CANGIULLO, Francesco
Nacque a Napoli il 17 genn. 1884 da Gennaro e Concetta Pennino, primo di dieci figli.
Discendeva, per linea paterna, da affermati intagliatori in legno: il nonno, Francesco, aveva realizzato mobili per la reggia di Caserta e per la reggia di Napoli. Il padre aveva aperto una bottega presso il convento di S. Antonio a Tarsia, dove in seguito aveva lavorato come istrut tore per i corsi di allievi falegnami; trasferitosi poi nel rione Sirignano a Chiaia si era specializzato nella lavorazione di mobili in stile Rinascimento, con attenzione rivolta anche al Trecento. Suoi lavori arredarono palazzi, ville e case aristocratiche a Napoli, a Roma e in altre città d'Italia, e raggiunsero anche l'estero. Gennaro fu anche scultore e arredatore: le sue statue. in legno, di carattere realistico, non erano pezzi a sé, ma destinate a completare e ad arricchire ambienti ideati o ridisegnati secondo un modulo unitario. Nella sua bottega, come testimonia in un articolo rievocativo il pittore di marine E. Guardascione (Un maestro del legno, in Corriere di Napoli, 16 ott. 1920), si incontravano pittori, scrittori e giornalisti: tra i suoi ammiratori erano P. Scoppetta, F. Russo, S. Di Giacomo, M. Serao ed E. Scarfoglio.
In quest'ambiente crebbe e si formò il C., e ad esso in parte dovette l'effervescente vocazione artistica e la disponibilità verso un modo di essere intellettuale aperto alle più diverse e concrete esperienze. Come scrittore, infatti, e come arti sta in genere -pittore, musicista, scultore, autore di teatro -, il C. predilesse il contatto con la strada e i procedimenti per prove e riprove.allo studio rigoroso e disciplinato. Quando, poi, s'incontrò col futurismo, trovò nelle polemiche radicali del movimento contro l'accademia, il museo, la biblioteca, un fortissimo avallo al suo atteggiamento di istintivo operatore culturale.
A quattordici anni, il C. mostrava un temperamento artistico esuberante; scrisse in seguito di quel periodo: "scolpivo, facevo versi, dipingevo, suovano il piano, da me solo, solo da me, apprendendo tutto da me …" (Le serate futuriste "1930], Milano 1961, pp. 33-34). Intervenne presto nella vita culturale cittadina, pubblicando i primi scritti a sue spese, tra cui Non c'è. Roberto Bracco e Matilde Serao, Napoli 1910. Ma la sua attività di scrittore si estrinsecò pienamente solo dopo l'incontro con il futurismo, avvenuto in occasione della prima "serata" al Mercadante di Napoli del 1912.
Arruolato nel movimento, si trovò presto coinvolto nell'attività di Marinetti, di cui fu segretario, "spalla", portaordini, suggeritore. Partecipò a quasi tutte le più proverbiali battaglie del movimento: le "serate" di Catania, di Palermo, di Catanzaro, di Milano, di Firenze, di Trieste, le manifestazioni antiaustriache e interventiste all'università di Roma e sulle piazze di altre città, le mostre storiche di pittura e scultura futuriste, le prove degli intonarumori, gli incontri con Stravinskij, Diagilev, Massine.
Nel 1912, a Milano, pubblicò Le cocottesche, in versi liberi, con prefazione di A. Palazzeschi. L'influenza palazzeschiana sul C. fu notevole: dal verso snodato ed elettrizzato alla poetica del divertimento irridente. Ma, viceversa, anche in Palazzeschi restarono impigliate suggestioni napoletane e cangiulliane, dall'etimo piedigrottesco. Certi sberleffi e scherzi pulcinelleschi, certi ritornelli napoletani rifluirono consapevolmente perfino nell'ultimo Palazzeschi, come nel Doge (1967).
