FLOREANI (Floriani), Francesco
Nacque, probabilmente a Udine, intorno al 1515 da Giovanni e da Francesca di ser Ugolino. È l'artista più noto di una bottega familiare di pittori e intagliatori attiva ad Udine dalla metà del XV secolo.
Capostipite fu Alberto da Tolmezzo, documentato dal 1462 al 1498 e morto precedentemente al maggio del 1506; fu dal nome di suo figlio Floriano che la famiglia derivò il nome con il quale è oggi nota, come è attestato a partire da un documento del 5 sett. 1536 riguardante il F. (Joppi, 1887). Floriano, ricordato dal 1492 al 1506, ebbe il soprannome di "delle Cantinelle", poi esteso ai suoi eredi: oltre che pittore era infatti "cantinellario", falegname, ed apprestava da sè, con le cantinelle, i soffitti e le divisioni interne delle stanze, che poi avrebbe dipinto. Floriano ebbe bottega a Udine, nel centralissimo Mercato vecchio, dove continuarono a lavorare i suoi discendenti; come per il padre Alberto, non si conoscono sue opere né di pittura né d'intaglio. Nel 1496 avrebbe eseguito una pala d'altare, perduta, per la chiesa di S. Andrea di Venzone. Era già morto nel 1512, come si legge in un documento riguardante suo genero, il pittore Gaspare Negro, di origine veneziana, che nel 1503 aveva sposato sua figlia Maddalena (ibid.).
Il figlio Giovanni, nato nel 1486, fu pittore, intagliatore e "cantinellario", ma è noto, quasi esclusivamente, per una pala, perduta, eseguita nel 1525 per la chiesa di Pantianicco. Morì il 21 marzo 1540 (ibid.).
Al F. e al fratello Pietro fu affidata dal padre Giovanni la bottega nel 1533 (Joppi, 1887, p. 67). Il 3 luglio 1534 il F. e suo fratello si impegnarono a dipingere per la Confraternita udinese di S. Valentino una Madonna col Bambino tra i ss. Valentino e Girolamo (perduta); due anni dopo, il 5 settembre, ricevettero l'incarico di eseguire, per la chiesa dei Ss. Vito e Modesto di Magnano, un gonfalone, anch'esso disperso, che è il primo di una lunga serie di vessilli realizzati nel corso della loro carriera (ibid.). Il primo lavoro rimastoci, frutto della collaborazione tra i due fratelli, è l'altarolo in legno, dorato e dipinto, che scolpirono intorno al 1538 per la chiesa di S. Donato in Valle a Moimacco. Dell'opera si conservano solo le tre statue dei santi Matteo, Donato e Marco (Cividale, Museo archeologico nazionale).
Per analogie con questo lavoro "scolasticamente rinascimentale", Marchetti e Nicoletti (1956) hanno assegnato alla bottega familiare, e principalmente al F., altre sculture lignee. Tra queste un San Giorgio della chiesa di Colza (Enemonzo), statua datata 1541 ma non firmata né ricordata dalle fonti; un altarolo nella chiesa di Prato Carnico, con S. Gregorio Magno tra i ss. Sebastiano e Rocco; l'altare dei Ss. Vito, Modesto e Crescenzia a Liariis di Ovaro, di fattura più equilibrata e sciolta; infine, i Ss. Giovanni Battista, Rocco e Sebastiano della parrocchiale di Cintello di Teglio Veneto (Bergamini - Tavano, 1984, p. 308, per alcune precisazioni riguardo tali ipotesi attributive).
Il F. fu soprattutto pittore. Piuttosto povero di fantasia, era apprezzato per la semplicità delle sue composizioni, per la grazia degli atteggiamenti, per i bei panneggi e per l'espressione dei volti, i cui incarnati, però, risultano poco veritieri, causa l'eccessivo uso di lacche.
Seguace alla lontana di Pellegrino da San Daniele, successivamente, tramite il Pordenone e Giovanni da Udine, risentì dei modi di Raffaello, ma in altre opere si appoggiò su esempi veronesiani e tintoretteschi. Nel 1565 firmò e datò la Madonna in trono con il Bambino (Vienna, Kunsthistorisches Museurn), parte centrale di un polittico, smembrato, eseguito per la parrocchiale di Reana del Roiale (Bergamini, 1992, pp. 66-68). Del 1565 è anche il Ritratto del giureconsulto Nicola di Bernardino de Brandis (Palmanova, coll. priv.; ibid., p. 70). L'anno seguente, insieme con G.B. Grassi, il F. dipinse alcuni pannelli per la cantoria dell'organo del duomo di Udine (Adorazione dei Magi, Gesù risana lo storpio, Gesù fra i dottori e Miracolo del centurione) che, pur nell'affollamento dei personaggi e nel plasticismo di maniera, dimostrano l'acquisita padronanza tecnica e coloristica, oltre che l'apertura ai modi veneti del Bassano o dello Schiavone. A questo periodo appartiene anche la Giuditta col capo tagliato di Oloferne che il Vasari (1568) ricorda in possesso dell'imperatore Massimiliano II (l'opera è identificata con la Giuditta e Oloferne del Rijksmuseurn di Amsterdam).
