FONOLOGIA NATURALE
(v. fonologia, App. IV, I, p. 837)
La questione della naturalezza in f. ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo dei modelli fonologici che sono correlati alla f. generativa. Tale questione riguarda essenzialmente la plausibilità delle rappresentazioni e delle regole che la f. generativa ammette. L'eredità della riflessione linguistica di E. Sapir, di N.S. Trubeckoj, di R. Jakobson spiega la centralità assunta da questa nozione, fin dalle prime proposte di una ''fonemica sistematica'': così, nella discussione sviluppata in P.M. Postal (1968) il rapporto fra rappresentazioni superficiali e rappresentazioni soggiacenti viene interpretato da una restrizione di naturalezza, la naturalness condition.
Il confronto interlinguistico, lo studio dei processi di cambiamento e le modalità di acquisizione del linguaggio confermano idee sulla struttura dei suoni radicate nella concezione del linguaggio elaborata in Europa, per lo meno a partire dalle riflessioni settecentesche sulle basi naturali del linguaggio (si veda per es. il Traité [1765] di Ch. de Brosses). Nei modelli fonologici attuali la nozione di naturalezza interpreta la relazione fra i meccanismi descrittivi e le proprietà che caratterizzano le classi e i sistemi di suoni, i tipi di struttura sillabica e metrica, i tipi di processi, più frequenti nelle lingue naturali, favoriti dai meccanismi dell'evoluzione nel tempo e acquisiti per primi dal bambino che sviluppa il linguaggio.
Per quanto i modelli strutturalisti presuppongano metodi di analisi indipendenti da considerazioni ''esterne'' al sistema, cioè di ordine sostanziale, la problematica della naturalezza affiora nell'ambito della Scuola di Praga. In particolare, la nozione di marca fonologica, discussa da Trubeckoj nei Grundzüge der Phonologie (1939), si correla a generalizzazioni propriamente sostanziali. Come si è accennato, nella f. generativa confluiscono, insieme alle procedure dell'analisi morfofonemica bloomfieldiana, la concezione ''psicologica'' del fonema di Sapir e l'universalismo jakobsoniano. In questo senso l'opera di Jakobson è stata determinante. Da essa dipende per es. l'individuazione di strutture fonologiche universali, messe in luce nel processo di acquisizione della f. (di grande importanza è la connessione fra proprietà percettive, articolatorie e acustiche, per es. nell'analisi del triangolo vocalico fondamentale [i a u]). Infine, la teoria dei tratti distintivi e il trattamento dei sistemi vocalici e consonantici in termini di presenza/assenza di marche binarie (Jakobson, Fant e Halle 1952) ha permesso di collegare aspetti sostanziali dei sistemi fonologici alle condizioni formali della rappresentazione delle unità.
La f. generativa (Chomsky e Halle 1968; Hyman 1975) associa l'analisi in tratti fonologici all'interpretazione della naturalezza. I punti più discussi riguardano la capacità della misura di semplicità (applicata alle rappresentazioni e al sistema di regole) di catturare le condizioni fonologiche naturali, e di conseguenza l'adeguatezza descrittiva della teoria dei tratti e delle nozioni di classe naturale e di regola. Il formato stesso di grammatica che prevede l'applicazione ordinata di regole e rappresentazioni soggiacenti di tipo astratto costituisce il presupposto per un lungo dibattito sul rapporto fra semplicità, astrattezza e naturalezza (Kiparsky 1968; Hyman 1970). È in questo quadro che appaiono proposte teoriche diverse.
La ''Fonologia Generativa Naturale'' (Hooper 1976) cerca di caratterizzare la naturalezza fonologica essenzialmente imponendo restrizioni sulla ''grammatica'' al fine di escludere alternanti di base astratte. Kiparsky (1971) elabora alcune idee di tipo funzionale basate su proprietà di ordine sostanziale, proponendo restrizioni sulle rappresentazioni soggiacenti, condizioni di tipo analogico, restrizioni sull'ordine delle regole che interpretano il rapporto fra alternanti superficiali e sottostanti nei termini delle nozioni di ''opacità'' e ''trasparenza''. Alla fine degli anni Settanta si delinea anche una critica d'ispirazione antiteorica che contrappone alla spiegazione fonologica la ricerca delle cause fonetiche (Ohala 1987). Anderson (1981) mette in luce l'inadeguatezza delle posizioni naturaliste che negano l'esistenza di un dominio specificamente fonologico e astratto.
