CARRANO, Francesco
Nacque a Napoli il 2 dic. 1815. La sua formazione ha inizio nel clima della reazione borbonica, di cui il C. diviene presto fiero nemico. Studia presso i gesuiti, ma ciò non gli impedisce di apprendere l'amore della libertà della patria attraverso la lettura dei classici, e attraverso la frequenza degli insegnanti privati, Nicola Manzone, che commenta il Filicaia, Lorenzo Fazzini, che cita Destutt de Tracy, Domenico Furiati, insegnante di diritto. A questi si aggiunge la funzione nazionale dell'insegnamento puristico di Basilio Puoti, e, ancor più importante per il C., la lezione della critica di Francesco De Sanctis, suo maestro alla Nunziatella, che frequenta insieme con Carlo Pisacane. Nel 1841 il C. è incarcerato a Napoli, accusato dal Del Carretto di essere membro della Giovine Italia.
Sono in carcere con lui B. Musolino, mazziniano e rivoluzionario, e L. Settembrini. Quest'ultimo gli parla del Machiavelli e gli infiamma l'animo con il pensiero della possibile rinascita del primato guerresco dell'Italia. Non a caso la sua prima fatica letteraria è la traduzione di un'opera di tecnica militare (Sui posti avanzati di cavalleria leggiera. Ricordi di F. De Brack, seguito dal manuale di La Roche-Aymon, prima versione italiana, Napoli 1845; nella prima edizione del 1843, manca invece il manuale di La Roche-Aymon).
Pur vivendo in un ambiente pieno di influssi mazziniani, il C. già a Napoli nutre dubbi sulla validità della via rivoluzionaria alla indipendenza e pensa alla necessità di inquadrare e disciplinare in un esercito, nazionale la forza popolare.
Nel 1844 legge il Primato di Gioberti, ricevendone una fortissima impressione e la convinzione (che è la base, assai ingenua, delle sue più tarde opere storiche) della necessità storica, impersonale e vichiana, delle future grandezze d'Italia. Nel 1846 i suoi interessi per l'aspetto militare della lotta risorgimentale si rafforzano con la lettura delle memorie di Guglielmo Pepe, pubblicate a Parigi e, ancor più, nel 1847 con le esperienze militari fatte alle dipendenze del conte Cutrofiano, nel corso delle quali gli appare tutta la rozzezza e la impreparazione dell'esercito borbonico. Il C. infatti era stato ammesso nella reale compagnia delle guardie del corpo a cavallo, dove ottenne il grado di alfiere della fanteria.
è in questi anni che il C. compie le acute osservazioni sul livello tecnico e culturale dell'esercito borbonico, riprese dal Pieri (p. 175), e, soprattutto, sulla sua sottomissione al re e la scarsa devozione alla patria. Queste osservazioni, frequenti in tutte le opere storiche del C., dimostrano che ciò che gli interessa delle vicende militari è sempre l'aspetto politico e il rapporto con la vita civile.
Nel marzo del 1848 parte da Napoli con altri duecento volontari, tra cui i suoi colleghi della Nunziatella Enrico Cosenz e i fratelli Mezzacapo, per unirsi a Ferrara al generale Durando, che guida il corpo di spedizione pontificio alla guerra. Il C. guarda alla guerra di indipendenza non con l'animo repubblicano di alcuni volontari del '48, ma con la nascente convinzione della necessità di favorire la politica piemontese. Si distingue nel combattimento di Treviso contro gli Austriaci, nello stesso mese in cui Guglielmo Pepe parte da Napoli per Ancona, a capo dell'esercito napoletano (maggio 1848). Quando, nel giugno, il Pepe disobbedisce all'ordine di ritirata dalla guerra, dato da Ferdinando II, e corre alla difesa di Venezia con pochi volontari, il C. lo segue ed entra nel suo Stato Maggiore. Vede, infatti, nella difesa di Venezia, la realizzazione del concetto di milizia nazionale, fondamentale nella lotta per l'indipendenza e per il riscatto civile. Dopo la caduta della città, ripara nel regno sardo, dove rimane dal 1849 al 1860, prima a Genova, poi a Torino.
