CAPODILISTA, Francesco
Nacque presumibilmente a Padova nel 1405 da Giovan Francesco, lettore di diritto nello Studio padovano, e da Margherita figlia di Nascimbene da Rodi.
La data di nascita del C. è stata fissata dal Cestaro (XXXVII, 1, p. 110) sulla scorta della Cronica di Alvise Businello (Padova, Bibl. del Museo civ., B.P. 1462-I, III, f. 209v), confermando le congetture già avanzate da A. Segarizzi. Scarse sono le notizie relative alla vita privata del C.: il padre ci ha lasciato memoria, nel "codice Capodilista" (Padova, Bibl. del Museo civ., cod. B.P. 954), di due matrimoni contratti rispettivamente con Maria figlia del famoso giurista Rambaldo Capodivacca (cfr. L. Rizzoli, Le case dei nobili Capodivacca, in Archivioveneto-tridentino, I [1922], pp. 340-57) e poi con Gigliola di Pataro Buzzacarini. Dei due figli del C., Annibale e Sigismondo, il secondo fu dottore in legge, come voleva la consuetudine familiare (De Sandre, p. 35 n. 2).
La carriera pubblica del C. si può ricostruire in modo attendibile: conseguito il titolo di dottore utriusque iuris, probabilmente nello Studio padovano, esordì nella vita politica del suo Comune il 7 marzo del 1430, allorché fu nominato giudice e gastaldo della fraglia del quartiere delle Torricelle per i mesi di marzo, aprile e maggio di quell'anno.
Il 27 dic. 1430 il C. fu deputato "ad utilia"; il 7 apr. 1432 fu deputato "ad ecclesiam heremitanorum", e l'anno dopo designato consigliere del quartiere delle Torricelle, incarico che mantenne quasi ininterrottamente fino al 1459. Di nuovo deputato "ad utilia" nel 1435 e inoltre piùvolte "ad utilia et ad ecclesias" a partire dal 1436, fu incaricato dal Consiglio padovano di compiere ambascerie presso Venezia nel 1435, nel 1444 (quale latore di una supplica di riforma degli statuti cittadini) e nel 1451; negli anni precedenti, e in ogni caso prima del 1441, aveva ottenuto una cattedra di lettore ordinario di diritto nello Studio padovano. Nel 1439 sembra che il C. partecipasse alla congiura ordita da Iacopo Scrovegni e da Nicolò Camposampiero per consegnare Padova al duca di Milano, ma la mitezza della pena inflittagli fa intuire che le sue colpe non dovevano essere molto gravi: trattenuto a confino a Venezia insieme con altri congiurati - tra i quali Antonio da Rio, Anton Francesco Dotti, Stefano e Daniele Dottori (cfr. A. Segarizzi, Contributo alla storia delle congiure padovane, in Nuovo Arch. veneto, n. s., XXXI [1916], pp. 48-78, e Arch. di Stato di Venezia, Consiglio dei Dieci,Misti, reg. 12, c. 61r) - gli fu tuttavia permesso di seguire come avvocato a Firenze Antonio Borromeo. Finalmente, il 25 ott. 1441, ottenne di ritornare a Padova e rioccupare la sua cattedra.
In veste di promotore del dottorato di Iacopo della Leonessa, il C. è menzionato in data 28 apr. 1444 col titolo di "deputatus ad lecturam ordinariam" (Gennari, Zibaldoni, II, 739-40, ms. nella Bibl. del Museo civ. di Padova). A comprova della completa riabilitazione presso il Senato veneto, già il mese precedente dello stesso anno 1444(18 marzo), in seguito alle controversie patrimoniali relative alla confisca dei beni degli esiliati del 1439, aveva richiesto ed ottenuto modifiche alla "parte" sancita dal Consiglio dei dieci il 27 febbr. 1444, concernente l'eredità Scrovegni (cfr. Segarizzi, cit., p. 66, e Cons. dei Dieci,Misti, reg. 12, c. 150r, 19 marzo 1444).Analogo ufficio il C. svolse poi, nel 1448, tra gli esecutori testamentari di Antonio Ovetari per la decorazione della cappella omonima nella chiesa degli eremitani, affidata ai pittori Giovanni d'Alemagna e Antonio da Murano. Il già brillante "cursus" del C., stando almeno alle cariche documentate, si arricchì infine nel 1443 dell'ufficio di "provvisor ecclesiarum", di quello di "provvisor arce S. Antonii" nel 1444, e di "officialis" dell'Arca nel 1450.
