti concepiti e realizzati dallo stesso compositore.
La definizione di uno stile musicale personale si ebbe con La lune offensée per orchestra (1970-71) e Serena: due canzoni su testi francesi di Nemi D’Agostino, per soprano, flauto, pianoforte preparato e contrabbasso (1973). Il ricorso al pianoforte preparato, appreso da John Cage, coagulò l’interesse del musicista per la fascinazione timbrica e rivivificò l’attenzione per la scrittura orchestrale. Con i brani per orchestra (spesso con strumento solista) Pennisi si volse a forme musicali più ampie, concepite come libero assemblaggio di frammenti e contrassegnate da percorsi alogici e indeterminati, non immemori di Debussy; retaggio di Webern è invece il rigoroso trattamento dei singoli frammenti – costruiti su ‘campi armonici’ differenziati (denominati ‘gabbie’), variabili per ampiezza e densità della tessitura – e l’adozione della ‘variazione continua’, che procura un’estrema mobilità nel tessuto intervallare. Tali tratti stilistici si riscontrano anche nelle composizioni da camera, esemplate dallo straordinario Carteggio, raccolta di sette brani per flauto, violoncello e clavicembalo «soli e insieme in diverse combinazioni» (1974-79). La versione teatralizzata del ciclo (Milano, Piccola Scala, 14 febbraio 1981) fu corredata da un florilegio di racconti e disegni che esibivano le attitudini letterarie e grafico-pittoriche del musicista; di tali passioni danno testimonianza – oltre l’estesa produzione di dipinti e disegni – l’itinerario figurativo di Deragliamento (Roma 1984) e i preziosi testi autobiografici dei Paesaggi di memoria inattendibile (Valverde 1994), abbinati a raffinate riproduzioni di acquerelli. Copiosi sono poi i riferimenti letterari nella vasta produzione vocale di Pennisi. Tra gli esiti più alti vanno annoverati Aci, il fiume: cinque musiche per una favola antica per 2 soprani, baritono o tenore e orchestra da camera, su frammenti da Ovidio e Góngora (1986), e L’ape iblea: elegia per Noto per soprano, voci narranti e orchestra, testo di Vincenzo Consolo (1998): vi compare un tema – la caduta della luna quale emblema del ‘tramonto della civiltà’ – che nella produzione di Pennisi s’impone come vera e propria immagine archetipica. Su di esso è imperniata la terza opera teatrale, quasi una summa della sua poetica: L’esequie della luna: una narrazione fantastica di Roberto Andò da Lucio Piccolo (Gibellina 1991), in cui la creazione di un paesaggio sonoro visionario ed étrange è sostenuta da una tensione ‘ornamentale’ (dettata dal ricorso a trilli, mordenti, acciaccature, tremoli e glissandi) che rivela l’intima adesione di Pennisi a un immaginario artistico di ascendenza barocca. Nell’ultima opera teatrale, Tristan: studio per una azione musicale sul Play modelled on the Nohdi Ezra Pound (Venezia 1995), ispirata alla drammaturgia statica e allusiva del teatro Nō, il musicista si attenne alla teatralità discontinua e disarticolata delle Esequie della luna, superandone tuttavia l’esasperazione decorativa, in direzione di una nuova stringatezza strutturale e di una sonorità più disadorna ed essenziale, e approfondendo i temi a lui cari della memoria e dell’enigma.
Pennisi morì a Roma l’8 ottobre 2000.
Le sue opere sono edite da Ricordi e Suvini-Zerboni; i manoscritti autografi, la corrispondenza e altro materiale documentario sono stati donati dalla moglie alla biblioteca dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia.
