FERONI, Francesco
Nacque a Firenze l'8 sett. 1685 da Fabio e Costanza di Alessandro Della Stufa.
Famiglia dalle modeste origini proveniente da Empoli, dovette il suo successo a Francesco, primo marchese di Bellavista, l'intraprendente mercante che, fatta fortuna in Olanda, entrò stabilmente a far parte del ceto dirigente fiorentino grazie alla benevolenza accordatagli dal granduca Cosimo III de' Medici.
Il nome del F. è certamente tra quelli di maggior spicco della nobiltà toscana del Settecento. Lingente patrimonio di famiglia gli consentì di dedicarsi con agio alle lettere, come attesta l'elezione ad accademico della Crusca avvenuta il 9 sett. 1706, e a una robusta attività di rappresentanza, volta a rinsaldare il prestigio del proprio casato: patrizio fiorentino per grazia sovrana dal 1754, gentiluomo di camera dei granduchi Cosimo III e Gian Gastone, cavaliere dell'Ordine di S. Stefano dal 1704, dal 1705 alla metà degli anni Trenta compare frequentemente tra i Buonomini delle Stinche, mentre nel 1717 fa parte dei Dodici buonomini di S. Martino, e quattro anni dopo il suo nome risulta tra i capitani d'Orsammichele; nel 1722 il F. divenne membro del Consiglio dei duecento, un corpo il cui peso politico era ormai notevolmente ridotto, ma che rappresenta pur sempre l'apice della facies pubblica del personaggio. L'unico altro incarico che di lui si ricorda è quello di ufficiale dei Pupilli nel 1760.
Il F. morì a Firenze il 22 nov. 1764.
Figura di proprietario terriero tra i maggiori della Toscana, grazie soprattutto alla grande tenuta di Bellavista acquistata dall'avo Francesco Feroni nel 1671-72, il F. è oggi soprattutto noto per le attività di bonifica condotte tramite colmata nei suoi terreni adiacenti al padule di Fucecchio e per l'annosa disputa che ne derivò con gli altri proprietari della zona e con le Comunità locali.
Alla tenuta di Bellavista ed ai problemi connessi al mantenimento di quelle terre il F. dedicò molte delle sue energie oltre che notevole dispendio di capitali, svolgendo un'aggressiva politica di affermazione dei propri diritti. A metà Settecento Bellavista costituiva la più vasta tenuta della Valdinievole, al cui centro sorgeva la grandiosa villa signorile. Situati nella parte più bassa della valle, da sempre questi terreni erano stati interessati da opere di bonifica che - testimoniate almeno dal XII secolo - si erano intensificate nel corso del '500-'600 in coincidenza dell'espandersi della presenza patrimoniale dei Medici. L'insieme delle sette fattorie della Valdinievole costituiva infatti uno dei nuclei più estesi e compatti della proprietà granducale, cui si era affiancata la grande proprietà cittadina nella seconda metà del '600, quando due di queste fattorie vennero alienate rispettivamente ai marchesi Bartolomei (Montevettolini nel 1650) e ai Feroni (Bellavista). In questo contesto, e in relazione ai segni di ripresa dell'agricoltura toscana, si era delineata nei primi decenni del secolo una tendenza generalizzata all'espansione della proprietà e alla messa a coltura di terre di bonifica, misure che avevano danneggiato il F., i cui possedimenti si trovarono privi degli scoli d'acqua tradizionali verso il padule di Fucecchio e destinati quindi essi stessi all'impaludamento.
A difendere gli interessi del F., e a ribadire il senso di una collocazione ai vertici della società toscana del tempo, scese in campo tra il 1715 e il 1729 il matematico Guido Grandi, dal 1714 soprintendente delle Acque del Granducato e professore a Pisa. Questi, in una nutrita serie di interventi e scritture, in parte pubblicati (cfr. G. Grandi, Relazione all'illustrissimo signor marchese F. F., Lucca 1715; Id., Relazione delle operazioni fatte circa il Padule di Fucecchio, ibid. 1718; Id., Relazione seconda sopra gli affari di Bellavista, ed i lavori proposti nel lago di Fucecchio..., ibid. 1718) e in parte inediti presso la Biblioteca universitaria di Pisa (ms. 40), ebbe ragione degli avversari e ottenne per il suo cliente da Gian Gastone de' Medici l'11 nov. 1726 l'autorizzazione a procedere a massicce colmate.
