FERRARA, Francesco
Figlio di Francesco e di Giuseppina Lo Faro, nacque l'8 febbr. 1908 a Perugia, dove il padre era professore di diritto civile presso l'università. S'iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Firenze, dove ebbe come maestro G. Valeri e dove si laureò con una tesi in diritto commerciale dal titolo L'ipoteca mobiliare, pubblicata a Roma dalla casa editrice del Foro Italiano nel 1932; l'anno successivo per lo stesso editore uscì La girata della cambiale.
Vincitore di concorso a cattedra di diritto commerciale nel 1933, fu chiamato dall'università di Catania; insegnò poi la stessa disciplina nell'università di Siena e, infine, in quella di Firenze, dal 1939-40. Nello stesso anno sposò Adabona di Colloredo Mels, appartenente ad un'antica famiglia nobile friulana.
Iniziò gli anni di insegnamento fiorentino presso la facoltà di economia e commercio; dopo la guerra passò, sempre con cattedra di diritto commerciale, alla facoltà giuridica, che era stata del suo maestro Valeri, per cui, nel 1955, avrebbe curato e introdotto gli Scritti in onore (Milano-Varese).
Sebbene ad appassionare il F., come civilista e commercialista, fosse stato fin dall'inizio della sua carriera lo studio del diritto sostanziale, il processo costitui un filtro di esperienza immancabile nell'esame dell'ipotesi di diritto materiale. Il punto più alto, infatti, raggiunto nella sua attività di studioso sarebbe stato il fallimento.
Del resto, il F. manifestò questo orientamento metodologico già nei primi anni della sua carriera. Rappresentativo in tale contesto lo scritto Interferenze tra diritto sostanziale e processo in materia commerciale, prelezione al corso di diritto commerciale all'università di Siena, letta il 19 nov. 1936, pubblicata, nello stesso anno in Studi senesi (I, pp. 158-218) e riproposta nella raccolta Scritti minori nel 1977 (II, pp. 375 ss.), a cura della Facoltà di giurisprudenza dell'università di Firenze.
L'indagine parte qui dalla critica del criterio distintivo tra diritto materiale e processo sotto il profilo della funzione dell'istituto che si vuol ricomprendere nell'uno o nell'altro settore, dal momento che lo strumento processuale spesso non si limita ad attuare il diritto, ma ne arriva piuttosto ad una creazione - cosi come avviene quando la causa è decisa secondo equità - e, dall'altro lato vi sono istituti di diritto sostanziale privato che realizzano coattivamente rapporti giuridici, dando vita ad una funzione esecutiva non giurisdizionale. Il F. notò che il campo del diritto nel quale con frequenza maggiore si incontrano questi istituti ibridi è proprio il diritto commerciale, e anche se la questione della collocazione di essi nel diritto materiale o in quello processuale appartiene propriamente alla teoria generale del diritto, tuttavia il commercialista non avrebbe potuto esimersi dal compito di cercare delle spiegazioni ai fenomeni anomali.
La dottrina aveva oscillato a lungo tra il criterio della funzione e quello della struttura, preferendo spesso il primo, al quale fecero riferimento anche nomi illustri della scienza giuridica italiana come Francesco Carnelutti, per il quale la peculiarità del fenomeno processuale rispetto al diritto materiale risiedeva nel presentare il primo un potere finalizzato all'accertamento o all'esecuzione, cui non sarebbe corrisposto un obbligo, ma una mera soggezione.
Egli si distaccò da questa concezione prevalente - un potere ed una soggezione possono aversi anche nel diritto materiale - per aderire al criterio strutturale in base al quale, superata la necessarietà della distinzione tra rapporto materiale e rapporto processuale, la delimitazione finiva per essere solamente l'intervento dell'organo pubblico giurisdizionale, non già come organo ausiliario autorizzante il privato, bensì come strumento necessario di tutela.
Il F. si rivolse al fenomeno giuridico dell'azienda con fervente interesse e vi dedicò alcune delle sue opere più celebri. Tra queste è la Teoria giuridica dell'azienda (prima edizione: Firenze 1945), che prende spunto nelle sue linee essenziali dal corso di diritto commerciale che egli aveva tenuto nell'università di Firenze nell'anno accademico precedente. Lo scritto a causa di questo modo di originarsi mantiene un'indole prettamente didattica e affronta la problematica dell'azienda da più di un punto di vista, come entità giuridica di cui va compresa la natura, ma anche dal punto di vista degli strumenti di protezione e della sua circolazione.
Questa monografia è importante anche perché rappresenta la volontà del F. di ricollegarsi alla tradizione scientifica del padre Francesco, che si era occupato dell'argomento in più occasioni.
