FRANCESCO da Piedimonte (Pedemontanus, Piemonte, Pindemonte)
Professore di medicina all'università di Napoli, la cui attività è documentata fra il 1303 e il 1320, era originario di Piedimonte San Germano, presso Cassino.
Poco si sa della sua formazione scientifica: secondo il De Renzi (1857), è probabile che sia stato allievo della scuola di Salerno; un'edizione veneziana della sua opera Complementum in opera Mesue (1541), lo ricorda come lettore "in gymnasio patavino", ma il suo nome non compare in alcun repertorio dell'università di Padova. Recentemente si è ipotizzato che sia stato lettore d'anatomia a Bologna e che abbia in seguito insegnato a Salerno.
Sono più note la sua fortuna professionale e la sua opera: "maestro Francesco" era infatti, come tutti i professori dello Studio di Napoli dell'epoca, anche un dignitario di corte. Un diploma del 1305 lo indica come medico di Roberto, allora duca di Calabria (dal 1309 re di Napoli), presso il quale riscosse grande fortuna. Nel 1310 vennero concesse a F. 10 once d'oro di provvigione da "pagarglisi sui diritti regi di S. Germano, e ciò per cure prestate e da prestare a Carlo primogenito" (De Renzi, 1857, pp. 548, CXV); poco tempo dopo gli venne anche concessa la quarta parte dei proventi dei castelli di Elice, Palata e Celenza, feudi questi ultimi del contado del Molise. Professore in scienze mediche e "familiare" del re, F. dovette avere un discreto patrimonio: sappiamo infatti che possedeva una casa a Napoli "nella Piazza Capuana" e tenute in Montefuscolo; questi beni vennero concessi, dopo la sua scomparsa, al siniscalco Loffredo Filomarino.
La morte di F. avvenne nel 1320 e non, come è stato ipotizzato, nel 1319: un documento di quell'anno lo cita ancora, infatti, come esaminatore dell'università di Napoli, mentre il necrologio cassinese (citato dal De Renzi, 1857, p. 550) informa sul giorno della sua scomparsa, avvenuta il 1° giugno.
Fu tra i medici più noti del suo tempo, tra i suoi pazienti figuravano molti membri della casa reale. È l'autore di un'opera nota con il titolo Complementum in opera Mesue, che, redatta intorno al 1310, venne scritta, come lo stesso autore afferma: "ex imperio reverendi domini mei Roberti Dei gratia Hierusalem et Siciliae Regis summi". Dell'opera, che si presenta come un trattato di medicina pratica, ricco di citazioni dotte, non privo di richiami alle vecchie credenze superstiziose, esistono diverse edizioni a stampa, a partire dalla prima realizzata a Venezia, presso Rinaldo da Nimega, nel 1479 (cfr. Ind. gen. degli incunaboli delle bibl. d'Italia, nn. 6387, 6389-6393). Il Complementum venne più volte ristampato lungo tutto il Cinquecento fino al 1630, mentre un estratto dello scritto, il capitolo sui bagni, è presente nella silloge De balneis, edita a Venezia nel 1503, alle cc. 427-430.
Nella sua opera F. richiama frequentemente le dottrine salernitane e arabe, ma ricorre anche a citazioni dai maestri antichi. Nel suo scritto dimostra inoltre di ricavare non pochi insegnamenti dalla sua diretta esperienza perché esercitò con tutta probabilità anche la pratica chirurgica. Pur sottolineando la scarsa originalità dell'autore, gli storici della medicina giudicano interessanti le sue osservazioni in campo ginecologico, e in particolare quelle riguardanti la gravidanza, anche se, dato l'uso di escludere gli uomini al momento del parto, F. non poteva ricorrere alla sua esperienza e doveva affidarsi alle dottrine degli antichi maestri. Accanto a osservazioni scientifiche non mancano però, nella sua opera, annotazioni dal carattere superstizioso: F. consiglia ad esempio che la partoriente tenga una calamita cosparsa di cenere di corno nella mano sinistra, che scriva con l'inchiostro il salmo "miserere mei Domine" e che, una volta lavato il foglio, beva l'acqua nella quale l'inchiostro si è sciolto. L'opera di F. offre così un quadro interessante degli elementi, scientifici e non, presenti nella medicina del XIV secolo.
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