BRACCIOLINI (Dell'Api), Francesco
Nacque a Pistoia il 26 nov. 1566 dal giureconsulto Giuliano, che seguendo la tradizione domestica aveva tenuto le maggiori cariche cittadine, e da Marietta Cellesi, nipote di Selvaggia Bracali, rimatrice di qualche fama nell'ambito pistoiese. Le condizioni economiche della casa non erano molto floride e pertanto fu avviato, a Bologna e forse a Pisa, allo studio delle leggi, nelle quali divenne dottore senza prendervi passione, perché già tutto incline alle lettere. Stabilitosi a Firenze, poté seguire l'inclinazione naturale: ventenne fu ascritto all'Accademia Fiorentina insieme a Iacopo Mazzoni e Francesco Patrizi - nello stesso anno di Maffeo Barberini - e vi dichiarò un sonetto di Cino da Pistoia; intanto si esercitava nelle prime composizioni poetiche, avvalendosi anche del mecenatismo di G. B. Strozzi il cieco, volto specialmente agli esempi del Tasso e del Guarini.
Verso il 1590 si avventurò, con non grande successo, a Roma; fu poi uomo di corte a Napoli, a Genova, ove strinse amicizia col Chiabrera, e nuovamente a Roma. Di là passò alla segreteria del cardinale Federico Borromeo a Milano, nel quale servizio di sei anni (circa 1595-1600), piuttosto gravoso e rattristato da una malattia che lo tenne convalescente nel monastero di Sant'ambrogio, cominciò a dare alle stampe i suoi lavori: L'Amoroso sdegno,Rime pastorali e una vita di s. Diego.
L'Amoroso sdegno è una favola pastorale del tipo ormai consueto: Clori, seguace di Diana, non vuol corrispondere all'amore di Acrisio. Solo quando il pastore l'avrà liberata da un centauro e, caduto in un precipizio, se ne teme la morte, la fanciulla si intenerisce, cedendo infine allo sdegno di lui, che l'accusa di crudeltà. La trama è complicata da un'altra storia di amore parallela (Dafne e Selvaggio) e infarcita di tutti gli accessori del genere (contrasti di amori ed agnizioni). L'Aminta e il Pastor fido sono continuamente tenuti a modello, ma il verso è elegante e scorrevole e vi è freschezza nella rappresentazione della vita pastorale.
Nel 1601 il B. tornò a Roma, preceduto da buona fama poetica, come segretario di Maffeo Barberini, che lo apprezzava e lo incoraggiava a scrivere. Diede inizio, così, ad una intensa attività letteraria e di corte: fu tra i fondatori dell'Accademia degli Umoristi e venne accolto col suo signore in quella degli Alterati a Firenze; seguì il Barberini in numerose legazioni per la Curia romana: in Francia (1601) per la nascita del delfino, a Perugia per assistere alle opere di sistemazione del lago Trasimeno, nella nunziatura alla corte di Enrico IV a Parigi (1605), ove pubblicò la Croce racquistata.
È un poema eroico sulla guerra di Eraclio I contro il re dei Persiani Cosroe, con l'argomento ripreso forse dall'VIII libro degli Annali del Baronio e variato da vicende cavalleresche ed interventi soprannaturali. Frutto di un lungo lavoro di stesura e di correzione, ne restano due redazioni, nel complesso poco diverse, relative alle due stampe in ventiquattro (1605) e in trentacinque libri (1611). Attento alle caratteristiche esterne della Liberata, che seguì con le complicazioni del gusto del suo tempo, il B. riprese la materia romanzesca ed epica delle fonti tradizionali con facile vena narrativa, ma senza una vera adesione e con scarso vigore.
Nel settembre 1605 il B. lasciò improvvisamente il Barberini, diretto dalla corte di Francia a Pistoia, con l'intenzione di darsi alla vita ecclesiastica, forse per ottenere un canonicato o perché aveva perduto le speranze sulle fortune barberiniane, dopo la morte di Clemente VIII. Nella sua città, lontano dalle corti, rimase sedici anni, il periodo della più felice produzione, nei quali rielaborò la Croce, scrisse tragedie, drammi, Lo Scherno degli dei e poesie giocose.
