FURINI, Francesco
Nacque a Firenze il 10 apr. 1603 da Filippo di Nicola e da Francesca di Lazzaro Rossi (Corti, 1971, p. 14). Suo padre, formatosi con Domenico Cresti, il Passignano, probabilmente gli insegnò i primi rudimenti della pittura. Il giovane artista continuò l'apprendistato presso il Passignano, come riferisce il Baldinucci (IV, p. 630), o prima presso Cristofano Allori, caro amico del padre, e poi presso il Passignano, come ricorda Domenico Peruzzi, allievo del F. (Barsanti, 1974, 289, p. 81), e infine presso G. Bilivert, la cui scuola aveva sede nella galleria granducale. Qui, secondo la testimonianza del Peruzzi, il F. avrebbe maturato il desiderio di visitare Roma con le sue antichità e studiare da vicino l'opera di Raffaello. Dopo varie richieste, il padre acconsentì al suo trasferimento a Roma, dove si recò nel novembre 1619 (Cantelli, 1972, p. 21; Barsanti, 1974, 291, p. 88). A Roma, stando al Peruzzi (ibid., p. 79), il F. avrebbe frequentato l'atelier di Bartolomeo Manfredi, il più noto caravaggesco dell'epoca, che godeva di notevole prestigio anche presso la corte dei Medici. Il F. sarebbe entrato in contatto anche con Giovanni da San Giovanni venuto a Roma alla metà del 1621 (ibid., p. 89 n. 34), condividendo con lui difficoltà e ristrettezze, e poi aiutandolo nell'esecuzione dell'affresco con il Carro della Notte, commissionato dal cardinale Enzo Bentivoglio per il palazzo di Monte Cavallo, oggi Pallavicini-Rospigliosi (ibid., pp. 82, 89; Baldinucci, IV, pp. 228-234; Zeri, 1952, p. 44; Cantelli, 1972, p. 13). Per il Cantelli (1986, III, p. 94) il F. avrebbe compiuto due viaggi a Roma, uno nel 1619 e l'altro nel 1623-24, quando avrebbe collaborato con Giovanni da San Giovanni. Il F. avrebbe fatto ritorno a Firenze sollecitato dal padre all'età di diciannove anni, come segnala il Peruzzi (Barsanti, 1974, 291, p. 83). Si è ritenuto che la sua presenza nella bottega di Matteo Rosselli, ricordata dal Baldinucci (IV, p. 630), debba collocarsi all'epoca dell'esecuzione degli affreschi nel casino Mediceo, fra 1621 e 1623 (Cantelli, 1986, III, p. 93), dove la partecipazione del medesimo F. è tuttora controversa. Il Peruzzi riporta che il F., appena tornato a Firenze, produsse un'Assunta per una chiesa del Mugello (oggi perduta) e un Gesù crocifisso con s. Pietro, s. Bartolomeo e altri santi (Barsanti, 1974, 291, p. 83), che si è ritenuto di poter individuare dubitativamente nella prima opera certa, firmata e datata 1623 (eseguita all'età di diciannove anni come risulta dall'iscrizione con firma), costituita dalla Crocifissione coi ss. Bartolomeo, Maddalena e Giovanni Battista in S. Bartolomeo a Todiano in Umbria (Toscano, 1989), in cui la formazione fiorentina si avvale di sottili spunti naturalistici di derivazione caravaggesca. Ancora echi caravaggeschi, commisti a citazioni dall'antico e a ricordi da Cristofano Allori, è dato cogliere nell'Aurora e Cefalo (Ponce, Portorico, Museo de arte).
Il quadro sarebbe stato esposto sulla facciata del palazzo dei signori Spini a S. Trinita, alla vigilia della festa di s. Giovanni Battista e acquistato da Alessandro del Nero, stando al Peruzzi che colloca il dipinto nel 1623-24, dopo cioè la morte del padre del F. e prima della commissione per l'Accademia del disegno, che il F. aveva cominciato a eseguire già nel maggio 1624 (Barsanti, 1974, 291, pp. 84 s., 94 n. 60; Gregori, 1989, p. 315).