Non sappiamo se il C. sia mai stato fuori dello Stato veneziano: non confermata, anzi contraddetta da vari documenti, e probabilmente inesatta, è la notizia, concordemente riferita dai vecchi biografi e ripresa dal Cestaro (XXXVII, 1, p. 111), secondo cui il C. fu governatore di Milano e consigliere di Filippo Maria Visconti nel 1444. Certo è che il C. ricevette cospicue offerte da Bologna, Ferrara e Napoli per recarsi colà a insegnare, offerte che furono superate dalla Repubblica veneta, che a due riprese, nel 1457 e nel 1459, venne in aiuto del C., il quale sosteneva di essere in precarie condizioni finanziarie e sollecitava aumenti di retribuzione; circostanza, questa, notevolmente infirmata dalle notizie patrimoniali ricavabili dalle polizze presentate nel 1444 (Archivio di Stato di Padova, Estimi, vol. 221, pol. 35) e nel 1456 (vol. 57, pol. 43: cfr. G. De Sandre, p. 38 n. 2), che lo dimostrano di censo elevato.
Nel 1457 il Senato veneto richiese la consulenza del C. quale oratore insieme con Antonio Venier per comporre "le differenze fra la Repubblica e gli Imperiali" a proposito di Montona, come si legge in una Istruzione istorica del 3 agosto conservataci dal codice It. VII, 1008 della Biblioteca naz. Marciana di Venezia, ff. 87 ss.; nello stesso anno, quale componente di una legazione, egli pronunziò a nome di Padova un'orazione in volgare di saluto al nuovo doge Pasquale Malipiero, motivando la scelta linguistica con l'ossequio ad una tradizione già collaudata dal cardinal Zabarella in occasione dell'elezione di Tommaso Mocenigo, e dal proprio padre, Giovan Francesco, per quella di Francesco Foscari.
Secondo la testimonianza della Cronica del Businello, avvalorata dalla di ulteriori notizie in atti e in documenti dopo il 1459. il C. morì il 28 marzo 1460 a Padova; la sua orazione funebre fu recitata da Antonio Dandolo.
Alla morte del C. fanno riferimento due sonetti del petrarchista padovano Marco Businello (su cui cfr. Cestaro, XXXVII, 21, pp. 31-34):il destinatario del primo è Annibale, figlio del C.; nel secondo si lamenta la morte del C., poeta e uomo di legge, e se ne dichiara, secondo i moduli tipici del compianto, l'insostituibile magistero poetico. Non meno positivi furono i giudizi della posterità sul C.: lo Scardeone e il Portenari ne esaltarono l'attività egregia di giurista, e del pari segnalarono il valore della sua produzione poetica; il Quadrio e il Vedova ribadirono la valutazione positiva che della poesia del C. aveva dato il Crescimbeni ai primi del '700, definendolo imitatore di Petrarca "con tal finezza di gusto che senza dubbio merita d'esser considerato tra i più riguardevoli suoi seguaci". In tempi più recenti l'attività poetica del C. è stata valutata piuttosto come esempio, non originale, ma indicativo comunque, di quel petrarchismo che dopo la morte del Petrarca "a Padova andò facendosi arcigno, pedante, intransigente" (Cestaro, XXXVII, 2, pp. 157 s.).Della produzione poetica del C., a tutt'oggi non pubblicata per intero, ci restano solo dodici componimenti, di cui tre (due sonetti e un capitolo in terza rima) gli sono attribuiti dal Cestaro (ibid., pp. 204 s.) per la loro contiguità, nel cod. 91 della Bibl. del Seminario di Padova a un sonetto del C. da lui scoperto e pubblicato. Un sonetto pubblicò L. Domenichi (Rime diverse di moltieccellentissimi auttori, Vinetia 1545, p. 138)traendolo probabilmente da una serie sinora inedita di quattro sonetti del