Le tragedie L'Evandro,L'Harpalice,La Pentesilea riflettono il pessimismo moraleggiante, con influssi senechiani, susseguente al Tasso, del teatro fra il Cinque e il Seicento; sono impostate sugli amori infelici di Evandro, re di Laodicea, con Orontea, figlia del re di Damasco Norandino, di ariostesca memoria, la prima; sulle nozze inconsapevolmente incestuose del conte di Valenza con la figlia e sulla reciproca gelosia di Pentesilea e Asbite, innamorate di Achille, le altre. I drammi e le composizioni giocose o di genere hanno fluidità e perizia tecnica, spunti di osservazione e di interesse per il reale.
Il poema burlesco Lo Scherno degli dei, composto in quattordici canti nel 1617 e uscito nel 1618 - prima della Secchia rapita, peraltro già diffusa manoscritta, per cui vi fu una contesa sulla priorità - è del B. il lavoro più noto e di maggior rilievo. Gli amori di Venere con Marte, sorpresi da Vulcano, che invaghitosi della scimmia Doralice viene sconciamente beffato, sono il racconto conduttore, su cui si inserisce un intreccio di episodi minori. La favola vuole essere un pretesto - che tuttavia tradisce una non superata suggestione dei miti - per opporsi al vezzo letterario della mitologia (Adone e poemetti mitologici), con evidenti concessioni alla diffusa tendenza al "variare" e al "naturale". Nel 1625 il B. aggiunse sei canti: gli dei, in contrasto tra di loro, o sono uccisi dalla Notte, o sbalzati dal Fato sulla terra, dove gli uomini si preparano a combatterli, sotto la guida di Prometeo, che hanno liberato. Questa seconda parte, interrottasi per la mancanza di un vero interesse, pur mantenendo la scioltezza e la correttezza dell'espressione, è inferiore alla precedente per disuguaglianze e attenuata facilità inventiva.
All'elezione al trono pontificio di Maffeo Barberini, pentitosi dell'errore di non essere restato al suo servizio - anche il Tassoni glielo aveva ironicamente rinfacciato -, il B. corse a Roma, accolto con simpatia e colmato di benefici e di onori. Gli fu anzi concesso di aggiungere allo stemma di famiglia le api barberiniane e al proprio cognome la designazione Dell'Api e venne assegnato al seguito del fratello del papa, il cardinale Antonio, che, malvolentieri, dové accompagnare a Senigaglia (1627), quando ne fu fatto vescovo. Ma subito dopo, adducendo la necessità di curare la stampa dell'Elezione di Urbano VIII, uscita nel 1628, ottenne di rientrare a Roma, donde non ripartì, essendovi ritornato anche il Barberini, rinunziatario del vescovato. Seguirono nuove composizioni drammatiche, i poemi La Roccella Espugnata e La Bulgheria Convertita, nonché poesie liriche e morali.
L'Elezione celebra in ventitré canti la vittoria delle Virtù sui Vizi, ostili all'elevazione di Urbano VIII al soglio papale, ma personificazioni e moralità appesantiscono l'andamento e il respiro dell'opera. Dei due poemi epici il primo, sull'episodio della guerra franco-inglese, è composto di quindici canti - non essendone stati pubblicati altri cinque, che poi andarono dispersi - comprendenti, oltre alla materia della cronaca, anche vicende di amori e scene meravigliose, con pregi di narrazione e con la consueta scorrevolezza, peraltro generalmente fredda. Il secondo è di carattere più romanzesco, in venti libri, sui casi di Trebelo, re dei Bulgari, convertitosi al cristianesimo. Fatti miracolosi, potenze divine ed infernali, amori e avventure, rivelano ancora una volta con evidenza la lezione del Tasso.
Alla morte di Urbano VIII (1644), il B., ormai vecchio e stanco, volle riparare nella sua Pistoia; ivi morì l'anno seguente, il 31 ag. 1645, nella vigna di Castel Traetti, e fu sepolto in città nella chiesa di S. Francesco.
Fedele alla tradizione, il B. rappresentò l'atteggiamento temperato di fronte al primo affermarsi del barocco; compositore fecondo eppur sorvegliato e misurato, non ebbe ideali da esprimere superiori a quelli della sua società, restando tuttavia ben significativo nella letteratura del trapasso dal secolo XVI al XVII.
