COCCHI, Francesco
Figlio di Clemente, agiato commerciante, nacque a Budrio (Bologna) il 13 febbr. 1788. Solo a diciotto anni, superata l'ostilità paterna, prese le prime lezioni di disegno da Faustino Trebbi di Budrio, architetto e pittore ornatista e quadraturista. I risultati dovettero essere incoraggianti, perché fin dall'anno dopo (1807) il C. cominciava a frequentare la Regia Accademia di belle arti di Bologna, venendo a contatto con gli ultimi eredi della scuola quadraturistica bolognese: tra gli altri, M. Berti, M. Braccioli, P. Palagi e specialmente Antonio Basoli che doveva avere su di lui un'influenza determinante: nel gusto del "per angolo", come nello studio del colore; nel rigore della ricostruzione stilistica e storica caratteristico dell'epoca neoclassica, come nella ricerca dell'espressione atmosferica e pittoresco- sentimentale preludente all'età romantica. Questa adesione pressoché totale ai moduli stilistici basoliani emerge, in particolare, dalla Raccolta di prospettive serie,rustiche e di paesaggio, pubblicata a Bologna nel 1810 dal Basoli, che lo volle disegnatore di buona parte delle incisioni.
Nel novembre 1811 il C. partì per Roma (probabilmente per aver vinto il cosiddetto "alunnato romano"), dove per due anni studiò con passione e impegno i monumenti e le rovine classiche. Indi coininciò a prodursi come scenografo al teatro Argentina.
I libretti dell'epoca, conservati per lo più all'Accadernia di S. Cecilia di Roma, testimoniano questa sua attività: si sa così che egli mise in scena le opere in musica Amuratte II di P. Raimondi (1813), Il trionfo di Alessandro Magno di G. Andreozzi (1815), Tancredi di Rossini (1815) e i balli eroici Boemondo (1814: il bozzetto si trova al Museo reale di belle arti di Copenaghen), La morte di Pompeiano (1815), Samandria liberata (1815) e forse anche La morte di Achille (1813) e Attila (1813).
Nel luglio 1815, dopo la restaurazione del dominio temporale dei papi, il C. partì per il Portogallo dove lo zio Francesco Saverio Fabri, architetto del re, lo aveva chiamato per la ricostruzione del palazzo di Belém (Lisbona); ma alcune divergenze con lui e il desiderio di non dipendere da alcuno lo indussero a darsi interamente al teatro. Egli dipinse così varie scene per il teatro S. Carlos di Lisbona e vi rinnovò tutta la decorazione della sala (il teatro è stato rifatto e non è stato possibile trovare documentazione dell'opera del C. a Lisbona). Nel settembre 1817, partito per Pietroburgo dietro le forti insistenze del console di Russia a Lisbona, fu costretto da una tempesta a fare tappa a Copenaghen, dove, peraltro, rimase tre anni, realizzando per il teatro Reale alcune scenografie di grande successo. Ma la sua intransigenza nell'allestimento degli scenari e il difficile rapporto instauratosi col direttore, impedirono la sua assunzione al teatro: il suo piano di mettere in scena un balletto con una tecnica "a colpi di scena" era stato infatti giudicato inattuabile; e seppure il C. si prendeva la sua rivincita realizzando con enorme successo il piano in un teatrino della periferia di Copenaghen, tuttavia, nel 1820, dovette trasferirsi ad Amburgo.
Qui si adattò a lavorare per un teatrino di second'ordine, nella Steinstrasse, specializzato in spettacoli di orrore e di brivido (impresari Krüse e Suski); ma già dal 5 genn. 1827 abbiamo notizia della sua assunzione da parte di J. Herzfeld e del grande F. L. Schmidt (che lo avrebbe ammirato poi sempre moltissimo) per il teatro più importante della città, lo Stadttheater, che aveva appena schiuso i battenti.