cod. Marc. It. IX, 203;nello stesso codice, uno solo, oltre a quello pubblicato, reca l'indicazione del nome del C.; il Gennari tuttavia (Zibaldoni, II, p. 733)attribuiva al C. anche gli altri due (cfr. indice delle rime di F. C. in Cestaro, cit., p. 184). Dei restanti quattro sonetti, di cui uno fu pubblicato dal Crescimbeni (Dell'istoria della volgarpoesia, III, Venezia 1730, p. 265: lo stesso sonetto fu poi ripubblicato dal Vedova, p. 216)e un altro dal Medin (Il culto del Petrarca nel Veneto, in Nuovo Arch. veneto, n.s., IV [1904], p. 449), esistono le ediz. del Frati(Le rime del cod. Isoldiano, II, Bologna 1913, pp. 193 s.) e del Segarizzi, in appendice al suo studio sul C.; quella del Segarizzi (che è edizione critica fondata sui codici della bibl. universitaria di Bologna, Isold. 1739, f. 265rv, della Biblioteca comunale di Vicenza, 128, f. 38rv, e sul Riccardiano 1154, ff. 121r-122r) contiene anche il sonetto pubblicato dal Domenichi. L'orazione in volgare del C., conservata a Venezia nei codici Marciani Lat. XIV, 2, ff. 21v-24; Lat. XIV, 263; Lat. XIV, 265, ff. 193-195, e a Padova nei codici B 62, ff. 172-176 della Bibl. capit. e B.P. 197 della Bibl. del Museo civico, fu pubblicata per nozze a Padova nel 1858 e a Castelfranco nel 1863.
Delle opere giuridiche del C., il Cestaro (XXXVII, 1, pp. 112 s.) menziona quattro volumi di lezioni di diritto civile e canonico, i Commentari super II codices. La Bayerische Staatsbibliothek di Monaco conserva oltre a questi ultimi anche un'opera Super titulo de arbitris ed un Tractatus et repetitiones Lauri de Palazzolis et Francisci Capitibuslistae (cfr. K. Halm-G. Thomas-W. Meyer, Catalogus codd. latinorum Bibl. regiae Monacensis secundum A. Schmelleri indices, I, 3, Monachii 1873, pp. 116 n. 863, 118 nn. 882, 887). Un saggio dei Consilia giuridicidel C. ci è stato conservato dal codice Lat. V, 2 della Bibl. naz. Marciana di Venezia.
Una "lode" del C. è conservata manoscritta nella Chronica Patavina di G. D. Spazzarini, codice B. P. 915/III della Biblioteca del Museo civico di Padova; i due sonetti di lode del Businello sono nel codice Marciano It. IX 221, ff. 39v-40, e furono editi dal Segarizzi a p. 7 del suo saggio sul Capodilista.
Fonti e Bibl.: B. Scardeonii De antiquitate urbis Patavii,et claris civibus Patavinis…, Basileae 1560, p. 174; A. Portenari, Della felicità di Padova, Padova 1623, pp. 210, 239; G. M. Crescimbeni, Commentari..., II, 2, Roma 1740, pp. 147, 265; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, II, Milano 1741, p. 351; G. Vedova, Biogr. degli scritt. padovani, I, Padova 1832, pp. 215 s. Fondamentali ancora sulla vita e la attività del C. restano i saggi, integrantisi a vicenda, di A. Segarizzi, F. C. rimatore padovano del sec. XV, in Atti dell'Accad. scient. veneto-trentino-istriana, cl. 2, I (1904), pp. 53-61, e di B. C. Cestaro, Rimatori padovani del sec. XV, in Ateneo veneto, XXXVII(1914), 1, pp. 109-14; 2, pp. 30-44, 157 s., 184, 204 s. (pubblicato anche in silloge a Venezia nel 1913). Altre notizie sono reperibili in G. De Sandre, Dottori,Università,Comune nel Quattrocento, in Quaderni per la storia dell'univers. di Padova, I (1968), pp. 38 n. 2, 42; e in P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, ad Indicem (il componimento latino di un F. C. su Cosimo de Medici, segnalato dal Kristeller nel codice Vat. lat. 6875, f. 102, sarà da attribuire, se è esatta la data 1493, a un più tardo omonimo).