Francesco d'Accorso
Rappresentante dei cosiddetti postaccursiani nell'interpretazione del Corpus iuris civilis, nacque a Bologna dal grande glossatore Accorso - il dantesco Francesco d'Accorso (If XV 110) è traduzione precisa di " Franciscus [filius] Accursii " - e dalla di lui prima moglie, nel 1225. Si noti d'inciso che per equivoco tra il nome di Accorso e Corso, dal Landino si scambiò per sorella del glossatore Piccarda Donati (cfr. anche U. Foscolo, Discorso sul testo della D.C., § 92).
Nello Studio della città natale F. si addottorò e professò con immenso successo l'insegnamento del diritto romano fino al 1273, quando si pose al seguito, quale consiliarius familiaris secretarius e clericus, del re Edoardo I d'Inghilterra che, di ritorno dal viaggio in Terra Santa, era passato per Bologna. A Oxford ebbe una casa o aula pagata, ma non pare svolgesse opera di docente, sì invece quella di assistenza al monarca per la riorganizzazione dell'ordinamento giudiziario (istituzioni conservatesi in parte ancor oggi), nonché per ambascerie alla corte di Francia e presso il pontefice Niccolò III. Con ricchissimi emolumenti e annua pensione, lasciò l'Inghilterra nel 1281.
In sua assenza, precisamente nel 1274 (e taluno pone in relazione questa data con la sua prudenziale andata in Inghilterra l'anno avanti), a Bologna prevalse la fazione dei Geremei, guelfa; sicché la sua famiglia fu bandita dalla città. Nel 1282, dopo aver fatto atto di omaggio e di sottomissione alla fazione imperante e al papa Martino IV, poté riprender l'opera di lettore allo Studio bolognese: nel 1284 sarà pienamente reintegrato nei suoi diritti. Morendo, dispose un'infinità di legati a favore di amici e parenti, di chiese, monasteri e opere pie, a riparazione di mal accumulate ricchezze: come il padre, aveva praticato l'usura.
Fama non inferiore a quella del padre circondò la sua persona, ma, è a credere, più come lettore che come scrittore, perché delle tante opere ascrittegli gli sono riconosciute soltanto i Casus (spiegazione del testo giuridico giustinianeo mediante finzione di caso pratico) apposti al Digestum Novum.
Dell'immensa fama e del valore del suo magistero nello Studio bolognese, vi fu attestazione ufficiale nel decreto emesso nel 1303 dal Consiglio Generale di Bologna col quale si esentavano i discendenti degli Accorsi dalle collette imposte ai seguaci dei Lambertazzi. Della popolarità che si formò intorno al suo nome e alla sua opera di giurista fa fede anche l'essersi impadronita di lui la leggenda popolare, accolta nel Novellino.
La dannazione per sodomia non trova riscontro in precise notizie biografiche di tale turpe peccato; i più, dal Landino in poi, sono inclini a credere trattarsi di maldicenza accolta, come non di rado, da D.; di che levavano querele " viri sapientes magnae literaturae ", secondo riferisce Benvenuto, che propende a credere essere la ragione della pena da ricercarsi nell'infelice principio, " Quum vir nubit in feminam, armentur leges ", professato nell'insegnamento dal giurista, e - a dire dello stesso commentatore - sarebbe pur sempre grave e sproporzionato castigo: ma quando lui stesso si trovò nel 1375 nello Studio bolognese e in un libro " reperit aliquos vermes natos de cineribus sodomorum, inficientes tantum illum Studium ", non poté non approvare la sentenza di D., e denunciò anzi la sua scoperta di vermi al legato pontificio in Bologna, il card. Pietro Bituricense.
Sul problema generale della condanna dei violenti contro natura, v. sodomiti. In riguardo specificamente a F. d'A., il Pézard ha supposto che sarebbe qui dannato per aver composto la Glossa, che poco posto avrebbe lasciato allo studio della teologia rendendosi così blasfema. Naturalmente deve supporre, con sommo arbitrio, che i Franceschi d'Accorso siano due: uno, figlio dell'Accorso da Bagnolo (1150-1229), e vissuto fin verso il 1265, l'autore della Glossa; l'altro, figlio di questo, e morto verso il 1294.
Bibl. - G. Panziroli, De claris legum interpretibus, Lipsia 1721, 120 ss., 251; G.M. Mazzucchelli, Gli scrittori d'Italia, I 1, Brescia 1753, 89-91; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., IV, Venezia 1793, 254 ss.; F.C. Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, II, Torino 1863, 391-398, 409; M. Sarti-M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, I, Bologna 1888-96, 161, 181-188, 193-203; II (Documenti) 56, 57, 66-67, 70-73; G. Gozzadini, Il palazzo detto d'Accursio, in " Atti e Mem. della R. Deputazione St. Patria Romagna ", s. 3, I 434; P. Fiorelli, Minima de Accursiis, in " Annali di St. del Diritto " II (1958) 1-15 (dove solo d'incidenza ci si occupa di F. d'A., in relazione ad A. Pézard, D. sous la pluie de feu, Parigi 1950, 173-184); ID., Accorso, in Dizion. biogr. degli Ital. I (1960) 116-121.