LUPINO, Francesco
Nacque ad Ancona intorno al 1500.
Sia nel frontespizio dell'unica sua opera monografica a stampa, sia in altre fonti documentarie è detto infatti "anconitano".
La sua carriera ecclesiastica e musicale si svolse in alcune fra le più importanti chiese e cappelle musicali delle Marche: Fano, Loreto e Urbino.
La prima presenza del L. è stata finora registrata a Fano: nei documenti ivi rinvenuti è detto ora "de Arimino" ora "Anconitanus", benché si tratti sempre della stessa persona; ciò può far pensare a un precedente periodo da lui trascorso a Rimini, sebbene tale ipotesi difetti ancora di un riscontro positivo. Il 1( apr. 1532, a Fano, conseguì la nomina a canonico soprannumerario del duomo, confermata il 20 settembre successivo, con il compito di intervenire in coro per intonare il "canto piano" e insegnarlo agli ecclesiastici.
Al brevissimo periodo fanese fece seguito quello lauretano: anzi, per poco meno di un mese, i due diversi incarichi - almeno formalmente - si sovrapposero. Nella prestigiosa cappella di fondazione pontificia il L. fu dapprima cantore (non si conosce però il ruolo vocale da lui sostenuto), dal 1( sett. 1532 al 15 ott. 1533, con la paga annua di 50 fiorini; poi, dal 1534, maestro di cappella e maestro di canto del clero, in quest'ultimo incarico coadiuvato, per il solo 1535, dal chierico Bellino da Ravenna. Con l'elezione a maestro, il suo stipendio annuo scese a 20 fiorini, il che si può spiegare solo con la contemporanea assunzione da parte del L. di qualche beneficio ecclesiastico: G. Tebaldini scrive, senza però indicare la fonte da cui ricava la notizia, che il L. fu "mansionario e canonico della collegiata [di Loreto]" (pp. 84 s.). Rimase a Loreto come maestro fino al 24 sett. 1540, quando decise di ritornare a Fano, evidentemente perché gli fu proposta la nomina a canonico effettivo di quella cattedrale, che seguì il 30 ott. 1540. Nel duomo fanese, dunque, ricoprì nuovamente l'incarico di moderatore del canto ecclesiastico e, con ogni probabilità, anche quello di maestro di cappella fino a quasi tutto il 1543.
Stando alla testimonianza di Ligi, sarebbe poi stato chiamato a Urbino dal duca Guidubaldo II Della Rovere, il quale, anche in altre successive occasioni, volle dimostrargli la sua stima. Comunque siano andate le cose, nell'aprile del 1544 il L. risulta già a capo della cappella del Ss. Sacramento, istituzione preposta al servizio musicale nel duomo urbinate. Alla sua direzione il L. rimase almeno fino al 30 giugno 1553, se non addirittura fino alla nomina di don Cesare Schieti, suo effettivo successore nel 1555, che Radiciotti definisce anche "suo degno scolaro" (1891).
Lasciati gli incarichi musicali, il L. continuò comunque a risiedere a Urbino, appartenente al clero locale: nel 1563 fu eletto canonico della metropolitana urbinate, ruolo dal quale - sempre secondo Ligi - si sarebbe dimesso nel 1573 in virtù dell'età avanzata; l'unica cosa certa, però, è che la sua presenza nel corpo canonicale è documentata fino all'agosto del 1572.
Il L. morì in quest'ultimo anno, o poco tempo dopo, probabilmente a Urbino, anche se negli archivi della città non è stato rinvenuto il suo atto di morte.
