FRACANZIO da Montalboddo
Grammatico e cosmografo, nato a Montalboddo (l'antica Mons Bodius, attuale Ostra in provincia di Ancona) e vissuto a Vicenza tra la seconda metà del XV e gli inizi del XVI secolo. Le poche, confuse, e, spesso, inesatte notizie accreditate dai biografi settecenteschi hanno falsato il suo vero nome e le sue origini. Solo agli inizi del Novecento il Bruzzo, in base a ricerche d'archivio, dimostrò che il vero nome era Francesco (o, probabilmente, Francesco Antonio, che spiegherebbe la fusione latinizzata in Fracantius), figlio di Vitale e originario di Montalboddo. In un atto del notaio A. Saraceno datato 1497 e conservato presso la Biblioteca Bertoliana di Vicenza compare infatti tra i testimoni un "Francisco q. Vitalis de Monte Alboto marchiae anconotanea professore grammaticae", sottoscrizione che coincide perfettamente con attività e soggiorno vicentino di Fracanzio. Ma il problema del nome si chiarisce definitivamente sulla base di una lettera, finora sfuggita agli studiosi, indirizzata da F. ad Aldo Manuzio, ove la firma compare come segue: "Franciscus Vitalis Bodianus tuus cognomento Fracantianus". Dalla lettera, inviata da Vicenza il 26 nov. ("vj Kal. Brumae") 1504, risultano preziose informazioni sugli interessi culturali di F., sulla sua attività e sui suoi rapporti con il mondo editoriale veneto. In particolare si fa riferimento al libraio vicentino Giovanni Maria, canonico regolare e dotto umanista, come latore presso Manuzio di un manoscritto posseduto da F. della tragedia De Passione Domini di Gregorio Nazianzeno per una proposta di stampa, che, di fatto, non si realizzò. Gli interessi umanistici di F. sono confermati dalla contestuale richiesta di alcuni testi classici recentemente editi dal Manuzio (le tragedie di Sofocle ed Euripide e le orazioni di Demostene), richiesta peraltro connessa alla sua attività di precettore, cui F. fa esplicito riferimento. Se tale insegnamento, certamente privato, si svolgesse anche in forma pubblica non è chiaro; l'ipotesi, avvalorata dai versi del poema latino a cui si è accennato, è priva di riscontro nei pubblici registri di Vicenza.
Tutt'al più, secondo la Schiavo, un'eventuale copertura di cattedra pubblica potrebbe essere posta fra il 1502 e il 1505, triennio in cui non risulta chi la tenesse. Secondo Bruzzo, invece, F. avrebbe sicuramente tenuto la cattedra di grammatica fra il 1502 e il 1505, anno in cui, per il passaggio di F. a Padova, questa sarebbe stata affidata a Celio Rodigino. Da Vicenza, infatti, come afferma Santini nei Picenorum mathematicorum elogia, F. fu invitato a insegnare filosofia e matematica a Padova, dove però non professò per morte sopraggiunta. In realtà dai rotuli di Padova non risulta il suo nome; semmai l'equivoco si spiega con la notizia della morte nel 1506 di Antonio Fracanzani, professore di filosofia a Padova e in nessun modo identificabile con Fracanzio.
Entrambe le opere di cui F. fu curatore furono edite a Vicenza dal libraio e stampatore Enrico di Ca' Zeno da Sant'Orso. Secondo una tipica prassi dell'editoria umanistica, questo pubblicava testi classici ed eruditi ricorrendo a esponenti del mondo culturale vicentino e a dotti umanisti, per una preventiva opera di emendazione del testo, e a ciò fu chiamato F. per l'edizione, nel 1499, del più celebre manuale medievale di insegnamento delle arti liberali, il De nuptiis di M.F. Marziano Capella, con il titolo De nuptijs Philologiae et Mercurii. Libri duo de grammatica, de dialectica, de rethorica, de geometri [sic], de arithmetica, de astronomia, de musica libri septem. Nella breve lettera dedicatoria indirizzata al vescovo di Cattaro, G. Chericato (Chiericati), datata 3 ott. 1499, F. accenna alla gravossisima opera di ricostituzione del testo con oltre duemila errori emendati ("supra duo milia a nobis loca reposita sunt") e, a indizio della sua coeva attività di precettore, fa riferimento all'utilità dell'opera per la formazione del giovane Domenico Da Porto.