Una felice unione di elementi fiorentini e romani è stata rilevata nella S. Caterina d'Alessandria (Firenze, Uffizi), la cui precedente attribuzione ad Artemisia Gentileschi aiuta a comprendere la particolare componente caravaggesca nelle prime opere del Furini. La Morte di Adone (Budapest, Szépmüvészeti Muzeum) sarebbe da identificare con quella commissionata dal mercante fiorentino Giovan Battista Baccelli, menzionata dal Baldinucci (IV, p. 630; Stanghellini, 1914, p. 19; Cantelli, 1986, I, p. 268). In quest'opera sussistono connessioni con l'Aurora di Ponce ma sono pure evidenti i legami con le opere del 1626-28, per una più insistita ricerca di una pienezza formale di ascendenza raffaellesca e reniana. In essa sono stati notati influssi di gruppi classici (Menelao, Laocoonte) e riferimenti romani, caravaggeschi e berniniani (Barsanti, 1974, 294, pp. 63 s., con datazione al 1628 circa). La tela con LaPittura e la Poesia (Firenze, Galleria Palatina), firmata e datata 1626 (Cantelli, 1986, I, p. 264), già iniziata nel maggio 1624 per onorare s. Luca, patrono dell'Accademia fiorentina del disegno (Corti, 1971, p. 14), gli valse, sebbene ancora solo in abbozzo, l'ingresso nell'Accademia stessa il 18 ott. 1625 (ibid.). L'opera testimonia il cambio di stile del F., un sottile preannuncio della maniera matura che porterà a perfezione l'ideale poetico di figure ben tornite dal morbido e sensuale incarnato. La nuova tendenza è confermata dalla Gloria di casa Salviati (Firenze, collezione Salviati), eseguita e pagata nel 1628 (ibid.; Cantelli, 1986, I, p. 270). Il F. realizzò in maniera sciolta e briosa alcuni monocromi con episodi della Vita di Michelangelo nella Galleria di Casa Buonarroti (Toesca, 1950, p. 16; Procacci, 1965, pp. 16, 36 n. 56, con documentazione per il 1627-28). Nell'aprile del 1629 è attestata la presenza del F. a Venezia (Barsanti, 1974, 291, p. 87). Tutta la critica ha sottolineato l'importanza dello stimolo esercitato dall'ambiente pittorico lagunare sullo sviluppo successivo dello stile del F., senza nulla togliere all'influenza di altri modelli, a partire da Andrea del Sarto per finire con il Correggio e Leonardo, la cui tecnica dello sfumato molto dovette impressionare il F., che del resto possedeva una copia del Trattato della pittura di Leonardo, con disegni illustrativi di mano del F. stesso (Modena, Biblioteca Estense). Il quarto decennio rappresenta la consacrazione della fama del F. nell'ambiente fiorentino, specialmente tra le famiglie nobili. Nel maggio 1631 gli è pagata un'Allegoria dell'Aurora affrescata per il marchese Gabriello Riccardi nel casino di Gualfonda (Mannini, 1979).
Una lunetta gli è attribuita sul portale di casa Chiavacci a Sesto Fiorentino (ibid. p. 49). Nell'aprile 1631 ricevette pagamenti sempre dai Riccardi per una Deianira rapita da Nesso, dubitativamente identificata con il dipinto della Galleria Corsini di Firenze (Barsanti, 1989), benché talvolta ritenuto eseguito anteriormente. Tra il 1631 e il 1632 altri versamenti al F. sono annotati nei conti di Agnolo Galli, senza che vengano menzionate opere rintracciabili (ibid.). È nota la provenienza Galli dell'Aci e Galatea (Monaco, Alte Pinakothek) e dell'Ila e le ninfe (Firenze, Galleria Palatina). Si è ipotizzato ultimamente (ibid.) che le due tele possano rientrare nel novero dei pagamenti suddetti (l'Aci e Galatea è talora ritenuta opera anteriore: Cantelli, 1983, p. 89). L'Ila e le ninfe è stato ammirato per la bellezza statuaria dei corpi, morbidamente modellati; fattura delicata e sfumata che andrà sempre più accentuandosi nel prosieguo della pittura furiniana. Il Baldinucci (IV, p. 631) dopo l'Ila Galli accenna al quadro di Adamo ed Eva, che al suo tempo stava nel palazzo del marchese Pier Antonio Gerini, poi passato nelle collezioni granducali (Firenze, Galleria Palatina). Nel 1633 il F. ricevette la prioria di S. Ansano presso Borgo San Lorenzo nel Mugello (Corti, 1971, pp. 19, 23). Fattosi