Il F. esercitò la sua attività a Udine anche in opere di architettura e di ingegneria idraulica. Nel 1552, e poi ancora nel 1570, progettò la riforma delle conduzioni d'acqua alle fontane pubbliche; nel 1566 organizzò i lavori per il salone centrale del castello di Udine e progettò la scala che porta al castello dai portici di S. Giovanni. Si devono al F. anche il primo progetto (1566-1567), realizzato solo in parte, del Monte di pietà e quello per la chiesa del Cristo, mentre per la chiesa di S. Giacomo, sempre a Udine, disegnò il fonte battesimale. Nel 1567 collaborò con B. Blaceo, incaricato dal Comune del disegno della città in previsione di una sua fortificazione. Nel 1570 si offri di livellare il Borgo d'Aquileia.
Il Vasari (1568) espresse apprezzamento per un suo, non meglio noto, libro di disegni di architetture dedicato all'imperatore Massimiliano II: "pieno di belle invenzioni di fabriche, teatri, archi, portici, ponti, palazzi ed altre molte cose d'architettura utili e bellissime", mentre Palladio degli Olivi (1660) scrisse che il F. "fu anche primo inventore dei disegno de' molini, sieghe, e battiferri a quattro ruote, con un solo cavallo, senz'acqua e vento".
Nel 1570, per la sagrestia della chiesa udinese di S. Pietro Martire, il F. firmò e datò la Sacra Famiglia, s. Anna e s. Giovannino (Venezia, Gallerie dell'Accademia, deposito presso la corte d'appello). Secondo alcuni critici (Moschini Marconi, 1962), l'opera riflette richiami ai modi di Giulio Romano: in realtà essi sono filtrati dalle esperienze romane di friulani come Giovanni da Udine e S. Secante che vivificarono la cultura figurativa udinese del secondo Cinquecento. Meno convenzionale della precedente, più intimamente familiare., è un'altra Sacra Famiglia (Udine, Musei civici), firmata e datata 1573.
Del 1575-80 sono gli affreschi con il Trionfo dei cristiani dopo la vittoria contro i Turchi a Lepanto (Castello di Udine). Da identificarsi col dipinto ricordato nella chiesa udinese di S. Lucia è il Tobia e l'angelo tra i ss. Ermacora e Fortunato (1581), del duomo di Aviano, che, nella "leziosità dei volti", riflette reminiscenze raffaellesche (Furlan, 1975). Nella Trasfigurazione di Varino (1584), dalla concitata azione, vi sono richiami al gigantismo romano di maniera. Ultima delle opere firmate e datate dal F., Il luogotenente rende omaggio al Redentore (1586; Udine, Musei civici, in deposito presso il palazzo comunale) è impostata secondo uno schema ricorrente in opere di Palma il Giovane e S. Secanti.
La discontinuità del F. rende problematiche attribuzioni di opere non documentate. Nel suo aggiornato studio il Bergamini (1992; cui si rimanda per altre opere attribuite e perdute) gli assegna le tavolette con gli Apostoli e i Ss. Ermacora e Fortunato (1576, Udine, coll. priv.), realizzate per un'ancona lignea della chiesa di Ronchiettis, e la Pentecoste, per cui ipotizza la collaborazione con il nipote Giuseppe, eseguita per la chiesa di S. Maria a Faedis e ora nella parrocchiale.
Il F. fece testamento il 18 ag. 1599 chiedendo di essere sepolto nel monumento da lui fatto costruire nella chiesa di S. Pietro Martire a Udine. Morì poco dopo.
Del fratello del F., Pietro, si hanno notizie dal 1532, anno del matrimonio con Dorotea, figlia di ser Giannetto tintore di Treviso abitante in Udine; morì nel 1560 (Joppi, 1887). Il F. e Pietro lavorarono molto assieme. Del solo Pietro viene ricordata la promessa di esecuzione (1546) di una "pala d'intaglio in legno con dorature" per la chiesa dei Ss. Andrea e Michele di Sevegliano, raffigurante la Madonna con Bambino, ss. Andrea e Michele e l'Eterno Padre (ibid.), e viene segnalata (Thieme - Becker) una pala per la chiesa di S. Pietro di Flumignano (1547): per entrambe le opere non vi sono riscontri nella realtà attuale.