Qui si schiera tra i seguaci della politica cavouriana ed accentua la sua opposizione al repubblicanesimo rivoluzionario. Ammira la vita politica del Piemonte liberale ed identifica la sua posizione con quella dei sostenitori della "progressiva libertà". Perciò nel 1857respinge il tentativo di restaurazione murattiana a Napoli, convinto com'è che il murattismo verrebbe a porsi in posizione di continuità e non di rottura, rispetto al regime borbonico. Approva e sostiene invece la nascita della Società nazionale.
Si distingue nel gruppo della emigrazione meridionale in Piemonte. Il suo nome ricorre nell'epistolario di Francesco De Sanctis degli anni 1856-61, e anche, ma meno spesso, in quello di Mazzini.
Può essere indicativo del suo atteggiamento politico nel corso del soggiorno piemontese il fatto che Mazzini accenni positivamente alla sua opera sulla difesa di Venezia in una lettera del 1850 (Epistolario, XXII, p. 305), mentre in una lettera del 1857 lo accusa di voler pubblicare i Saggistorici-politici-militari del Pisacane eliminandone la "parte politica" (ibid., XXXV, pp. 136-37).
Nel 1858, infatti, il C. cura con altri la pubblicazione a Genova dei primi due volumi dell'opera postuma del Pisacane. Al periodo piemontese appartengono i primi lavori di storia del C.: Della difesa di Venezia negli anni 1848-49, Genova 1850; Vita del gen. Florestano Pepe, ibid. 1851, e Vita del gen. Guglielmo Pepe, Torino 1857.
Nella prima si esprimono le doti di scrittore militare del C., capace di descrivere ogni aspetto dell'assedio, senza perdere, nel racconto dei particolari tecnici, il respiro del patriota che ha vissuto e guidato la lotta e che ha ammirato la partecipazione popolare ad essa. Nelle due biografie domina l'interesse per le vicende militari dei Pepe, ed è in questo campo che il C. domina l'argomento. Per il resto, infatti, il racconto procede in modo piuttosto faticoso, con frequenti cedimenti ad una sia pur sincera retorica agiografica. Neanche qui mancano tuttavia la consapevolezza politica e la commossa partecipazione alla storia d'Italia.
Nel 1859 il C. si arruola nei Cacciatori delle Alpi comandati da Garibaldi, e combatte a Varese, a San Fermo, a Como e a Laveno. L'anno seguente racconta questa vicenda (anch'essa, come la difesa di Venezia, espressione dell'aspetto spontaneo e popolare del Risorgimento) ne I Cacciatori delle Alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859 in Italia, Torino 1860. Quest'opera (che ha come introduzione un brano delle memorie di Garibaldi, da questo consegnate al C. nel 1849) conferma la ispirazione militare-biografica della storiografia del Carrano.
Nel luglio 1860 il C., "maggiore in congedo", venne inviato da Cavour a Napoli, ove avrebbe dovuto collaborare alla realizzazione del "pronunziamento", essenzialmente militare, che avrebbe dovuto cacciare i Borboni, costituire un governo provvisorio e proclamare re Vittorio Emanuele II, prevenendo così lo sbarco di Garibaldi sul continente. Fallito questo tentativo, il C. raggiunse il quartier generale di Vittorio Emanuele a Firenze (rientrerà a Napoli solo con Vittorio Emanuele, tra gli ufficiali del seguito).