Notevoli, tra le altre, nella testimonianza dei contemporanei, le sue realizzazioni sceniche per l'Oberon di K. M. v. Weber (1829), il Flauto magico di W. A. Mozart (18301, l'Omino grigio di E. Devrients (1834), l'Ebrea di J. F. Halévy (236), gli Ugonotti di G. Meyerbeer (1837), il Guido e Ginevra o La peste a Firenze di J. F. Halévy (1839). Di tutto il periodo amburghese a noi non restano che un'incisione del 1820 (Castello gotico) conservata al Museum für hamburgische Geschichte di Amburgo e un album di disegni e acquerelli conservato all'Accademia di belle arti di Bologna, che porta anche, tra gli altri, una serie di bozzetti destinati al Faust di Goethe (forse rappresentato allo Stadttheater nel 1832): ancora evidente vi è l'impronta basoliana, ma, se da un lato il suo eclettismo stilistico si arricchisce di moduli nordici sconosciuti al Basoli, dall'altro, sotto l'influenza della cultura romantica, si accentua la ricerca dello spazio come ambiente e dell'atmosfera come espressione sentimentale ed evocativa. In quegli anni, secondo l'Azzolini, (1881), sarebbe stato a Pietroburgo, Parigi, Berlino e Londra; si possono, però, avanzare dubbi sulla possibilità di lunghi soggiorni fuori di Amburgo perché la permanenza del C. in questa città è sufficientemente documentata, fino al 1840, e anzi vi si trovava ancora nel 1842 (Masini; Azzolini).
Dopo il terribile incendio di Amburgo del 1842 che distrusse, oltre a tutte le sue sostanze, anche una grande quantità di materiale artistico destinato a un'opera sull'architettura ogivale che infatti non avrebbe mai visto la luce, fu offerta al C. (che in tal modo fu preferito a D. Ferri e a G. Badiali) la cattedra di prospettiva all'Accademia pontificia di belle arti di Bologna, rimasta vacante per la morte del professor M. Berti.
Il suo ritorno a Bologna segnò la fine di ogni sua attività nei teatri; di tutto il periodo, infatti, che va dal 1842 fino alla sua morte ci restano varie notizie (fu direttore dell'Accademia [1859] e occupò un posto di primo piano nell'organizzazione di ogni manifestazione culturale e sociale della città), ma non abbiamo alcuna documentazione relativa a qualche sua realizzazione scenica. Si ha, in compenso, oltre a scarse, lacunose testimonianze (Masini; Azzolini) della sua attività di ornatista (palazzo Malvezzi-Medici; palazzo Spada) e di architetto (vedi i bozzetti conservati al palazzo comunale di Budrio), una grande quantità di bozzetti e di incisioni scenografiche conservati all'Acc. di belle arti e alla Pinac. di Bologna, alla Fondazione Cini di Venezia, al Museo teatrale alla Scala, nella Raccolta Bertarelli del Castello di Milano, all'Accademia di S. Luca di Roma: tutti testimoniano la sua instancabile attività di insegnante e di artista, teso molto spesso (ed è certo il dato più interessante della sua evoluzione di questi anni) in uno sforzo di distillazione del mezzo espressivo e di superamento del particolare stilistico. Questa ricerca di essenzialità non lo porta certo a rinnegare la saldezza dell'impalcatura prospettica bibienesca, ma ne promuove nuovi, interessanti sviluppi. Le sue Lezioni di prospettiva pratica e regole abbreviatrici per disegnare le scene, corredate dalle venticinque tavole incise da L. Ruggi e pubblicate a Bologna nel 1851, si muovono invece interamente nel solco della tradizione prospettica bolognese di cui vogliono essere l'illustrazione e la divulgazione. Il metodo delle "regole abbreviatrici" (metodo che si può far risalire almeno fino al Taccani), che il C. finisce per privilegiare nettamente rispetto al metodo classico del riferimento ai punti di concorso, è il segno più evidente della decadenza subita dalla prospettiva, ormai ridotta a mero strumento cui si richiede soltanto l'agilità operativa.