prete, come egli diceva, stando al Baldinucci (IV, pp. 634 s.), "per poter in una quasi solitudine attendere agli studi dell'arte sua, e molto più allontanarsi dalle occasioni del mondo", o anche per motivi economici (Stanghellini, 1914, p. 31), continuò a ricevere incarichi di prestigio e a frequentare la nobiltà fiorentina. Il Baldinucci (IV, p. 637) narra che fu "obbligato con dolce violenza" a stare nella villa di Petraia presso don Lorenzo dei Medici, per cui eseguì un Parto di Rachele (1632-33: Mannini, 1979, p. 56), adesso a Monaco, castello di Schleissheim, e le Tre Grazie, entrambi donati al marchese Ferdinando Ridolfi. Il Parto di Rachele risulta effettivamente donato nel 1644; non si hanno notizie invece dell'altro dipinto (su cui si veda Cantelli, 1972, pp. 23 s.). Dipinse pure opere di soggetto sacro: la Madonna del Rosario (1634, Empoli, S. Stefano: Giglioli, 1906); un'anta per la badia fiorentina del 1635 (Barsanti, 1989); l'Annunciazione (1635, Faltona, Pieve di S. Lucia: ibid.); e una Crocifissione più tarda (Contini, 1986, p. 65). Lot e le figlie (Madrid, Museo del Prado), di cui si è proposta una datazione dopo il 1634 per la vicinanza alla Madonna del Rosario di Empoli (Cantelli, 1972, p. 31 n. 18), fu donato nel dicembre 1649 dal granduca di Toscana Ferdinando II a Filippo IV di Spagna, in occasione del suo matrimonio (Harris, 1970).
Alcuni hanno ritenuto che il quadro sia stato commissionato dal granduca stesso (Baldinucci, IV, p. 637; Cantelli, 1986, I, p. 272); mentre una lettera del 1645 (Corti, 1971, p. 16) lo segnala di proprietà del "principe", identificato con don Lorenzo (ibid.; Barsanti, 1989, p. 748). In Lot e le figlie risalta la figura femminile colta di spalle e la si ritrova con varianti nelle Tre Grazie (San Pietroburgo, Ermitage), nella Temperanza (Ponce, Museo de arte) e per certi versi anche nella S. Lucia della Galleria Spada, datata al periodo tardo (Toesca, 1950, p. 21), ma ultimamente collocata nei primi anni Trenta (Cantelli, 1980, p. 154; Barsanti, 1989, p. 748).
Altre tele di piccolo formato, di una inquietante sensualità, sono la Fede (Firenze, Galleria Palatina) e l'Arciere-Apollo (New York, Columbia University). Prossimo all'Arciere-Apollo è il S. Giovanni Evangelista (Lyon, Musée des beaux-arts), che si è voluto identificare con il S. Giovanni Evangelista eseguito per il marchese Giulio Vitelli (Cantelli, 1986, I, p. 274) e che era custodito insieme con molti altri dipinti del F. nel palazzo Vitelli di via del Renaio a Firenze (Baldinucci, IV, p. 638). È stata notata l'affinità fisionomica del S. Giovanni con l'Arciere-Apollo per aver usato il F. un medesimo modello che fu utilizzato anche per il S. Sebastiano e per La Poesia, entrambi nella National Gallery di Edimburgo (Cantelli, 1986, I, pp. 274 s., con datazione intorno al 1635-36). Leggermente più tarda la bella e tenebrosa Giuditta di collezione privata (ibid., p. 277). La Giuditta che taglia la testa di Oloferne della Galleria nazionale di arte antica di Roma conferma l'affiancamento degli studi dal naturale agli esempi della scultura. Qui la posa della Giuditta sembra ripetere il gesto del Marte bronzeo del Giambologna (Pizzorusso, 1986, I, p. 65). Ancora più tarda, la piccola tela con Giuditta nella Galleria del Castello di Praga (dopo il 1640: Neumann, 1966). Un soggetto particolarmente caro all'artista e ai suoi committenti fu la Maddalena penitente. Tra le molte versioni si possono citare almeno la Maddalena di Vienna (Kunsthistorisches Museum) degli anni Trenta e la replica più tarda in collezione Pucci a Firenze (Cantelli, 1980). Per le insistenti sollecitazioni del marchese Giulio Vitelli, "suo gran protettore" (Baldinucci, IV, p. 633), il F. ricevette l'incarico di eseguire nel 1639 due affreschi nella sala degli Argenti in palazzo Pitti (Lorenzo il Magnifico e l'Accademia platonica; Allegoria della morte di Lorenzo) che lo videro impegnato sino al maggio 1642 (Campbel, 1966, p. 146).