Il F. riprese infatti quella concezione secondo la quale l'azienda sarebbe un'entità giuridica appartenente ad un'autonoma categoria, quella delle istituzioni od organizzazioni, consistenti non in una mera aggregazione, ma in un rapporto complesso di elementi eterogenei tra loro per un medesimo scopo economico. Quella nozione, che già di per sé aveva una connotazione che la distingueva dalle altre, quali quella sostenuta da L. Mossa dell'azienda come patrimonio autonomo, o come universitas iuris (Valeri), oppure come universitas facti (C.Vivante), non era però riuscita a superare l'ostacolo della mancanza di un regolamento positivo sul quale basare una nozione unitaria del fenomeno, e quindi ricadeva su una tradizionale visione atomistica dell'azienda come insieme di rapporti giuridici per quanto tenuti uniti dalla volontà del soggetto.
Su quella base il F. concepì l'azienda non più come il complesso degli elementi organizzati, ma come l'organizzazione stessa di essi, e cioè nell'insieme dei collegamenti funzionali posti tra di loro, i quali poi non avrebbero riguardato soltanto i beni materiali, ma anche tutti gli altri elementi coordinati al fine della produzione.
Del resto che non si trattasse di "un semplice modo di essere o di una posizione degli elementi tra loro, ma di qualcosa di diverso che sta sopra di essi e li unisce e li domina" (p. 113) era dimostrato dal sopravvivere dell'azienda indipendentemente dalla sorte dei singoli elementi, dal fatto che il perimento di uno di essi ne imponesse la sostituzione e dallo stesso dato letterale delle norme - la legge parla di "trasferimento della proprietà dell'azienda" (art. 2556 c. c.) e di "efficienza dell'organizzazione" (art. 2561 c. c.) - che egli, a causa della spiccata esigenza di concretezza che caratterizzò la sua opera, non abbandonò mai.
Questo persistente richiamo alle norme in senso letterale, ancorato alla tradizione, non impedì al F. di notare dove esse risultavano ormai inadeguate alla realtà sociale. Nel Fallimento (terza edizione: Milano 1974) è evidente questo anelito al miglioramento dell'istituto giuridico, che però viene studiato nei suoi confini normativi.
La tesi del F., giunto ormai al culmine della carriera accademica (nel 1970 gli era stata anche conferita la medaglia d'oro), si collocò con una sua originalità tra quelle che sostenevano la prevalenza dell'iniziativa d'ufficio, come avevano scritto C. D'Avack e G. A. Micheli, quelle che parlavano di processo esecutivo di giurisdizione volontaria o di procedimento amministrativo a seconda della modalità di instaurazione di esso (G. Bonelli e A. Brunetti) e quelle, prevalenti, del fallimento come processo esecutivo (S. Satta, G. De Semo, U. Azzolina e A. Candian).
Decisa, tuttavia, fu la critica della disciplina positiva dell'istituto fallimentare, soprattutto a causa della previsione di una sanzione a carico del fallito - che egli giudicò ingiusta e dannosa - e dell'inadeguatezza pratica del fallimento, cosi come congegnato, a costituire un valido strumento di soddisfacimento dei creditori.
Il F. morì a San Giovanni Valdarno (Arezzo) l'8 dic. 1974.
Del F., conosciuto come studioso anche all'estero (lo attestano, ad esempio, i suoi contatti con l'università di Caracas), va ricordata anche l'opera Gliimprenditori e le società (7a ediz., Milano 1987, a cura del suo allievo F. Corsi), testo indirizzato prevalentemente agli studenti e che riscosse grande successo nelle università italiane.
Fonti e Bibl.: Necrologio in La Nazione, 10 dic. 1974; F. Carnelutti, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, in Studi di diritto processuale, II, Padova 1928, pp. 201 ss.; A. De Martini, Il patrimonio del debitore nelle procedure concorsuali, Milano 1956, pp. i ss.; I. Giordani-S. S. Taylor, Whos who in Italy, Milano 1958, p. 400; Chiè?, Diz. biogr. degli italiani d'oggi, Roma 1961, p. 237; E. A. de Maeiyer, Who's who in Europe, Bruxelles 1967, p. 853; R. Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, Milano 1969, I, pp. 3 ss.; Annuario dell'Univ. degli studi di Firenze, 1969-70, 1970-71, Firenze 1973, p. 10; G. Ragusa Maggiore, Per F. F., in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, I, Padova 1975, pp. 283 s.; F. Corsi, Prefazione a F. Ferrara, Gli imprenditori e le società, cit.