Il C. morì a Bologna l'8 apr. 1865.
Fonti e Bibl.: Fondamentale per la ricostr. della vita del C. è una sua lettera spedita nel 1840 al commerciante amburghese O. C. Gaedeckens (da cui fu infatti tratta la voce "Cocchi" per lo Hamburgisches Künstler-Lexikon, Hamburg 1854) e conservata nell'Archivio di Stato di Amburgo. Altre lettere sono conservate nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna e nell'Accademia di S. Luca di Roma. Ma vedi anche: C. Masini, Necrol. di F. C., Bologna 1865; S. Muzzi, Nelle sale dell'Accad. Pontificia di Belle Arti in Bologna, in La Farfalla, 6 dic. 1843, 13 dic. 1843; G. Golfieri, Esposiz. di belle arti a Bologna,ibid., 2 dic. 1846; Raccolta ined. di 50 scene teatrali…, disegnate ed incise da L. Ruggi, Bologna 1844 (ill.); G. Bellentani, La premiaz. e l'esposiz. di belle arti ed industria del 1855 in Bologna, Bologna 1855; Th. Overskou, Den danske Skueplads, IV, København 1862, pp. 483, 508, 526, 579; C. Masini, Atti dell'Accademia... riferiti dal segretario, Bologna 1865, pp. 19-27; H. Uhde, Denkwürdigkeiten des Schauspielers... F. L. Schmidt…, Hamburg 1875, II, pp. 232, 246, 252, 273, 311, 333, 349, 366; Id., Das Stadttheater in Hamburg…, Stuttgart 1879, p. 13; E. Zimmermann, Geschichte der Lithographie in Hamburg, Hamburg 1896, p. 30; T. Azzolini, Ricerche biografiche su F. C., Bologna 1991; G. Ferrari, La scenografia italiana, Milano 1902, pp. 199-202; C. E. Rava, La scenografia, in Il Museo teatrale della Scala, Milano 1913-1916, p. 285; H. Chevalley, Hundert Jahre Hamburger Stadttheater, Hamburg 1927, p. 14; C. Ricci, The art scenography, New York 1928, p. 17 (ill.); Id., La scenografia ital., Milano 1930, p. 27 (ill.); V. Mariani, Scenografia ital., Firenze 1930, p. 55 (ill.); G. Zucchini, Edificidi Bologna, Roma 1931, 1, pp. 128, 170, 181; II, p. 20; G. Ricci, F. C. pitt. scenografo, in Il Comune di Bologna, XVIII (1931), pp. 31-35; L'opera del genio italiano all'estero, E. Lavagnino, Gli artisti in Portogallo, Roma 1940, p. 164; E. Prampolini, Lineamenti di scenografia ital., Roma 1950, p. 9, tav. XXIX; M. Viale Ferrero, I disegni scenogr. della racc. Fatio, in La Critica d'arte, IV (1957), p. 388; F. Mancini, Scenografia italiana dal Rinascimento all'età romantica, Milano 1966, pp. 151 s. (ill.); P. Pinagli, Il romanticismo di Verdi, Firenze 1967, ill. 10; F. Mancini, Scenografia romantica, in La Critica d'arte, XV (1968), pp. 68 s.; Accad. Clementina..., Manifest. inaugurale... (catal.), Bologna 1970, p. 7 (due acquerelli); G. Roversi, Bologna ai tempi di Stendhal (catal.), in Archiginnasio, LXVI-LXVIII (1971-73), pp. 807 s. (riproduce anche i due acquerelli preced. cit.); E. Tamburini Santucci, F. C., in IlCarrobbio (Bologna), II (1976), pp. 401-425 (ill.); Musei e Gall. di Milano. Museo... alla Scala, Milano1976, III, p. 584, tavv. 957-960; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 133 s.; Encicl. dello Spettacolo, III, col. 1006 e tav. CXXXI; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, III, Torino 1972, pp. 378 s. (ill.).