Oltre alle opere citate si ricordano, per il teatro musicale Descrizione dell’isola Ferdinandea: scena in 7 quadri su testo dell’autore (con citazioni da Baudelaire e Ferdinando Gravina di Palagonia), Roma 1982. Musiche di scena per le Orestiadi di Gibellina (Eschilo): Agamennone, 1983; Le Coefore, 1984; Le Eumenidi, 1985; musiche di scena per La foresta-radice-labirinto (Italo Calvino), Roma 1987. Composizioni vocali: Era la notte: canzone su dieci versi del Tasso, per soprano, clavicembalo e orchestra (1982); Sei versi del Foscolo da Saffo, per soprano e quartetto d’archi (1991); Medea dixit, per soprano e 8 strumenti su un frammento da Ovidio (1993); Altro effetto di luna, per voce e gruppo strumentale su testo di Eugenio Montale (1996); La pietà, per voce di soprano e 7 strumenti su una lirica di Alda Merini (1998); Nox erat: melologo su frammenti dal quarto libro dell’Eneide di Virgilio (2000). Composizioni per orchestra: Hymn (1963); Gläserner Tag (1978); Memorie e varianti (1980); Una cartolina da Selim (Omaggio a Mozart) (1991). Composizioni per strumento solista e orchestra: Capricci e cadenze, per clavicembalo e orchestra (1979); La partenza di Tisias, per viola e orchestra (1979); Arioso mobile, per flauto/ottavino e orchestra (1981); Eclisse a Fleri: poema per flauto contralto/flauto basso e orchestra (1985); Intonazione per foresta ariostea, per tromba e orchestra con voce recitante su testo dell’Ariosto (1989); Angelica in bosco: poemetto per arpa e orchestra (1990); Scena, per flauto e orchestra (1997). Musica da camera: Choralis cum figuris, per 9 strumenti (1968); Hortus fragilis, per ensemble strumentale (1976); Madame Récamier: due capricci per arpa (1978); Acanthis, per flauto e pianoforte (1981); Due canzoni natalizie etnee trascritte dalla memoria, per 11 strumenti (1982-83); Dal manoscritto Sloan, per chitarra e clavicembalo o pianoforte (1988); Tre pezzi per clarinetto, viola e pianoforte (1990); Se appare il dubbio, per 5 strumenti (1996); Cartolina dall’ombra del faggio, per 8 strumenti (1998).
Scritti: Su Questo di Franco Donatoni, in Lo spettatore musicale, V (1970), p. 16; Per Sylvia. Stralcio di conversazione di Nemi D’Agostino e Francesco Pennisi, in Lo spettatore musicale, VII (1972), 5, pp. 18 s.; Frammento di conversazione fra XY e Francesco Pennisi, in Autobiografia della musica contemporanea, a cura di M. Mollia, Roma 1979, pp. 175 s.; Trans, neo, proto, post…, in La Musica, I (1985), 1, p. 3; Divagazioni sull’inchiostro di china, ibid., 3, pp. 9 s.; Postfazione a tre partiture, in Labirinti, III (1990), pp. 28 s.; Dido come mito musicale, ibid., p. 66; Minima memoralia, in D. Tortora, Nuova Consonanza. Trent’anni di musica contemporanea in Italia, Lucca 1990, pp. 180-184; In margine e a proposito, in Orestiadi di Gibellina. Musica, Milano 1991, pp. 63 s.; Cronache dall’esordio, in Avidi lumi, III (2000), 8, pp. 26-32. Altri testi letterari e figurativi: Da un album di famiglia, Acireale 1991; In margine al pentagramma, Palermo 2001.
Fonti e Bibl.: P.E. Carapezza, F. P., Hymn (per orchestra). Roma 1963, in Collage, III (1965), 5, p. 99; M. Messinis, Per F. P., in Acquario, III (1984), 5, p. 69; S.E. Failla, Miniature e labirinti, ibid., pp. 70-78; S. Ragni, La ‘Descrizione dell’Isola Ferdinandea’ di F. P., in Annali dell’Università per stranieri, 1990, pp. 179-196; D. Oliveri, Il canto e la memoria. Due analisi, in Memus, 1995, pp. 98-116; F. P., a cura di G. Seminara, n. monografico di Archivio. Musiche del XX secolo, 1992; G. Seminara, Omaggio a F. P., Milano 1994; Due maestri italiani del Novecento: Franco Donatoni e F. P., a cura di G. Moroni, Ancona 2002 (in partic. G. Seminara, Riflessioni sulla poetica di F. P., pp. 61-74; M. Ferrante, Classicismo e modernità nel raffinato ‘emporio’ di F. P., pp. 75-104); S. Procaccioli, I versi di Andrea Zanzotto ne L’esequie della luna di F. P., in Andrea Zanzotto tra musica, cinema e poesia, a cura di R. Calabretto, Verona 2005, pp. 87-111; G. Seminara, Da Sylvia Simplex a L’esequie della luna. Drammaturgia musicale di F. P., in Il Saggiatore musicale, XIV (2007), pp. 97-131; Per F. P.: atti degli Incontri di Studio…, Catania… 2003, a cura di G. Seminara - L.M. Ugolini, Lucca 2007; Il dubbio che vibra. F. P. e il teatro musicale, a cura di A. Mastropietro, Lucca 2014.