Successiva (3 nov. 1507) è la pubblicazione di un'opera che avrà larghissima fortuna e a cui rimase legato il nome di F., dal titolo Paesi nouamente retrouati et Nouo Mondo da Alberico Vesputio Florentino intitulato (Biblioteca Bertoliana di Vicenza, Gonzati 20.7.26), la prima raccolta a stampa delle più importanti relazioni di viaggio, all'epoca già circolanti manoscritte. Un materiale di enorme interesse, causato non solo da un'evidente diffusa curiosità per le "maraviglie" di cui trattavano questi racconti ma anche da ragioni economiche e politiche. Venezia in particolare avvertiva il pericolo rappresentato dall'apertura di nuove rotte per il primato commerciale in Oriente: ne derivava la necessità di raccogliere notizie sulle nuove vie di navigazione e i nuovi rapporti commerciali che si stavano allacciando attraverso l'Atlantico mediante l'invio di diplomatici e capitani in grado di fornire quante più informazioni possibili sotto forma di dispacci e relazioni.
È dunque in questo contesto che si inseriscono i Paesi nouamente retrouati, opera in sei libri contenenti relazioni e lettere, prevalentemente inedite, sulle scoperte spagnole e portoghesi tra il 1454 e il 1504. Il testo, il cui titolo risponde solo parzialmente al contenuto (ragione per cui Bruzzo ritiene che venne aggiunto dallo stampatore), è preceduto da una lettera dedicatoria a G.M. Angiolello, noto viaggiatore vicentino, seguita dal nome dello scrivente nella forma Montalboddo Fracan. Compito di F. dovette essere presumibilmente quello di scegliere, emendare e riunire i diversi materiali, anche se molti studiosi hanno sollevato vari dubbi circa il suo effettivo intervento. Alcuni, a partire da Baldelli, Humboldt, Harrisse, hanno infatti sostenuto che F. fu solo curatore della stampa, mentre il lavoro di cernita e di emendazione sarebbe stato opera di A. Zorzi, cosmografo e viaggiatore contemporaneo di F., autore di una miscellanea di relazioni di viaggio in quattro volumi, comprendenti materiali manoscritti e a stampa, conservata col titolo Alberico presso la Biblioteca nazionale di Firenze (Cod.Magl., XIII, 81, 82, 83, 84), e di un manoscritto di 81 carte di argomento analogo custodito presso la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara. Ciò che ha indotto, anche in testi recenti, l'attribuzione a Zorzi è il fatto che nella sezione a stampa della miscellanea è compresa l'intera raccolta vicentina attribuita a F., mentre il materiale del codice ferrarese corrisponde in parte al quarto e quinto libro dei Paesi nouamente retrouati. Tuttavia, in mancanza di una prova certa sulla precedenza cronologica, conserva valore l'opinione di Almagià, che, dopo avere collazionato parte del manoscritto ferrarese con il testo di F., ha escluso una partecipazione diretta dello Zorzi alla stampa vicentina, ipotizzando al massimo una fonte comune.
Il primo libro dei Paesi nouamente retrouati, di 47 capitoli, presenta con il titolo Incomenza el libro de la prima navigazione per l'oceano a le terre de Nigri de la Bassa Ethiopia la prima edizione della relazione del viaggio compiuto in Senegal da Alvise Da Mosto (Cadamosto) con Antoniotto Usodimare tra il 1455 e il 1456. Di tale relazione, in dialetto italo-veneto, ci sono giunti due manoscritti del primo decennio del secolo XV, entrambi posseduti dalla Biblioteca nazionale Marciana di Venezia (Mss. It., cl. VI, 454 e 208). Poiché dalla collazione con la stampa del 1507 risultano lievi varianti che la accostano ora all'uno ora all'altro dei due codici si deve dedurre che tanto l'edizione vicentina quanto i due manoscritti risalgano a un comune apografo o allo stesso originale.