La ''Fonologia Naturale'' nasce nell'ambito di questo dibattito, pur distaccandosi profondamente dalle basi teoriche della f. generativa. Sono alcuni lavori di D. Stampe (1969, 1972, 1973) a gettare le fondamenta di un'ipotesi sulla naturalezza fonologica che influenzerà specialmente lo studio dell'acquisizione e della patologia del linguaggio (per gli sviluppi più recenti si veda Dressler e Tonelli 1985). Le idee elaborate inizialmente da Stampe prospettano una sorta di capovolgimento del modello più tradizionale del processo di acquisizione: la dotazione linguistica innata del bambino conterrebbe un insieme di processi che determinano le strutture fonetiche naturali; l'acquisizione consiste in una limitazione o perdita di questi processi via via che il bambino impara la fonetica di una specifica lingua: "Il particolare sistema fonologico della nostra lingua nativa è il residuo di un sistema universale di processi che riflettono tutte le limitazioni fonetiche linguisticamente ingenue del bambino" (Donegan e Stampe 1979). Il cambiamento fonetico dipende perciò dal mancato bloccaggio in determinati casi di questi processi innati.
Nella f. n. i processi sono classificati in accordo con la ''funzione'' fonetica realizzata: vi sono processi che rendono i segmenti più percepibili, rafforzandone le proprietà (processi di rafforzamento), salvaguardando quindi le esigenze di chiarezza e di distintività della catena parlata; altri processi (di lenizione) indeboliscono la distintività fonetica a favore della pronunciabilità delle sequenze. La f. n. differenzia i processi fonetici dalle regole del componente fonologico della grammatica. I primi hanno una stretta dipendenza da fattori di ordine fonetico e rappresentano risposte naturali a limitazioni innate, si applicano senza controllo del parlante e sono tipicamente variabili. Infine i processi rendono conto anche di fenomeni marginali, come gli errori di pronuncia, la naturalizzazione dei prestiti, i giochi fonetici, ecc. Questa concezione dei processi naturali circoscrive, almeno per quanto riguarda il comportamento linguistico del parlante adulto, l'insieme dei fenomeni collegati agli stili di linguaggio meno accurati, spesso correlati a fattori socio-stilistici di variabilità.
Il trattamento funzionale, esteso ai vari tipi di operazioni possibili (assimilazione, dissimilazione, sostituzione, ecc.; cfr. Donegan 1978) cerca di dare una risposta ad alcune delle questioni che saranno fra le più dibattute negli anni successivi, relative al rapporto fra rappresentazioni fonologiche e proprietà fonetiche ''naturali''. In particolare è apparso evidente che i criteri formali di semplicità tendono in molti casi a mascherare la verosimiglianza delle combinazioni di tratti e delle relazioni espresse dalle regole fonologiche. La ''Fonologia Naturale'' costituisce un primo approccio in questo senso caratterizzato dall'allentamento delle condizioni di adeguatezza descrittiva e dall'elaborazione di un livello descrittivo a base funzionale. Nel complesso, pur riconoscendo l'interesse dell'arrangiamento descrittivo dei dati a cui in certi casi perviene la f.n., i suoi risultati appaiono difettare sul piano degli obiettivi di esplicatività perseguiti dalla teoria linguistica.
Bibl.: R. Jakobson, C.G.M. Fant, M. Halle, Preliminaries to speech analysis, Cambridge (Mass.) 1952; N. Chomsky, M. Halle, The sound pattern of English, New York 1968; P. Kiparsky, How abstract is phonology?, Bloomington 1968; P. M. Postal, Aspects of phonological theory, New York 1968; D. Stampe, The acquisition of phonetic representation, in Papers from the eighth regional Meeting, a cura di R. I. Binnick e altri, Chicago Linguistic Society 1969, pp. 578-90; L. M. Hyman, How concrete is phonology?, in Language, 46 (1970), pp. 58-76; P. Kiparsky, Historical linguistics, in A survey of linguistic science, a cura di W. O. Dingwall, College Park (Maryland) 1971, pp. 576-649; D. Stampe, How I spent my summer vacation, Columbus 1972; Id., A dissertation on natural phonology, Dissertazione di Ph. D., University of Chicago 1973; L. M. Hyman, Phonology. Theory and analysis, New York 1975; J. B. Hooper, An introduction to natural generative phonology, ivi 1976; P. J. Donegan, On the natural phonology of vowels, in Working Papers in Linguistics, 23, The Ohio State University 1978; P. J. Donegan, D. Stampe, The study of natural phonology, in Current approaches to phonological theory, a cura di D. A. Dinnsen, Bloomington 1979, pp. 126-73; S. R. Anderson, Why phonology isn't ''natural'', in Linguistic Inquiry, 12, 4 (1981), pp. 493-539; Natural phonology from Eisenstadt, a cura di W. U. Dressler, L. Tonelli, Padova 1985; J. J. Ohala, Explanation in phonology: opinions and examples, in Phonologica 1984, Cambridge 1987, pp. 215-25.