FIESCHI, Francesco
Nacque intorno al 1460, probabilmente a Genova, da Giacomo fu Ettore del ramo di Savignone della nobile famiglia ligure e, probabilmente, dal primo matrimonio con Selvaggia Fieschi fu Silvestro (il padre sposerà in seconde nozze Bianca Gentile fu Francesco, vedova nel 1490). Fu una personalità meno incisiva, rispetto ad altri componenti della famiglia, come sembra suggerire anche il fatto che il F. rimase semplice sacerdote.
Tre suoi fratelli - Urbano, Pietro e Niccolò - percorsero invece i più alti gradi della gerarchia ecclesiastica, in linea con la grande politica ecclesiastica tipica dei Fieschi (oltre ai due papi del XIII secolo, Innocenzo IV e Adriano V, ben settantadue cardinali e innumerevoli vescovi, nonché, coetanea del F., la santa Caterina). Urbano fu protonotaio apostolico, assistente di Innocenzo VIII nel 1484, vescovo di Massa e di Forlì; morì di peste nel 1486. Pietro fu arcidiacono e Niccolò fu arcivescovo di Ravenna, cardinale, ma anche diplomatico della Repubblica. Più direttamente politico-diplomatica, ma anche militare e culturale, la presenza degli altri tre fratelli del F., Ettore, Giovanni Ambrogio e Paride. Ettore in particolare, conte palatino e giurista, commissario alla guerra di Sarzana del 1484, fu "letteratissimo" e, in occasione della arubasceria d'obbedienza a papa Innocenzo VIII, tenne una orazione molto lodata dagli storici del tempo e data alle stampe.
Il dinamismo dei Fieschi era tale che persino il loro storiografo secentesco, il Federici, confonde il F. con l'omonimo pronipote (in effetti il padre di entrambi si chiamava Giacomo, ma quest'ultimo era figlio di Paride fratello del F.) eletto tra i Riformatori del 1527: di conseguenza, il Federici assomma a quarant'anni il servizio del F. nei magistrati della Repubblica (da ridurre invece alla metà) e ad undici volte la carica di anziano.
Sicuramente sono da attribuire al F. la carica di ambasciatore al duca di Milano nel 1494 e quella del 1511 al re di Francia; inoltre il F. ricoprì certamente la carica di anziano nel 1507, subito dopo la repressione del governo popolare di Paolo da Novi.
Quest'ultima circostanza, nella quale il F. e gli altri anziani giurarono fedeltà a Luigi XII, ribadisce sia la collocazione antipopolare del F. sia la sua funzione di appoggio ai ruoli di maggiore responsabilità assunti dai parenti.
Nel 1511, quando Luigi XII richiese la partecipazione genovese al concilio di Pisa contro Giulio II, il F. fu scelto il 7 maggio tra i quattro oratori inviati al re per ottenere l'esonero dal concilio e la revoca del governatore François de Rochechouart, ufficialmente perché sgradito al popolo.
In realtà il Rochechouart, obbedendo alle direttive del re, aveva saputo tenere sotto controllo i membri delle grandi famiglie, sia negli episodi violenti di faziosità cittadina sia nella loro ricerca di collegamenti esterni con altre potenze (in quel momento, specie quella papale).
Al F., come fratello del cardinale Niccolò e sacerdote egli stesso, fu conferito l'incarico di primo oratore. Gli ambasciatori partirono da Genova il 17 giugno, preceduti dallo stesso governatore che intendeva prevenirli presso il re. Ma essi senza lasciarsi intimidire dalla presenza del Rochechouart all'udienza ufficiale, presentarono con fermezza le loro richieste. Luigi XII consenti ad esonerare la Repubblica dall'invio di una delegazione al concilio di Pisa e a un nuovo regolamento del diritto di Savoia favorevole al commercio genovese, ma non alla revoca del governatore.
La presenza del F. nella vita politica genovese si chiude con questa ambasceria.
Poiché uno dei problemi affrontati da questa concerneva il così detto diritto di Savoia che interessava i commercianti genovesi sulla piazza di Lione, un episodio di pochi anni prima suggerisce un diretto coinvolgimento del F. nella questione. Infatti egli figurava nel gruppo dei creditori della società Bartolomeo Cattaneo e soci, fallita in Lione nel 1505. L'atto, in data 27 marzo 1506, non specifica l'entità della somma ma riporta i nomi dei liquidatori giudiziari e dei creditori: oltre al F. sono citati nomi della grande aristocrazia genovese impegnata in quella attività finanziaria internazionale, cui anche il F. prese parte, sebbene, nella circostanza, con poca fortuna.
Morì presumibilmente intorno al 1520.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Archivio segreto, Instr. e Rel. 2707, 94; Ibid., Litterarum, filza 1/1598; B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria, a cura di E. Pandiani, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 8, ad Indicem; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, Roma 1951, p. 67; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], p. 86; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III, Genova 1833, p. 16; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1854, II, p. 275; E. Pandiani, Un anno di storia genovese (1506-07), in Arch. d. Soc. lig. di storia patria, XXXVII (1905), pp. 402, 530, 534; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Rep. di Genova, ibid., LXIII (1934), pp. 137, 159; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, Paris 1960, pp. 135, 157.