Terminata la guerra, il C. entra nell'esercito piemontese e viene nominato ufficiale di ordinanza onorario del re. Nel 1860, presentato agli elettori di Codogno dal marchese Giorgio Pallavicino Trivulzio, è eletto deputato al Parlamento. Annesso il Mezzogiorno, entra nel 1861 nello Stato Maggiore del generale Cialdini, che opera contro le bande dei briganti; nel 1862 è nominato aiutante di campo del re, attende alla organizzazione della guardia nazionale di Napoli e ne diviene prima comandante in seconda, per poi assumerne il comando fino al 1871. Vive a Torino gli ultimi anni della sua vita, dopo aver ottenuto il riposo col grado di maggiore generale; avendo a disposizione la biblioteca del re e quella del duca di Genova si dedica alla realizzazione della imponente opera in quattro volumi L'Italia dal 1789 al 1870, pubblicata postuma (Napoli 1910), a cura del generale E. Carrano, suo nipote. Dopo aver pubblicato le Veglie napoletane. Ricordanze e pensieri, Napoli 1882, pubblica le Ricordanze storiche del Risorgimento italiano, 1822-1870, Napoli 1885.
Quest'opera può essere considerata la più importante del C; è guidata dalla convinzione di ascendenza vichiana ed herderiana, che la storia del genere umano dimostra di essere sostenuta dalla legge provvidenziale del progresso della ragione e della giustizia, che conduce l'umanità verso una sempre più ampia libertà. A questa legge morale è impossibile opporsi: essa ha fatto sorgere in Italia l'ideale della indipendenza e ha sviluppato le lotte popolari tra il 1815 e il 1848. La storia del Risorgimento italiano nasce con la Rivoluzione francese e da essa trae i motivi ispiratori. Questa storia ha tre tappe: quella del "giovanile entusiasmo" delle insurrezioni popolari e della guerra di indipendenza, quella del "raccoglimento degli animi", in Piemonte, e infine quella della "rischiarata coscienza nazionale", dalla unificazione sotto Vittorio Emanuele alla presa di Roma (pp. XV-XVI). Più ampio spazio concede il C., anche qui, al racconto particolareggiato degli avvenimenti militari, considerati come il fulcro del processo risorgimentale, e dei quali aveva spesso una esperienza diretta, che si avverte nella viva partecipazione di molte pagine. A ragioni biografiche si deve anche l'insistenza sulle vicende napoletane, specie nella prima parte, dove è talvolta acuta la penetrazione di ambienti sociali e di situazioni politiche. Ma la distribuzione estrinseca della materia per anni svela una scarsa capacità di sintesi storica, di scendere nella viva e articolata sostanza politica degli avvenimenti fondamentali. La solidità della sua posizione di liberale filosabaudo appare nell'ultima pagina del suo libro, in cui si saluta la presa di Roma come l'apertura di "una Nuova Era della storia d'Italia", secondo le parole di Vittorio Emanuele, per il C. principale artefice del Risorgimento (p. 562).
è del C. anche una pubblicazione dal titolo Esequie di Innocenzo Marceno, esule napoletano, Torino 1853.
Il C. morì a San Fiorano (Milano) il 22 ott. 1890.
Fonti e Bibl.: M. D'Ayala, Bibl. militare ital.,Torino 1854, pp. 13, 257; G. Ferrarelli, Notizie biografiche, in F. Carrano, L'Italia dal 1789 al 1870, Napoli 1910, I, pp. V-VII; Ediz. naz. degli scritti… di G. Mazzini, Epistolario, XXII, p.304; XXIII, p. 290; XXXV, pp. 136 s., 238; XXXVII, p. 73; App., Epist., IV, p. 115; F. De Sanctis, Epistolario, Torino 1965-69, I-III, a c. di G. Ferretti-M. Mazzocchi Alemanni, ad Ind.; N. Rosselli, C. Pisacane nel Risorg. ital., Torino 1932, ad Indicem;F. Bartoccini, Il murattismo…, Milano 1959, pp. 41, 101; M. Mirri, F. De Sanctis politico e storico della civiltà moderna, Messina-Firenze 1961, ad Indicem;P. Pieri, Storia milit. del Risorgimento, Torino 1962,ad Indicem;E. e A. Croce, F. De Sanctis, Torino 1964, pp. 184, 293; Diz. del Risorg. naz., II, pp. 571-72.