I mss. del B. si trovano nelle biblioteche di Roma (Nazionale, Vaticana), di Firenze (Nazionale e Riccardiana), di Pistoia (Forteguerriana) e di Venezia (Marciana); fra le opere inedite si citano della Forteguerriana i drammi: Filli,Erminia,Angelica,Tisbe,Erilia,Tito,S. Giuliano,Alderano; i poemi, anche in abbozzo: Giuditta,Conversione della Maddalena,Endimione,La Franceide o I Gigli d'Oro (doveva comprendere, in tre parti, La recuperazione d'Amiens,La presa della Roccella,L'impresa di Savoia);ed inoltre i Pareri intesi a Roma sopra il poema (la Croce racquistata) e Varie memorie;della Vaticana (Barber.): Saffo e Sant'Eulalia; Note su Dante (Chigi, L. IV, 111. 1); i biografi ricordano anche La liberazione di Pistoia, ora non reperibile.
Le opere a stampa sono: L'Amoroso sdegno, Venezia 1597 e, con aggiunta di Rime pastorali, Milano 1597, più volte rist. e tradotto in francese (Parigi 1603 e 1612); Compendio della vita,morte et miracoli di s. Diego..., Milano 1598; Della croce racquistata, Parigi 1605, Venezia 1611, Milano 1613 (con aggiunta l'allegoria del poema), Venezia 1614, con note di G. M. Gherardi o del B. (l'ultima stesura è inedita, Forteguerriano E. 402), e più volte rist.; L'Enea,squadra comandata dal Sig. Capitano... Alfonso Brunozzi nelle nozze del Ser.mo gran Prencipe di Toscana..., Firenze 1608, in trentasei stanze; L'Evandro (o Norandino), s.n.t. e Firenze 1612 e 1613; L'Harpalice, ibid. 1613; La Pentesilea, ibid. 1614; Dello Scherno degli Dei... con la Fillide civettina,e col Batino, ibid. 1618 e 1626 con il Ravanello alla Nenciotta, la Risposta della medesima e Il piede premuto, più volte rist.; L'Elettione di Urbano Papa VIII... (o La Divina Provvidenza), Roma 1628; Il Monserrato (o Il Conte di Barcellona), ibid. 1629; Hero,e Leandro... Con intermedii... E col Montano (o Sileno)..., ibid. 1630; La Roccella Espugnata, ibid. 1630; Istruttione alla vita civile... per li giovanetti nobili, ibid. 1637; La Bulgheria Convertita (o Trebelo), ibid. 1637; Delle Poesie Liriche Toscane, parte I, ibid. 1639; La Sacra Lettera scritta da M. Vergine ai Messinesi, Messina 1726; Poesie giocose di vario genere, Yverdon (Firenze) 1772; La Nenciotta a Bastianello..., Faenza 1821; Psiche,Ozio sepolto (o Premio della fatica), Oresta,Olimpia (con un brindisi che precorre il Redi), a cura di M. Menghini, Bologna 1889.
Bibl.: M. Barbi, Notizia della vita e delle opere,di F. B., Firenze 1897;A. D[avoli], Bibliogr. storica del poema piacevole "Lo Scherno degli dei" di F. B., Reggio Emilia 1930; F. Lanza, Su un ms. della "Croce racquistata" di F. B., in Aevum, XXVI (1952), 4, pp. 365-68, su cui cfr. La Rass. d. lett. ital., LVII (1953), 1-2, p. 231; G. Savinò, Una satira contro i ladri attribuita a F. B., Pistoia 1962; A. Vallone, Dante nel Seicento attraverso testi inediti, in Studi secenteschi, VIII (1962), pp. 3-25; T. Onciulescu, I Romeni in un poema italiano del Seicento [La Bulgheria Convertita], in Acta Philologica Academiae Dacoromanae, III (1964), pp. 257-67, su cui cfr. Rass. d. lett. ital., LXIX (1965), p. 712; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1966, ad Indicem;C. Varese, in Storia della lett. ital., V, Milano 1967, ad Indicem.