La decisione granducale non segnò la fine della controversia. L'intensa attività di bonifica avviata dal F. fece di lui e delle colmate di Bellavista negli anni Sessanta i principali bersagli della polemica, non priva di strascichi giudiziari, innescata dalla malaria che nel 1756 aveva colpito la Valdinievole. Anche in questo caso, come per il Grandi, il F. si rivolse ai vertici della scienza coeva. A rappresentare le sue ragioni fu infatti chiamato il più noto naturalista toscano dell'epoca, Giovanni Targioni Tozzetti che, dapprima nel Parere sopra l'utilità delle colmate di Bellavista per rapporto alla salubrità della Valdinievole (Firenze 1760) e successivamente nel Ragionamento sopra le cause e sopra i rimedi dell'insalubrità d'aria della Valdinievole (ibid. 1761) difese autorevolmente la causa del F. contro le opinioni espresse dal dottor Pierantonio Nenci nel Parere intorno le acque stagnanti delle colmate per rapporto all'insalubrità della Valdinievole (ibid. 1760). Come suggerisce E. Fasano Guarini, causa non secondaria di queste vicende fu la mancanza, da parte dei governi medicei e lorenesi, di una coerente politica di regolamentazione e salvaguardia dell'equilibrio idrogeologico della regione. Certo ancora una volta il punto di vista del F. finì col prevalere, grazie anche all'intelligenza con cui il Targioni Tozzetti ribaltava le accuse degli avversari e attribuiva alle colmate di Bellavista effetti di decisa miglioria ambientale, sostenendo quindi il proprio parere con l'autorità dei migliori specialisti italiani, dal naturalista Claudio Fromond, che di problemi idrodinamici e dell'ardua questione della fluidità dei corpi s'era a lungo occupato, al celebre medico Angelo Gatti, dall'astronomo Tommaso Perelli al matematico Paolo Frisi.
Ragioni politiche ed economiche, questioni di principio e interessi privati si intrecciarono allora con la più generale questione della salubrità dell'aria, questione al centro del discorso pubblico anche fuori della Toscana (si pensi nel '59 alla pariniana ode La salubrità dell'aria), e fanno dell'insieme dei materiali. delle perizie e delle statistiche raccolti (e in gran parte ancora conservati manoscritti), la base documentaria pet un'analisi della storia delle bonifiche che sia al contempo un contributo alla "storia della cultura scientifica toscana a metà del Settecento" (Fasano Guarini, p. 15).
Su un diverso terreno, gli interessi culturali del F. trovarono in Matilde Malaspina (1693-1772), divenuta sua moglie il 9 dic. 1709, una ideale compagna. Figlia di Manfredi Malaspina marchese di Filattiera, ella fu una tipica femme savante del XVIII secolo, coltivò gli studi e ricercò la conversazione dei letterati piu in vista nella Firenze del tempo. Oltre ad apprendere elementi di storia e di geografia, si cimentò in composizioni poetiche sotto la guida del fratello senatore Marcello Malaspina, ben noto per le sue produzioni poetiche, tra le quali si ricorda in particolare il Saggiodi poesie, uscito in elegante e preziosa veste editoriale (Firenze 1746). Il salotto letterario di casa Feroni, che si teneva nello splendido palazzo di via dei Serragli, fu frequentato da numerose personalità del mondo culturale e da viaggiatori e diplomatici quali il conte Luigi Lorenzi, chargé d'affaires del re di Francia a Firenze, ed è ricordato dal rappresentante britannico presso la corte di Toscana sir Horace Mann, cui si deve un'entusiastica descrizione delle feste che vi si tenevano. Ma l'elogio più autorevole colto dalla Malaspina si deve alla penna di Montesquieu, che la ricordava, dopo il soggiorno fiorentino, in una lettera al marchese Antonio Niccolini: "Vous m'apprenez deux choses bien agréables; l'une que nous verrons Monseigneur Cerati en France, l'autre que madame la marquise Feroni se souvient encore de moi. Je vous prie de cimenter auprés de l'un et de l'autre cette amitié, que je voudrois tant meriter. Une des choses dont je prétends me vanter c'est que moi, habitant d'au-de-là des Alpes, aie été aussi enchanté d'elle que vous tous" (Montesquieu, Lettres familières, p. 21). La simpatia di Montesquieu per la Feroni è sottolineata dal canonico Ottaviano di Guasco, curatore delle Lettres familières, che ne lodava la vivacità di spirito e la bellezza, e indicava nel suo salotto il ritrovo della miglior società fiorentina.
In questo ambiente si sviluppò la vocazione letteraria del figlio del F. Francesco Antonio che, nato a Firenze il 23 sett. 1710, ebbe come compare di battesimo lo stesso granduca, Cosimo III de' Medici, protettore del padre e del nonno. Compiuti gli studi presso gli scolopi di Firenze, dal 29 ag. 1737 fece parte dell'Accademia della Crusca, al cui interno ricopri le cariche di castaldo (1750-51; 1758-59) e arciconsolo (1752). I suoi interessi letterari portarono ad una ammirata traduzione dei primi volumi dei Mémoires publiés par lui-même (I-VIII, Lausanne 1748-53), dell'abate Charles Alexandre de Montgon (C-A. de Montgon, Memorie dal medesimo pubblicate, I-II, Firenze 1753-54), ma non si esauriscono in questo ambito, aprendosi invece alla riflessione politica: all'opera del Machiavelli egli ritornò infatti più volte in altrettante allocuzioni pronunciate presso l'Accademia, ed E. Cochrane ne ricorda un discorso sulle forme di governo dal chiaro contenuto antidispotico (22 ag. 1750). Alla sua "copiosa libreria" ed alle sue competenze nel campo dell'"erudizione ecclesiastica" accennano invece le Novelle letterarie nel necrologio dedicatogli dopo la scomparsa, avvenuta a Firenze il 28 apr. 1769.