Il secondo libro va dal capitolo 48 al 70. I capitoli 48-50 contengono il resoconto del viaggio in Senegal di Pedro de Sintra nel 1462, scritto dal Da Mosto in dialetto italo-veneto sulla base delle memorie di un amico che aveva partecipato alla spedizione. Poiché nel titolo (Libro de la navigatione de Lisbona a Calichut de lingua portogallese in italiana) si fa riferimento a una traduzione, è probabile che F. avesse avuto a disposizione non l'originale del Da Mosto, ma una retroversione in italiano di una traduzione portoghese. I successivi capitoli 51-57 comprendono la relazione del viaggio di V. de Gama e i capitoli 58-63 notizie sulle coste di Calicut. Segue la relazione del viaggio di P. Alvares Cabral che occupa i capitoli 64-70 e prosegue, nel terzo libro, dal capitolo 71 all'81. Anche queste sezioni riportano l'indicazione della traduzione "de lingua portogallese", e anche qui è ipotizzabile che F. impiegasse traduzioni circolanti in Italia.
Per quanto riguarda l'autore di tali traduzioni, che sicuramente doveva avere dimorato per un certo periodo in Portogallo, esistono diverse ipotesi. Secondo il Foscarini e lo Zurla si tratta del veneto A. Trevisan. La Schiavo, a sua volta, sottolinea che per la relazione di de Gama è plausibile che F. riporti la traduzione del nobile fiorentino G. Sergini, a cui va sicuramente attribuita la lettera presente nel cap. 51 che apre la sezione dedicata a questo viaggio. È possibile che il Sergini, che soggiornava spesso in Portogallo per commercio, avesse tradotto la relazione dal portoghese in italiano unitamente alle notizie sulle coste di Calicut. La relazione di P. Alvares Cabral che comprende la fine del secondo libro e prosegue nei primi 11 capitoli del terzo, si ritiene tradotta da Lorenzo Cretico e stampata qui per la prima volta.
Il quarto libro comprende le relazioni dei primi tre viaggi di C. Colombo, di quello di P.A. Niño e di V. Janez Pinzòn, ma, in realtà, si tratta di una riedizione di quanto era stato già pubblicato a Venezia nel 1504 nel Libretto di tutta la navigatione attribuito al Trevisan.
Nel quinto libro viene edita per la prima volta la lettera di A. Vespucci a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, che già circolava nella traduzione in dialetto italo-veneto tratta dalla versione latina di fra Giocondo da Verona.
Proprio basandosi sul confronto di questo testo con il codice ferrarese di Zorzi, Almagià esclude qualsiasi rapporto diretto tra i due autori. A sua volta la Schiavo non solo esclude che F. abbia in qualche modo attinto al materiale della miscellanea fiorentina ma sostiene che larga parte del testo vicentino viceversa confluì nella raccolta che Zorzi si apprestava a pubblicare. Tutto ciò per avvalorare l'ipotesi che l'editore e il curatore di Paesi nouamente retrouati in realtà si siano serviti soltanto di copie che di tali documenti circolavano in Italia.
Il sesto libro prosegue con la pubblicazione di altre lettere di viaggio. Sempre del Cretico, questa volta dichiarandone il nome, viene edita per la prima volta la lettera inviata da Lisbona il 27 giugno 1502 all'ambasciatore veneto Domenico Pisani, il quale la inserì in un suo dispaccio ufficiale al Senato veneto e della quale non vengono riportate le parole da lui premesse. Seguono la lettera inviata in Italia da Giovan Francesco della Saita (Affaitati), nella quale si dà notizia dell'arrivo dalle Indie Orientali delle caravelle di Giovanni di Nova, e la lettera inviata da Lisbona il 19 ott. 1501 da Piero Pasqualigo ai fratelli, che recava informazioni sul viaggio di G. Corte Real.