Senza rinnegare la tradizione del classicismo cinquecentesco il F. volle dare ampiezza al proprio stile con toni espressivi più intensi, certo per effetto del contatto con l'opera di Pietro da Cortona che all'epoca nel medesimo palazzo andava terminando la sala della Stufa e si accingeva a dipingere quelle dei Pianeti. Nelle opere accostabili a questi affreschi è stato rilevato un arricchimento della gamma cromatica, dovuto probabilmente a un nuovo viaggio a Venezia, supposto nel 1638 (Cantelli, 1972, p. 16).
Al periodo degli affreschi Pitti, il Toesca (1950, p. 18) assegnava l'Andromeda della Galleria Corsini di Roma, simile iconograficamente a quella di Budapest (Cantelli, 1983, p. 90 fig. 455), e la misteriosa figura femminile della Pinacoteca di Lucca, la cosiddetta Sibilla o Circe, in cui si è posto in evidenza un gusto negromantico forse non ignaro di quello espresso da Salvator Rosa, a Firenze dal 1640 al 1649 (Cantelli, 1972, p. 42). Allo scadere del quarto decennio è stata situata l'Immacolata Concezione in S. Maria di Santomato (Contini, 1986), quasi un anticipo del S. Sebastiano (Monaco, Castello di Schleissheim), identificato con il dipinto eseguito per don Lorenzo dei Medici nel 1642 (Borea, 1977, p. 147), o della Maddalena di Stoccarda (Staatsgalerie), di cui si è proposta di recente l'identificazione (Barsanti, 1989) con quella dipinta nel 1645 per don Lorenzo dei Medici (Corti, 1971, p. 17), e di altri dipinti in collezioni private, fra cui spicca l'Agar e l'angelo (Cantelli, 1986, I, pp. 279 s.). Da una serie di lettere del 1645-46 tra il F. e Francesco Fazzi, agente fiorentino del duca Iacopo Salviati, si sa della richiesta del duca al F. affinché gli dipingesse alcune opere nel suo palazzo romano (Corti, 1971, pp. 15-22), lettere che precisano e chiariscono quanto affermato dal Baldinucci (IV, pp. 639-641). Impegni precedenti con don Lorenzo e con la granduchessa impedirono al F. di recarsi a Roma in tempi brevi. Dalla documentazione epistolare si viene a sapere che il F. stava lavorando nel maggio 1645 a un ritratto per la Granduchessa Maria Vittoria Della Rovere (Firenze, Palazzo Pitti): uno dei rari ritratti pervenutici, tutti permeati di una forte tensione psicologica. Il F. già dal 2 dicembre risultava al lavoro a Roma presso il duca e sollecitava il Fazzi affinché consegnasse in Firenze al Peruzzi un certo quantitativo di azzurro oltremarino di cui il F. faceva gran uso, come ricordato dal Baldinucci (IV, p. 642), per conferire luminosità e trasparenza ai suoi nudi femminili. In altra lettera del 6 dicembre accennava a un quadro con lo Sposalizio, di cui aveva abbozzato il modello e che pensava di condurre a termine a Firenze. Il F. menziona la lavorazione di altri due dipinti con Adamo ed Eva e con Lot e le figlie, che poi rimarranno incompiuti (Firenze, collezione Salviati), perché il F., costretto a tornare a Firenze a causa della malattia della madre (morta il 15 febbr. 1646), si ammalò di pleurite, mentre lavorava all'esecuzione delle opere inviate da Roma.
Morì il 19 ag. 1646 nella casa di via delle Ruote a Firenze; fu sepolto in S. Lorenzo.
Lasciò abbozzato un altro dipinto che divenne proprietà del marchese Folco Rinuccini (Baldinucci, IV, p. 641) con le Vergini sagge e le vergini folli (Depositi delle Gallerie fiorentine), terminato da Antonio Franchi (Cantelli, 1972, p. 33; 1983, p. 88). Nel processo ideativo del F. rivestì decisiva importanza il disegno, a tal punto che il Baldinucci (IV, p. 636) ricorda che per il F. un'opera poteva considerarsi finita quando ne fossero stati condotti a termine i disegni preparatori. Il disegno fu dunque "punto di partenza e di arrivo" (Toesca, 1950, pp. 21 s.) mediante una minuziosa ed estenuante applicazione (Cantelli, 1972, p. 17). Il F. fu inoltre poeta, scrisse tra l'altro un poemetto licenzioso Alla barba (Gargani, 1876, pp. 31-45), dedicato al suo modello Pietro Zaballi che si era ripulito le "ganasce… dal venerando lor barbon antico".