Fonti e Bibl.: Le notizie biografiche relative al F. e alle cariche da lui ricoperte sono desunte dalle raccolte genealogiche conservate in Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, 1979; Sebregondi, 2168; cfr. inoltre Ibid., Deputazione sopra la nobiltà e cittadinanza, Patrizidi Firenze, Quartiere di S. Maria Novella, f. 9, ins. 16; Ibid., Decima granducale, S. Maria Novella, LeonBianco, Arroto 117, 1769, f. 2965; Firenze, Bibl. nazionale, ms. N.A. 1050, I serie: G. Pelli Bencivenni, Efemeridi, XXIX, p. 142, 27 luglio 1772; Ibid., Poligrafo Gargani, ad nomen 12; missive del F. a G. Grandi per il periodo 10 giugno 1716-2 apr. 1737 si trovano alla Bibl. universitaria di Pisa, ms. 91 (vol. IX dell'Epistolario di G. Grandi), cc. 2438; altre 19 lettere per il periodo 9 genn. 1717-27 dic. 1736 si rinvengono ivi, ms. 40, Scritture e memorie intorno al fiume Pescia, Lagodi Fucecchio etc., cc. 123, 148, 340-347 (cfr. C. Galiani-G. Grandi, Carteggio, 1714-1729, a cura di F. Palladino - L. Simonutti, Firenze 1989, pp. 19, 77, 78 n., 93 n., 94, 96, 100, 148, 256 s.).
Lettere e materiali del F., di G. Targioni Tozzetti e di altri (tra i quali una minuta non datata del F. a G. van Swieten, ed una responsiva dello Swieten da Vienna, 12 ott. 1761), riguardanti le vicende e le controversie legali relative a Bellavista si rinvengono tra le carte di G. Targioni Tozzetti conservate alla Bibl. nazionale di Firenze (Mss. Targioni Tozzetti, 235); cfr. Le carte di Giovanni Targioni Tozzetti conservate nella Bibl. naz. centrale di Firenze. Inventario, a cura di S. Fontana Semerano - M. Schiavotti Morena, Milano 1989, pp. 74-76; Novelle letterarie, VIII (1747), col. 369; n. s., III (1772), coll. 545 s.; Ch.-L. de Secondat de Montesquieu, Lettres familières ... à divers amis d'Italie, s.l. [Firenze] 1767, p. 21 e n.; Horace Walpole's correspondence with sir Horace Mann, a cura di W. S. Lewis - W. H. Smith - G. L. Lam, New Haven 1950, I, pp. 32 ss., 81, 317, 419; Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, Relazioni sul governo della Toscana, a cura di A. Salvestrini, II, Firenze 1970, pp. 246, 250, 508; III, ibid. 1974, pp. 231 ss., 350; E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze 1833, I, p. 293; A. Zobi, Storia civile della Toscana dal MDCCXXXVII al MDCCCXLVIII, Firenze 1850, I, pp. 347 ss.; L. Ferrari, L'epistolario manoscritto del Padre G. Grandi, in Archivio storico lombardo, vol. IV (1906), p. 230; L. Ginori Lisci, Ipalazzi di Firenze nella storia e nell'arte, Firenze 1972, I, pp. 129, 773 ss.; S. Parodi, Catalogo degli accademici dalla fondazione, Firenze 1983, p. 170; E. Fasano Guarini, Ilterritorio della Valdinievole alla vigilia delle bonifiche leopoldine, in Una politica per le Terme: Montecatini e la Val di Nievole nelle riforme di Pietro Leopoldo, Atti del Convegno di studi, Siena 1985, pp. 12 ss., 19, 23 ss.; L. Rombai, La bonifica della Valdinievole nell'età leopoldina. Dal controllo "contingente" delle acque alla "bonifica integrale", ibid., pp. 53 s., 56, 58; D. Barsanti-L. Rombai, La "guerra delle acque" in Toscana. Storia delle bonifiche dai Medici alla riforma agraria, Firenze 1986, pp. 85-88; P. Litta, Le Famiglie celebri italiane, V, Malaspina, tav. XII.
Su Francesco Antonio: Archivio di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, 1979; Ibid., Sebregondi, 2168; Ibid., Notarile moderno, prot. n. 5745, Notaio Domenico Taddei, testamento di F. A. Feroni del 22 apr. 1769; Firenze, Bibl. nazionale, Poligrafo Gargani, ad nomen;sue lettere ad A. F. Gori (1743-48) in Firenze, Bibl. Marucelliana, Carteggio Bandini, B.III.10; Novelle letterarie, XIV (1753), coll. 335 s.; XXX (1769), col. 433. Il discorso sul dispotismo si trova ms. in Firenze, Arch. dell'Accademia della Crusca, Diario, cod. 26, 22 ag. 1750, cit. in E. Cochrane, Tradition and enlightenment in the Tuscan academies, 1690-1800, Roma 1961, p. 228 n. 62; S. Parodi, Catalogo, cit., p. 197.