CAPACCINI, Francesco
Nato a Roma da Domenico e Barbara Procaccini il 14 ag. 1784, compì i suoi studi nel seminario romano e al Collegio romano e fu ordinato sacerdote il 19 sett. 1807. Durante l'occupazione francese di Roma, non volendo prestare il giuramento richiesto, si trasferì a Milano, ove fu accolto come precettore in casa del conte Porro Lambertenghi. Qui si specializzò in astronomia e negli anni 1812-1815 insegnò questa disciplina a Napoli. Il 1º sett. 1815 il cardinale Consalvi, dietro raccomandazione del cardinale Litta, prefetto degli studi al Collegio romano, lo fece nominare minutante della segreteria di Stato. Per circa otto anni, occupandosi in prevalenza di affari ecclesiastico-politici, il C. divenne il principale collaboratore del Consalvi.
Alla fine del 1823 egli preparò un piano di riforma della segreteria di Stato, per quel che riguardava l'organizzazione, il funzionamento e il metodo di lavoro di essa. Tale piano non fu però realizzato. Anzi, giunta al potere, durante il pontificato di Leone XII, la corrente anticonsalviana, il C. lasciò la segreteria di Stato. Questa, secondo il giudizio del Bunsen, ambasciatore della Prussia, perdette in lui "le seule homme qui connaissait les affaires" (H. Bastgen, 1929, p. 350 n. 2). Il 16 luglio 1824 venne nominato sostituto della segreteria dei Brevi, gli fu inoltre affidata la direzione della Pia casa d'industria alle Terme Diocleziane, di cui divenne poi nel 1827 presidente e visitatore apostolico. Il 27 febbr. 1826 fu anche nominato membro della neoeretta Commissione di sussidi. Non rimase tuttavia lontano per molto tempo dagli affari diplomatici della S. Sede: nel dicembre 1826, insieme con il cardinale Cappellari (il futuro Gregorio XVI), fu delegato, quale plenipotenziario pontificio, a condurre a Roma le trattative concordatarie con i Paesi Bassi, che furono poi concluse il 18 giugno 1827.
In seguito alle difficoltà sorte per l'esecuzione del concordato - particolarmente in relazione al Collegio filosofico di Lovanio, istituito nel 1825, la cui frequenza fu resa obbligatoria per il clero, e alle nomine dei vescovi - si rese necessario riprendere le trattative. Il C. fu così inviato il 10 giugno 1828 all'Aia (vi arrivò il 10 ottobre successivo) e diede prova, già in questa sua prima missione diplomatica, di una rara abilità, riuscendo a risolvere in maniera favorevole alla S. Sede le questioni pendenti e nello stesso tempo ad accattivarsi anche la simpatia del re. Nel maggio 1829 Pio VIII lo nominò internunzio in Olanda. In un momento di grave crisi interna, l'azione diplomatica del C. assunse una dimensione inattesa: avverso all'unione cattolico-liberale, ancora nella prima fase della rivoluzione del 1830 tentò di ravvicinare i cattolici al re e, nello stesso tempo, cercò di intervenire anche nell'impostazione della politica della monarchia, consigliando, ma invano, di fare concessioni ai Belgi insorti. Alla fine di agosto il C. lasciò Bruxelles per seguire all'Aia il re Guglielmo I, presso cui era accreditato, ma nella seconda metà di ottobre (come altri diplomatici) si ritirò a Londra dove continuò a seguire gli avvenimenti per mezzo del proprio segretario Antonucci, rimasto a Bruxelles.
Nella capitale inglese, nonostante la politica neutrale della S. Sede, il C. appoggiò efficacemente la causa dell'indipendenza belga, sia presso il Palmerston, con cui stabilì cordiali contatti sia presso i diplomatici delle potenze ivi presenti. Durante il soggiorno londinese, dovette occuparsi anche della sorte dello Stato pontificio, in seguito alla rivoluzione scoppiatavi all'inizio del febbraio 1831, non nascondendo la convinzione che, in caso di bisogno, nonostante il principio di non intervento proclamato dalla Francia, sarebbe stato utile invocare l'aiuto delle truppe austriache.
Gregorio XVI lo designò sin dall'inizio del suo pontificato alla carica di sostituto della segreteria di Stato. Ma soltanto dopo il suo ritorno a Roma ne ebbe la nomina insieme con la carica di segretario della Cifra (26 ott. 1831).
