ALIDOSI, Francesco
Nato a Castel del Rio, tra il 1450 e il 1460, fu, giovanetto ancora, mandato a Roma e accolto tra i familiari di Sisto IV. Bello di aspetto, gentile di maniere, eloquente, vivace e mobilissimo di carattere, ebbe una giovinezza avventurosa, finché, entrato in prelatura, divenne segretario e confidente del card. Giuliano Della Rovere, il quale, asceso al pontificato col nome di Giulio II, lo colmò di benefizî e lo creò vescovo di Mileto e tesoriere generale. Morto il cardinale Ascanio Sforza, vescovo di Pavia, l'A. fu chiamato a sostituirlo ed elevato poscia, non senza contrasti del Sacro Collegio, al cardinalato. Il 19 maggio 1508, accettò, dopo averla sollecitata, la carica di legato a Bologna, inizio della sua rovina. Qui, infatti, incontrò subito l'ostilità dei numerosi partigiani dello scacciato Bentivoglio. Giulio II lo munì di ampî poteri e più tardi gli affidò anche la legazione delle Romagne e delle Marche. Dopo la battaglia di Agnadello (14 maggio 1509), l'A. ricevette in consegna dai Veneziani le città da essi occupate in Romagna: Ravenna, Cervia, Faenza, Brisighella, ecc. Quando Giulio II per continuare la guerra giunse a Bologna (22 settembre 1510), i Bolognesi si querelarono contro il legato, e il duca di Urbino, comandante dell'esercito pontificio, dubitando di segrete intelligenze dell'A. col nemico, lo fece imprigionare in Modena (7 ottobre 1510), e lo mandò sotto buona scorta a Bologna. Il Papa lo liberò subito; anzi lo elesse vescovo della città e lo ebbe con sé all'assedio della Mirandola, poi a Ravenna e di nuovo a Bologna, donde Giulio si allontanò all'avvicinarsi dei Francesi. Poco prima che la città si arrendesse (23 luglio 1511), l'A., per sfuggire al risentimento popolare, riparò nella rocca di Porta Galliera, e di là, prima nel dominio paterno, poscia a Ravenna presso il Papa. Qui accorse pure il vinto duca d'Urbino, il quale, accolto freddamente da Giulio II, che lo faceva responsabile della perdita di Bologna, s'invelenì sempre più contro il legato. E qualche giorno dopo, incontratolo mentre usciva dall'udienza, gli si lanciò addosso, lo trasse giù dalla mula, e, feritolo in un fianco, l'abbandonò a' suoi che ne fecero scempio. Spirò poco dopo, 24 maggio 1511, mormorando: propter peccata mea; fu sepolto nel duomo di Ravenna. La sua effigie è raffigurata in un bel ritratto attribuito a Raffaello, nel museo del Prado a Madrid, in un bassorilievo di bronzo al museo del Louvre di Parigi, e in una medaglia di bronzo di squisita fattura, dovuta a un medaglista della scuola del Francia.