DELLE DOTE, Francesco
Nacque a Pisa, probabilmente tra la fine del sec. XVI e l'inizio del sec. XVII. La sua attività tipografica cominciò nella città natale nel 1634 con la pubblicazione della Orationum parsprima di Paganino Gaudenzio e, quasi sicuramente, di una Oratio di Giovanni Battista Canossa. Questa seconda edizione non riporta per esteso il nome del tipografo bensì soltanto "Francisci", da identificare, con una certa sicurezza, con il Delle Dote.
Con la generale ripresa delle attività cittadine, avviatasi nella seconda metà del sec. XVI e culminata in quello successivo, rifiorì a Pisa anche l'arte tipografica, che lì aveva avuto un breve e incerto inizio, ad opera di tipografi non locali, negli anni 1483-85 e 1494-99.
Le edizioni dei tipografi pisani non furono, però, particolarmente interessanti né dal punto di vista estetico né da quello contenutistico, riflettendo dunque lo stato di generale decadenza in cui si trovava tutta l'industria tipografica italiana nel sec. XVII.
Il D. si distinse, invece, nel panorama tipografico pisano perché, al contrario degli altri tipografi cittadini, operò per un periodo di tempo non brevissimo (la sua attività in Pisa durò sino al 1641), ed anche per la buona qualità della produzione. Anzi, proprio lo sforzo costante di mantenere abbastanza alto il livello delle sue edizioni fu probabilmente una delle cause della rovina economica che lo avrebbe infine spinto a lasciare la città natale.
Nel 1635 stampò quella che si può senza dubbio considerare la sua più importante pubblicazione: Le tre sirocchie cicalate che Benedetto Buonmattei compose sotto lo pseudonimo di Benduccio Riboboli da Matelica.
Questa opera del Buoninattei, fiorentino, umanista, è un libro molto raro e famoso, importante sia dal punto di vista letterario sia da quello tipografico. Si tratta, infatti, di una bella edizione, molto curata, con fregi e iniziali silografiche. Il testo è preceduto da una epistola dedicatoria, datata 21 giugno 1635, del D. a Giovanni de' Medici, marchese di Sant'Angelo, governatore di Pisa; da una seconda epistola dedicatoria dell'autore al pisano Bonavita Capezzali, che fu segretario di Giuliano de' Medici; nonché da una breve avvertenza al lettore.
La produzione tipografica del D. a Pisa, sebbene non molto abbondante, ha un suo specifico interesse per la conoscenza della storia pisana, in quanto strettamente legata all'ambiente cittadino. Egli pubblicò, infatti, opere per l'Accademia dei Disuniti, varie operette di carattere oratorio-poetico (assai tipiche della letteratura seicentesca) e produzioni religiose locali. Oltre alle Tre sirocchie cicalate, le sue edizioni di maggior pregio sono: De concetti figurati Davidici di O. Pandolfini (1635); un'altra opera di G. B. Canossa, Synopsis (1636); Considerazioni... sopra il Dialogo de dua massimi sistemi di Giovanni Barenghi (1638), con iniziali silografiche e antiporta; l'Alfea reverente di Pietro Cassina (1639), con il testo inserito in una elegante cornice.
Nel 1641 il D. era ancora a Pisa. In quell'anno, infatti, stampò l'opera di Baldassarre e Michele Campi, Al sig. Antonio Manfredi aromatario in Roma. Ma subito dopo lasciò senz'altro la città, in quanto già nel 1642 pubblicava a Massa, dove aveva aperto la prima tipografia cittadina, le Constitutiones synodales. In quella città il D. era giunto dietro chiamata di Carlo I Cibo Malaspina, dopo essere stato costretto a chiudere la sua attività in Pisa perché mandato in rovina da un altro tipografo, sembra romano, del quale era socio. Di tale circostanza fanno fede i patti stretti nel 1642 tra il principe Cibo e il D., che concedevano a quest'ultimo un privilegio per dieci anni. In realtà, però, l'attività del tipografo pisano a Massa durò pochissimi anni. L'ultima opera da lui stampata risulta essere un Votivum carmen di Guido Vannini, del 1644- In questo breve intervallo di tre anni la sua produzione fu poi davvero scarsa. Oltre alle ricordate Constitutiones synodales e al carme del Vannini, si ha infatti notizia di altre due sole opere da lui stampate: Bandi per il Marchesato di Carrara (1643) e Pro ... Principissa Fulvia Pica Cybo responsum Antonii de Rusticis (1644), entrambe a carattere esclusivamente locale e di poca importanza dal punto di vista tipografico.
Non si hanno altre notizie sulla sua attività di stampatore, né si conosce la sua data di morte.
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