Le composizioni del L. pervenuteci appartengono tutte alla sfera sacra: 24 mottetti raccolti in Il Primo Libro di motetti a quatro [sic] voci (Venezia, A. Gardano, 1549; cfr. Répertoire int. des sources musicales [RISM], s. A/1, Einzeldrucke vor 1800, V, p. 377 [L.3090]), dedicato al cardinale Giulio Feltrio Della Rovere, fratello del duca Guidubaldo II; esso si conclude con la messa Hec [sic] est Regina, a 4 voci (ma con un Benedicamus Domino a 6 voci), la cui presenza non si rileva dal frontespizio della raccolta, che rappresenta l'unica messa del L. conosciuta. Cinque mottetti di questo libro furono variamente ristampati a distanza di pochi anni all'interno di alcune antologie mottettistiche pubblicate a Norimberga e a Ginevra fra il 1554 e il 1556, contenenti composizioni di celebri autori, soprattutto transalpini (cfr. RISM, B/1, Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, I, p. 199: 1554/10; p. 206: 1555/10-11; p. 213: 1556/11). In particolare, nella raccolta Septimus liber modulorum( a quibusvis celeberrimis authoribus excerptus (Ginevra, S. Du Bosc, 1556), sono di dubbia attribuzione i due mottetti a 5 voci Dum fabricator mundi e Aperto ergo, che non trovano riscontro nel suo primo libro e risultano contraddittoriamente ascritti - nei singoli libri-parte - sia al L., sia a un non meglio identificato "Lupi". Anche la tradizione manoscritta ci trasmette alcuni mottetti a stampa del primo libro del L. in copie tutt'oggi esistenti presso la Bischöfliche Zentralbibliothek di Ratisbona, provenienti da quella che un tempo fu la collezione del musicologo tedesco C. Proske, e nella Biblioteca capitolare del duomo di Treviso: qui altre composizioni del L. erano contenute in codici manoscritti andati perduti con i bombardamenti della seconda guerra mondiale (se ne ha conoscenza non solo attraverso un catalogo ottocentesco, ma anche grazie ai microfilm di alcuni brani realizzati prima della distruzione dei codici dai musicologi L. Feininger e K. Jeppesen). Si segnala inoltre, ma di dubbia attribuzione, un Magnificat a 8 voci manoscritto, contenuto in un codice miscellaneo di musica sacra del secolo XVI (Gubbio, Biblioteca capitolare, Mus., 1, n. 18); questa composizione, testualmente indicata dall'amanuense come di un certo - e, comunque, non altrimenti noto - "Lupin", viene senz'altro attribuita al L. da Maria Cecilia Clementi (va notato che la stessa indicazione di autore si ha anche in un Pange lingua della Biblioteca capitolare di Treviso, musicato solo nelle strofe pari, che è tra i brani manoscritti salvati dalla riproduzione di L. Feininger).
L'esistenza, tra i mottetti del primo libro del L., di uno dedicato ai santi protettori di Ancona (Ciriaco, Marcellino e Liberio) ha offerto ad A. Gozzi lo spunto per avanzare l'ipotesi che il musicista possa essere stato attivo, forse nel primo periodo della sua carriera, anche nel duomo della città natale. Tale congettura difficilmente potrà essere suffragata da prove documentarie, giacché l'archivio del duomo anconetano è andato in gran parte distrutto durante l'ultima guerra; inoltre non si può escludere del tutto l'occasionalità della composizione.
La considerazione di cui il L. godeva nell'ambiente musicale contemporaneo è dimostrata da una sua lettera autografa - unica testimonianza superstite di un carteggio certamente più ampio - conservata all'interno di una raccolta di lettere di vari teorici musicali dell'epoca, che fa capo al prete musicista veneziano Giovanni Del Lago. La lettera, datata Fano 24 apr. 1541, è contenuta in un composito manoscritto assemblato da Del Lago, oggi conservato presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat., 5318: Epistole composte in lingua volgare(, c. 186r), già ampiamente studiato; essa non verte su uno specifico problema teorico-musicale, ma sta comunque a dimostrare la conoscenza tra i due e il reciproco scambio di materiali musicali. Il L., nel ringraziare Del Lago per aver ricevuto "quella bella opera di musicha, la quale m'è stata tanto grata quanto si pol dir al mondo, et dogliomi che al presente non ho di podervi rimeritar di tanto dono", chiede nel contempo di mandargli pure "quella altra [opera], che pur assai ve ne prego" (ibid.); una delle due opere deve identificarsi con il trattato allora recentemente dato alle stampe da Del Lago, Breve introduttione di musica misurata (Venezia, B. e O. Scoti, 1540).
Altre attestazioni di stima verso il L. sono offerte dal religioso urbinate Pietro Cinciarino, dell'Ordine del beato Pietro da Pisa, autore di un trattato sul canto piano edito a Venezia nel 1550, pervenuto però in una successiva ristampa. Egli cita il L. come auctoritas della materia in due luoghi del trattato, sempre insieme con altri musici dell'epoca: nell'introduzione, dicendo di essersi "consegliato con diversi padri di molte religioni, e con assai periti e dotti preti, come don Francesco Lupino Canonico e don Antonio Rigon da Ferrara e don Paulo Campara da Mantova, maestri dignissimi de Chierici de i Domi nelle Città sopradette" (Introduttorio abbreviato di musica piana, Venetia, D. Farri, 1555, c. 5r); nel capitolo Del stare in tono, dove pone il L. accanto a Jachet "de Mantua", a proposito di certe pratiche tecnico-esecutive del canto gregoriano così come era allora eseguito: "questa regola si usa in assai Domi et luoghi dove sono valenti huomini massime nel Domo di Mantova, et di questo dice Iachetto huomo molto dotto, et eccellente, et maestro di Capella del detto Domo, et dell'Illustriss. et Reverendiss. Cardinale di detta città, esser stato lui l'inventore, et havendone anco di questo conferito con Don Francesco Lupino in Urbino maestro di Chierici del Domo ello ha confirmato tener il medesimo ordine, il parer de quali certissimamente è infallibile" (ibid., c. 13r).
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