Riprese subito il vecchio progetto della riforma nell'organizzazione e funzionamento interno della segreteria di Stato. Il suo piano ottenne il gradimento del papa, ma restò anche questa volta inattuato. L'attività svolta nella segreteria di Stato fu, comunque, di notevole rilievo anche per la grande fiducia che poneva in lui il papa. Prendeva parte attiva - particolarmente durante il segretariato di Stato del cardinale Bernetti - non soltanto nel disbrigo di molti e difficili affari e nella direzione dei lavori del dicastero, ma anche nella stessa direzione della diplomazia pontificia. A più riprese si trovò a capo di fatto della segreteria di Stato, per l'assenza dovuta a malattia del card. Bernetti e anche del suo successore, il card. Lambruschini.
Nel periodo compreso tra il luglio 1836 e il novembre 1837, ricoprì anche la carica di segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari. A tale mansione poté dedicarsi, però, appena un anno. Il 12 giugno 1837, partì, infatti, da Roma per una missione diplomatica in Austria e Prussia, donde tornò solo il 4 ott. 1837. Ebbe colloqui anzitutto con Metternich, sia in relazione al ritiro delle truppe austriache chiamate nello Stato pontificio nel 1832, sia per ottenere il suo appoggio e presso l'imperatore di Russia, in favore dei cattolici polacchi, e presso alcuni Stati protestanti tedeschi, in particolare la Prussia, per un miglioramento dei loro rapporti con la Chiesa cattolica. Il C. ebbe colloqui cordiali anche in Prussia, senza poter risolvere, però, le questioni pendenti (matrimoni misti, condanna delle dottrine degli hermesiani); anzi la situazione presto peggiorò ancora di più. Il C. poco dopo il suo ritorno a Roma lasciò la segreteria della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari e la sua posizione si indebolì anche nella segreteria di Stato. È ancora da stabilire se ciò fosse dovuto all'insuccesso della sua missione in Prussia o ad altri motivi. Da questo momento in poi risulta comunque anche la mancanza di una reciproca fiducia e di una collaborazione cordiale tra lui e il segretario di Stato, cardinale Lambruschini.
Il C. nel maggio-agosto 1839 fu inviato a Napoli, per questioni riguardanti l'esecuzione del concordato concluso nel 1818, e vi seppe difendere con successo gli interessi della Chiesa.
La sua carriera presso la segreteria di Stato si concluse in modo insolito. Pur conservando la carica di sostituto, a partire dall'aprile 1841, fu inviato all'estero in una missione diplomatica straordinaria, per più di un triennio. Il 12 apr. 1841 fu accreditato presso il re d'Olanda come internunzio apostolico, inviato straordinario, ministro plenipotenziario e vicesuperiore delle missioni d'Olanda, per ottenere la sostituzione del concordato, concluso nel 1827, per il Belgio e l'Olanda, ancora riuniti, con un nuovo concordato. Ma neppure l'abilità diplomatica del C. riuscì a conciliare del tutto gli obiettivi opposti delle due parti: venne raggiunto un compromesso che permetteva l'attività della Chiesa cattolica in Olanda.
Dall'Aia il C. si recò a Lisbona. Il 18 nov. 1841 vi fu infatti inviato come internunzio straordinario e delegato apostolico, con il compito di riallacciare le relazioni diplomatiche con il Portogallo, rotte nel 1835. Dopo laboriose trattative ottenne l'obiettivo perseguito. Stanco ormai per la lunga lontananza da Roma, già nel febbraio 1843 manifestò il desiderio di tornare a riprendere il servizio presso la segreteria di Stato senza venir però accontentato. Dovette restare ancora per più di un anno in Portogallo, in attesa del successore mons. Camillo Di Pietro.
Il 20 febbr. 1844 fu nominato uditore della Camera apostolica; poté lasciare tuttavia il Portogallo solo nel settembre successivo, giungendo a Roma, malato, il 14 novembre, dopo aver prima visitato Parigi e Londra. Il 22 luglio 1844 fu creato cardinale, ma riservato in pectore: la pubblicazione avvenne solo il 21 apr. 1845. Morì il 15 giugno 1845 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Aquiro.
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