BORROMEO, Francesco
Apparteneva a un'antica famiglia originaria di Firenze, un ramo della quale si era trasferito a Padova verso la fine del sec. XIV, raggiungendovi assai presto una posizione di primazia sociale e politica. Nacque a Padova nella seconda metà del sec. XV da Antonio, dottore e cavaliere, e si dedicò al mestiere delle armi. Entrando nell'esercito veneziano, abbracciava però una carriera ingrata che ad un padovano di eminente famiglia escludeva gli alti gradi, riservati dalla diffidente oligarchia veneziana ai forestieri. Di questa intollerabile discriminazione egli ebbe a dolersi nell'aprile del 1509, quando la Serenissima concesse una condotta di cinquanta uomini d'arme al veronese conte Francesco di San Bonifacio.
Questa eccezione indusse vari capitani, fra i quali il B., a protestare vivacemente a Venezia contro l'uso di affidare le condotte "per questo Stato a gente incognita o forestiera". La richiesta di ottenere una condotta autonoma con soldo separato non ebbe però successo. A tutti fu imposto di rientrare nei loro reparti "sotto pena di vita", "per lo che molti nobili soldati", come scrisse il vicentino Luigi Da Porto, "scontentissimi sono da Vinegia partiti, dicendo all'uso soldatesco fierissime cose, raccordando il loro buon servire e il sangue sparso per questo stato e la loro antica e perfetta fede". Di questa ottusa intransigenza verso le antiche famiglie delle città suddite di Terraferma la dirigenza della Dominante raccolse i frutti assai presto, nel corso della campagna militare contro gli eserciti della lega di Cambrai.
Al comando di cinquanta uomini d'arme il B. partecipò il 14 maggio 1509 alla battaglia di Agnadello che si concluse con la più completa disfatta dell'esercito veneziano battuto dai Franco-Svizzeri. Quale sia stato il suo comportamento nel corso della battaglia non è noto, certo è invece che tralasciò di presentarsi, dopo la sconfitta, nel campo trincerato di Marghera dove ripiegavano i resti dell'esercito veneziano. Il 16 maggio fu dato per disperso, ma quando ai primi di giugno, crollato il dominio veneziano in Terraferma, Padova si arrese all'imperatore proclamandosi Repubblica indipendente, il B. rientrò in patria. Ai primi di luglio fu incaricato dal governo della città di raccogliere cento arcieri, alla testa dei quali fu mandato il 10 dello stesso mese a Bassano, dove si tratteneva in quel momento l'imperatore Massimiliano. Non poté partecipare così alla difesa di Padova che il 17 luglio cadde nelle mani dei Veneziani sopraggiunti nel frattempo in forze. Vi accorse troppo tardi con cento cavalli, si spinse fino al ponte S. Nicolò, ma poté solo constatare che la città era perduta.
Il suo nome non sfuggì al controllo delle autorità veneziane, che il 24 luglio lo inclusero nella lista di eminenti cittadini padovani risultati assenti e invitati a presentarsi entro quattro giorni al provveditore Andrea Gritti. L'intimazione fu rinnovata il 4 agosto sotto pena di ribellione, ma il B. non si presentò e il 14 dello stesso mese fu riferito ai Veneziani che si era rifugiato nel campo imperiale, entrando al soldo di Massimiliano. Come capitano imperiale partecipò nel settembre a una scaramuccia presso Asolo, nel corso della quale cadde prigioniero dei Veneziani. Non è noto se subì la pena di morte riservata solitamente ai ribelli della sua condizione. Il cronista ribelle Giovanni Francesco Buzzacarini lo incluse nel luglio del 1509 nella lista dei fuorusciti padovani, precisando che "morite fuora". È sicuro tuttavia che non gli fu risparmiata la confisca dei beni, consistenti in vari campi e terre. Più tardi, nel 1516, furono restituiti alla sua vedova, Laura, in conto della dote. La data della sua morte non è nota.
Fonti eBibl.: Lettere storiche di Luigi Da Porto vicentino dall'anno1509 al 1528, a cura di B. Bressan, Firenze 1857, pp. 42, 54, III; M.Sanuto, Diarii, VIII, Venezia 1882, coll. 152, 262, 551; IX, ibid. 1883, coll. 16, 56; A. Bonardi, I Padovani ribelli alla Repubblica di Venezia, Venezia 1902, pp. 51, 52, 55, 168, 266; A. Ventura, Nobiltà e popolo nella soc. veneta del '400 e '500, Bari 1964, p. 340.