Fonti e Bibl.: P. Puccinelli, Cronica della Badia di Fiorenza, Milano 1664, p. 8; F. Baldinucci, Notizie del disegno… (1681-1728), a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846 pp. 629-644; G. Gargani, Commentario della famiglia Furini, Firenze 1876; O.H. Giglioli, Empoli artistica, Firenze 1906, pp. 140 s.; L. von Buerkel, F. F., in Jarhbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, XXVII (1907-09), pp. 55-90; A. Stanghellini, F. F. pittore, Siena 1914; E. Toesca, F. F., Roma 1950; F. Zeri, Giovanni da San Giovanni. La Notte, in Paragone, III (1952), 31, p. 44; U. Procacci, La Casa Buonarroti a Firenze, Milano 1965, passim; M. Campbell, Medici patronage and the Baroque: a reappraisal, in The Art Bulletin, XLVIII (1966), 2, pp. 137, 146; J. Neumann, Die Gemälde Galerie der Prager Burg, Prag 1966, pp. 163 s.; P. Bigonciari - G. Cantelli, Disegni di F. F., Firenze 1969; E. Harris, Acerca de Lot y sus hijas de F., in Archivo español de arte, XLIII (1970), pp. 339-342; G. Corti, Contributi alla vita e alle opere di F. F., in Antichità viva, X (1971), 2, pp. 14-23; G. Cantelli, Precisazioni sulla pittura fiorentina del Seicento: i Furiniani, ibid., 4, pp. 3-16; P. Bigonciari, L'"Eccedente Bellezza" in un'opera inedita del F., in Arte illustrata, IV (1971), 45-46, pp. 35-41; G. Cantelli, Disegni di F. F. e del suo ambiente, Firenze, 1972 (rec. di M. Campbell, in The Burlington Magazine, CXIV [1972], pp. 571-575; C. Thiem, in Kunstchronik, XXV [1972], 9, pp. 272-281); H. Keutner, F. F. La Gloria di Casa Salviati, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII (1974), pp. 393-396; A. Barsanti, Una vita inedita del F., in Paragone, XXV (1974), 289, pp. 67-86; ibid., 291, pp. 79-99; Ancora sul F., ibid., 294, pp. 54-72; G. Corti, Notizie inedite sui pittori fiorentini…, ibid., XXVIII (1977), 331, p. 56; E. Borea, La Quadreria di don Lorenzo dei Medici, Firenze 1977, pp. 44 s., 147; C. Thiem, Florentiner Zeichner des Frühbarock, München 1977, pp. 376-380; G. Cantelli, Documenti figurativi per Simone Pignoni, in Scritti di storia dell'arte in onore di U. Procacci, II, Milano 1977, pp. 528-535; A. Matteoli, Un'opera ignorata di F. F., in Commentari, XXIX (1978), 1-4, pp. 181-189; M.P. Mannini, Allegorie profane del F., in Paragone, XXX (1979), 353, pp. 48-61; G. Cantelli, Mitologia sacra e profana e le sue eroine nella pittura fiorentina della prima metà del Seicento, in Paradigma, III (1980), pp. 157-159; Id., Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983, pp. 88-90; Id., in La Maddalena tra sacro e profano, Firenze 1986, pp. 177, 199; Id., in Il Seicento fiorentino, Firenze 1986, I, pp. 264-278; II, pp. 248-252; III, pp. 93 s.; C. Pizzorusso, ibid., I, pp. 65-69; R. Contini, ibid., p. 279; Id., Apocrifi bilivertiani ed altro, in Paradigma, VII (1986), pp. 65 s.; B. Toscano, in Pittura del Seicento. Ricerche in Umbria, Perugia 1989, pp. 274-277; M. Gregori, La pittura a Firenze nel Seicento, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, pp. 315 s.; A. Barsanti, ibid., pp. 748 s.; C. Spinelli, in Uffizi e Pitti, a cura di M. Gregori, Udine 1994, p. 397 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 595-598; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., V, pp. 174-176.