Scoppiata la guerra, fu dichiarato inabile e assegnato al "deposito". Tra il 1915 e il 1916, persuase F. Russo ad aprire la sua rivista La Vela latina al futurismo. Furono pubblicati così numeri, ispirati e diretti dal C., fondamentali per la storia del movimento e per i suoi svolgimenti. Nel 1916 compose il "grottesco coreografico" Il giardino zoologico per i balletti russi di Diagilev, che doveva essere musicato da M. Ravel. Intanto, veniva a contatto con Cocteau, Prokofev, Apollinaire e con il gruppo del cabaret Voltaire di Zurigo (in particolare Tzara, Hugo Ball, Jancu).
Nel 1917 fu coautore con Petrolini dell'atto unico Radioscopia, rappresentato per la prima volta al Politeama di Napoli (questo dramma, creduto perduto, è stato recentemente recuperato e pubblicato: Piscopo, 1981, pp. 55-60). Di esso e dei rapporti con Petrolini, l'autore parla ampiamente, in forma ronianzata, in L'amante che non morrà (Napoli 1919).
Tra il 1918 e il 1924, dette le prove sperimentali più audaci e originali: Caffeconcerto (Milano 1918); Il debutto del sole (Napoli 1919), con un giudizio di Marinetti; Poesia pentagrammata (ibid. 1923), dove si tenta un ibrido fra poesia e musica e si aprono varchi a nuove espressioni; Il sifone d'oro (ibid. 1924), tradotto in francese da Marinetti. Sul piano della miscelazione dei generi, egli non si limitò a fare entrare in contatto musica e poesia, ma avvicinò anche teatro e narrativa, con Poupée sulle gambe del barone (ibid. 1920), e poesia, grafica e pittura.
L'11 ott. 1921, lanciò con Marinetti il manifesto Teatro della sorpresa (pubbl. in Il Futurismo, genn. 1922; Fossati, 1977), il cui progetto tentò di realizzare e diffondere durante la tournée con la compagnia di R. De Angelis. Doveva essere il superamento dei teatro sintetico e il definitivo incontro tra teatro e vita. Ma il tentativo contrastava con la vischiosità dei tempi, sensibili invece al rappel à l'ordre. Nel 1924, il C. ruppe ufficialmente con il futurismo con una lettera al Mattino di Napoli, e tuttavia l'incontro con quel movimento era stato per lui eccezionalmente significativo.
La stagione futurista (1912-1924) aveva posto in essere tutte le potenzialità creative del C., al punto che i suoi stessi limiti (goliardismo, spontancismo, mancanza di studio sistematico) si presentavano come acquisiti in positivo. Al futurismo, d'altra parte, egli dette apporti originali; collaborò infatti alla delineazione di un nuovo atteggiamento intellettuale della dinamica anonima di gruppo e dei potenziamento della sensibilità antropologica, attraverso il recupero e il riciclaggio della cultura del vicolo. Mentre, invece, sarebbe eccessivo attribuire al C. grandi meriti quale anticipatore nel campo della sperimentazione.
Dopo la stagione futurista, iniziò per il C. una lenta e lunga fase di ripiegamento intimista. Nel 1942, tornò allo scoperto con Il manifesto futurista della amicizia di guerra (edito a Roma), scritto con Marinetti, per il quale nutrì sempre affetto e stima. Durante il fascismo, difese una sua appartata autonomia; nell'Italia postfascista, restò schivo e isolato, sebbene non mancassero sollecitazioni a che si iscrivesse a qualche partito politico. Nella vita privata, scontò duramente l'isolamento, coinvolgendo la sua famiglia in gravi sacrifici. Nel 1956 compì l'ultimo gesto provocatorio: alla galleria Blu di Prussia, a Napoli, espose e mise in vendita documenti e libri, quadri e oggetti cari, come a voler significare uno smembramento della sua vita e una perdita definitiva d'identità.
Negli ultimi anni, dopo aver rotto con la famiglia, con cui si era trasferito a Roma nel 1956, si ritirò a Livorno, dove morì il 22 luglio 1977.
Del C. oltre alle opere già citate si ricordano: Amori parigini. La "Maddalena" del Caffè Fortunio, Napoli 1912; Dieci commedie sintetiche futuriste, Milano 1920; Blu marino, Napoli 1923; Ninì Champagne, Pozzuoli 1930; Le vie della città, Napoli 1935; Il golfo di Napoli, ibid. 1938, Paesi, ibid. 1938; Le novelle del varietà, ibid. 1938, Lettere a Marinetti in Africa, ibid. 1940; Capri e Amaffi, ibid. 1941; Poesia innamorata, ibid. 1943; Addio mia bella Napoli, Firenze 1955; Teatro della sorpresa, Livorno 1968 (insieme con F. T. Marinetti).