L'altro fratello del F., Antonio, fu anch'egli inizialmente pittore lavorando, probabilmente, nell'ambito della bottega familiare (1545-1555); successivamente visse a lungo a Vienna, presso l'imperatore Massimiliano II, operando come architetto militare (Thieme - Becker). Viveva ancora negli anni intorno al 1570. Relativamente alla prima fase è rimasta menzione documentaria di un dipinto su tavola del 1545, raffigurante Cristo, la Madonna, i ss. Marco ed Ermacora, "da collocarsi sopra lo scanno dei Deputati della città allorche siedono in tribunale" (Joppi, 1887). Di tale opera, come della pala scolpita e dipinta per la chiesa di S. Martino a Rivalpo in Camia (1554; ibid.), non è rimasta traccia. Nel 1555 gli fu concesso dal Senato veneto il privilegio per la stampa a Venezia di un mappamondo inciso su rame (Joppi, 1890).
Tra i figli di Pietro, il più noto è Giovanni mentre di Giuseppe, per anni collaboratore dello zio Francesco, si hanno solo notizie riguardanti la vita e gli affari privati (1575-1589). Giovanni è documentato da 1572 al 1594. Tra le sue pale d'altare, intagliate o dipinte, ricordate dai documenti d'archivio (Ioppi, 1887), risultano esistere ancora l'altare realizzato nel 1580 per la chiesa di S. Eufemia a Segnacco (ora nella chiesa parrocchiale) e composto da una Trinità. un'Annunciazione, dipinte sul frontone, e dalle tre statue di S. Agnese, S. Brigida e S. Michele, la Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista e Leonardo (1585) della parrocchiale di Pagnacco; un'ancona (la parte lignea è andata distrutta) eseguita nel 1594 per la parrocchiale di S. Ulderico a Pavia di Udine (Madonna con Bambino, Annunciazione, in alto; Ss. Stefano, Giovanni Battista e Pietro, in basso).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, p. 110; G. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte (1648), a cura di D.F. von Hadeln, Berlin 1914, I, pp. 135 s.; G.F. Palladio degli Olivi, Historia della Provincia del Friuli, Udine 1660, II, 4, p. 160; G.G. Capodagli, Udine illustrata, Udine 1665, p. 241; G. de' Renaldis, Della pittura friulana, Udine 1798, pp. 23 s.; G.B. Cavalcaselle, La pittura friulana del Rinascimento (1876), a cura di G. Bergamini, Vicenza 1973, ad Ind.; F. di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal secolo IV al XIX, Udine 1884-1887, pp. 87 s.; V. Joppi, Nuovo contrib. alla storia dell'arte in Friuli ed alla vita dei pittori e intagliatori friulani, Venezia 1887, pp. 66-70 (per Alberto da Tolmezzo, p. 61; per Floriano e il figlio Giovanni, pp. 62-65; per Pietro, p. 66; per Antonio, pp. 71 s.; per i figli di Pietro, Giovanni, Giuseppe e Pietro, pp. 73-75); Id., Contributo secondo alla storia dell'arte in Friuli..., Venezia 1890, p. 88 (anche per altri componenti della famiglia); Id., Contributo quarto ed ultimo alla storia dell'arte in Friuli ... I ibid. 1894, pp. 31, 37, 70 (per i tre figli di Pietro, p. 38); G. Marchetti - G. Nicoletti, La scultura lignea nel Friuli, Milano 1956, pp. 83-85 (anche per gli altri componenti della famiglia); B. Berenson, Pittura italiana del Rinascimento. La scuola veneta, Firenze 1958, I, p. 148; I. Furlan, F. F. e un passo del Vasari in Il Noncello, XVI (1961), pp. 14-16; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte del secolo XVI, Roma 1962, p. 114; C. Furlan, Voci del Rinascimento nel territorio di Aviano, in Aviano. LII Congresso della Società Filologica Friulana, Udine 1975, p. 89; Mostra della scultura lignea in Friuli, (catal., Passariano), a cura di A. Rizzi, Udine 1983, pp. 168 s.; G. Bergamini - S. Tavano, Storia dell'arte nel Friuli-Venezia Giulia, Udine 1984, pp. 307 s., 358-360, 390, 430; G. Bergamini, F. F. pittore, in Udine. Bollettino delle Civiche Istituzioni Culturali, s. 3 (1992), I, pp. 59-103 (con ampia bibl.); Id., La Galleria d'arte antica, Udine 1994, pp. 39, 41, 58; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 117 s. (voce famiglia).