Testimonianza dell'interesse suscitato dell'opera sono le numerose edizioni pubblicate dal 1508 al 1563 (Tucci, 1986, pp. 372 s.). Per quanto concerne la relazione del Da Mosto, nel 1937 è stata edita da G.R. Crone la versione inglese, che ha tenuto presente, oltre al testo vicentino, anche il manoscritto marciano e la versione del Ramusio.
F. ebbe assai minore fortuna dell'opera da lui edita: non risulta traccia neanche della data della sua morte che, comunque, deve essere collocata nella prima decade del Cinquecento.
Fonti e Bibl.: M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Padova 1752, p. 432; F.M. Panfilo di San Severino - I.M. Durastanti di San Giusto, Picenum, I, Maceratae 1576, p. 28; P. Angiolgabriello da S. Malia (P. Calvi), Biblioteca e storia degli scrittori così della città come del territorio di Vicenza, II, Vicenza 1775, p. 2; G. Santini, Picenorum mathematicorum elogia, Macerata 1779, p. 60; G. Colucci, Antichità picene, XIII, Fermo 1794, p. 38; P. Zurla, Di M. Polo e degli altri viaggiatori veneziani più illustri, II, Venezia 1818, pp. 108 ss.; G.B. Baldelli-Boni, Il Milione di M. Polo, I, Firenze 1827, pp. LXVIII s.; H. Harrisse, Biblioteca americana vetustissima, I, New York 1866, pp. 96 s.; Id., Additions, Paris 1872, pp. 34-37; A.M. Bandini, Vita di A. Vespucci, Firenze 1898, p. 107; G. Bruzzo, Di F. da M. e della sua raccolta di viaggi, in Rivista geografica italiana, XII (1905), pp. 284-290; G. Marinelli, Scrittori minori, I, Firenze 1908, p. 550; R. Almagià, Intorno a quattro codici fiorentini e ad uno ferrarese dell'erudito veneziano A. Zorzi, in La Bibliofilia, XXXVIII (1936), pp. 313-347; A. Schiavo Musi, Intorno alla raccolta italiana di relazioni di viaggi edita a Venezia nel 1507 con la designazione "Paesi nouamente retrouati et Nouo Mondo da Alberico Vesputio Fiorentino intitulato", in Studi colombiani (Convegno internazionale di studi colombiani, Genova 1951), II, Genova 1952, pp. 419-441; Mostra Vespucciana (Firenze, giugno 1954-settembre 1955), a cura di G.S. Martini, Firenze 1955, pp. 48-59; Mostra dei viaggiatori veneti del Quattrocento e del Cinquecento, a cura di T. Gasparrini Leporace - M.F. Tiepolo, Venezia 1957, pp. 18-24; E. Pastorello, L'epistolario Manuziano. Inventario cronologico analitico 1583, Firenze 1957, p. 28; P. de Nolhac, Les correspondants d'Alde Manuce. Matériaux nouveaux d'histoire littéraire (1483-1514), Torino 1961, p. 282 s.; T. Gasparrini Leporace, Le navigazioni atlantiche del veneziano A. Da Mosto, in Il Nuovo Ramusio, V, Roma, 1966, pp. XVI s.; G. Mantese, Le origini della stampa a Vicenza, in 1474. Le origini della stampa a Vicenza, Vicenza 1975, pp. 33-70; U. Tucci, Da Mosto, Alvise, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXII, Roma 1986, pp. 369-373; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, pp. 464 s.; J.-Ch. Brunet, Manuel du libraire et de l'amateur de livres, V, pp. 156-160; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 323.