La produzione del C. nel campo delle arti figurative è limitata, per ambito cronologico e stilistico, all'adesione del poliedrico autore al futurismo. Risale al 1913 la sua prima frequentazione dell'ambiente futurista romano, e in particolare di Giacomo Balla, con cui si produsse in clamorose azioni e con cui condivise importanti esperienze artistiche: nel 1914 firmarono la tavola parolibera Palpavoce (Milano, collezione Calmarini), uno dei primi esempi di uso di "lettere umanizzate", già sperimentato l'anno precedente dal C. nell'opera Quattro carabinieri. Ancora in collaborazione con Balla erano alcune pitture ed oggetti realizzati in occasione della I Esposizione libera internazionale futurista, allestita nell'aprilemaggio 1914 presso la galleria romana di G. Sprovieri: qui il C. presentò anche due sculture - Testa di filosofo passatista + schiaffi futuristi e Quadro suo malgrado - ed una "combinazione dinamica d'oggetti", ideata insieme con F.T. Marinetti, dal titolo La signorina Flic flic Chiap chiap.
Il 13 aprile, per l'inaugurazione, si era svolta un'autentica performance - I funerali del filosofo passatista - in cui l'effige di B. Croce, "creta scolpita a schiaffi" dal C., veniva percossa con un lungo pennello mentre l'autore eseguiva al pianoforte una melodrammatica marcia funebre; nella stessa sede già il 29 marzo, su di un fondale dipinto per l'occasione da Balla, Marinetti aveva recitato, con "declamazione agita", Piedigrotta, poema parolibero del C. (Futurismo e futurismi, 1986, p. 559), pubblicato a Milano nel 1916, preceduto dal Manifesto sulla declamazione dinamica e sinottica dello stesso Marinetti (ibid., pp. 439, 559). Al medesimo poema, per le edizioni futuriste di poesia, fu dedicata una famosa serata alla galleria Sprovieri di Napoli il 14 maggio 1914; e ad esso si ispirò il maestro F. Casavola nel comporre frammenti musicali ed un balletto (in Noi [Roma], 1923, n. 5). L'opera, vero capolavoro tipografico per l'uso di svariati tipi di corpi organizzati in sorprendenti ed originali schemi visivi, è la traduzione grafica e la scanzonata interpretazione rumorista ed onomatopeica della celebre festa partenopea: una raccolta dunque di tavole parolibere, genere dei quale il C. si considerò l'inventore avendo ideato, a soli quindici anni, la "firma panoramica" (l'iniziale "C" che si gonfia a formare il golfo mentre dal Vesuvio esce in un pennacchio la parola "Napoli").
Con alcune tavole parolibere, aveva esordito nel 1914 su Lacerba (Fumatori, 1° genn. 194; Serata in onore di Yvonne, 15 giugno 1914); e alcune di queste tavole, del C., P. Buzzi, C. Garroni e di Marinetti, erano state da quest'ultimo spedite a Hugo Ball e poi esposte al cabaret Voltaire di Zurigo nel 1916; aveva collaborato, dal gennaio al marzo 1916, a Vela latina, dalle cui colonne lanciò l'alfabeto a sorpresa, teso a sfruttare le possibilità plastiche ed espressive dell'alfabeto: "fusione della massima culminante divinazione verbale-letteraria e della massima culminante divinazione pittorica" (Marinetti, dal fronte, 22 ott. 1918; testo inserito nel catal. della Grande Esposizione nazionale futurista di Milano, Genova e Firenze, 1919).
Il risultato più maturo di quell'invenzione fu Caffeconcerto, "canzonettistico libro color di paillettes", le cui pagine, ciascuna di diverso colore, visualizzano la rappresentazione di uno spettacolo completo del varietà. Con il montaggio e la deformazione di caratteri tipografici, lettere e numeri, sono ottenuti giocolieri, ballerine ed acrobati che si esibiscono sulla ribalta della pagina con sorprendenti effetti di comicità tutta partenopea. Alcune di quelle tavole erano già state presentate, insieme con un altro centinaio di pezzi, alla mostra "Alfabeto a sorpresa", allestita presso Bragaglia a Roma nel novembre 1918 dal C. e dal fratello minore Pasqualino, ed ancora nella primavera del 1919 alla citata Grande Esposizione nazionale futurista presso la Galleria centrale d'arte a Milano (poi a Genova e a Firenze) e, nel marzo 1922, alla Esposizione futurista internazionale al Winter Club di Torino.
Al C. spetta anche la creazione di un modello di arte postale futurista: la cartolina tricolore (modificata nell'equilibrio cromatico secondo la tesi marinettiana della prevalenza del rosso), ideata nel 1915 (Futurismo e futurismi, 1986, ill. p. 453), nella quale il contenuto della comunicazione si sintetizza in alcuni punti (futurismo, guerra, donne, ecc.) e in un "totale" che dà, in una sola parola, lo stato d'animo dello scrivente.
Il C. collaborò anche a L'Italia futurista di Firenze (Pompei - scavi, 1916, n. 5; Due lettrici nella lettura, 1917, n. 3), a La Folgore futurista di Pavia (La piccola cioccolattaia, 1917, n. 2), a Roma futurista, dove tra l'altro pubblicò il manifesto Il mobilio futurista (22 febbr. 1920, n. 71) sul tema dei "inobili a sorpresa, parlanti e paroliberi".
S. Zatti
Fonti e Bibl.: Inediti e documenti si trovano nel Fondo Cangiullo a Fiesole, Archivio della Fondazione Conti; a Livorno, Archivio Mena Ioimo; a Napoli, Archivio Paolo Ricci. Si veda inoltre: U. Piscopo, Questioni e aspetti del futurismo. Con un'appendice di testi del futurismo a Napoli, Napoli 1976, ad Indicem; E. Sanguineti, C. di Napoli, in Paese sera, 28 luglio 1977; P. Fossati, La realtà attrezzata, Torino 1977, pp. 100-107, 247 ss. e passim; L. Caruso, F. C. e il futurismo a Napoli, Firenze 1979; U. Piscopo, Futurismo a Napoli 1915-1928, Napoli 1981, ad Indicem; Id., Futuristi a Napoli. Una mappa da riconoscere, Napoli 1983, ad Indicem; L. Caruso, Cangiuffiana, LivornoNapoli 1984; P. Masnata, Poesia visiva. Storia e teoria, a cura di M. Verdone, Roma 1984, ad Indicem; U. Piscopo, Napoli, quasi un manifesto, in Arte e civiltà delle macchine. Il futurismo, num. monografico della rivista Il Lettore di provincia, XVIII (1987), n. 69, pp. 57-67. Per l'attività del C. in campo figurativo vedi: E. Crispolti, Il mito della macchina ed altri temi del futurismo, Trapani 1969, passim; G. Lista, Futurisme. Manifeste, documents, proclamation, Lausanne 1973, ad Indicem; Tavole parolibere futuriste (1912-1944), a cura di L. Caruso-S. M. Martini, I, Napoli 1975, pp. 98-120; II, ibid. 1977, pp. 85-112, 460 s.; F. C. (catal., galleria p. 21), Roma 1977; A. Lora Totino-L. Caruso, F. C. (catal., galleria Martano), Torino 1979-80; E. Crispolti, Ricostruzione futurista dell'universo (catal.), Torino 1980, pp. 360 s., 592 s.; G. Ballo, Boccioni a Milano (catal.), Milano 1982, p. 341; G. Lista, Le livre futuriste de la libération du mot au poème tactile, Modena 1984, p. 145; C. Salaris, Storia del futurismo, Roma 1985, passim; Futurismo e futurismi (catal.), Milano 1986, ad Indicem; M. S. De Marinis, in In margine. Artisti napoletanifra tradizione e opposizione (1909-1923) (catal.), Milano 1986, pp. 152-169.
U. Piscopo-S. Zatti