FERRAMOLA, Floriano
Figlio di Lorenzo, "marangon" (carpentiere), nacque a Brescia intorno al 1480, come si desume da una polizza d'estimo del padre, del 1517, in cui il F. risulta già sposato e padre di tre figli: due maschi di undici e tre anni e una femmina di tre mesi (Fenaroli, 1887, p. 274).
Tra i pittori del secondo Quattrocento che influirono direttamente sulla sua formazione si segnalano: Pietro da Cemmo (c. 1450-1532), con cui avrebbe lavorato agli affreschi della Madonna Annunciata di Bienno (Brescia) intorno al 1495, in particolare nella lunetta del portale con una Natività;in minor misura V. Foppa; inoltre V. Civerchio, l'eclettico pittore cremasco dal quale il F. trasse suggerimenti emiliano-lombardi (Borgognone, B. Luini, L. Costa, G. A. Boltraffio), operante nel Bresciano per diversi anni a partire dal 1491; infine il più giovane G. Romanino.
Tra le prime opere del F. si ricordano una Natività, datata 15 ... (1503 0 1513; Pinacoteca Malaspina di Pavia), di derivazione foppesca, e un Cristo portacroce, firmato "opus Floriani" (Pinacoteca civica di Brescia). Del 1507 sono gli affreschi del convento di S. Croce di Brescia con temi quali l'Annunciazione, la Flagellazione, la Deposizione, la Pietà, conservati nel refettorio; nel coro delle monache una grande Crocifissione domina su altre scene, divise in due registri.
Nel 1511 il F. iniziò la raffinata decorazione nella facciata sul cortile (con finti loggiati e fregi classicheggianti) e in una sala del palazzo Borgondio Della Corte, oggi Calini; il lavoro si protrasse per circa due anni.
Alcuni degli affreschi della sala nel 1875 furono staccati e riportati su tela; oggi sono divisi tra la Pinacoteca civica di Brescia (Nascita di Adone, Incontro degli sposi, Caccia col falcone, Due serve e un armato), il Victoria and Albert Museum di Londra (Giostra in piazza della Loggia) e in collezione privata romana (cfr. Passamani. 1988, p. 33). Ciò che era rimasto insitu èstato restaurato nel 1981: si tratta di architetture classicheggianti (nella prima colonna della parete sud compare il nome del F.) ad arcate, da cui erano incorniciate le scene strappate, in uno spazio idealizzato, con pavoni appollaiati sulle catene degli archi, come si trovano in pittori coevi. Nel complesso il ciclo, forse in parte ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, si rifà ad un gusto ancora cortese e ripropone raffinate atmosfere, proprio negli anni in cui Brescia subiva il sacco di Gastone di Foix; quest'ultimo, del resto, conosciuta l'opera dell'artista, gli commissionò un ritratto, che poi andò perduto.
Lo stesso gusto naturalistico si può agevolmente riscontrare in una lunetta affrescata proveniente dall'abbazia di Rodengo, con la Madonna in trono col Bambino, oggi alla Pinacoteca di Brescia.
Una pala, firmata, rappresentante una Madonna in trono tra s. Domenico e s. Caterina del 1513, nella Gemáldegaleriè del BodemuSeum di Berlino, evidenzia una impostazione ampia, monumentale delle figure maggiori che mal si accordano con la vivacità degli angioletti e del Bambino, la cui tipologia fa pensare al Boccaccino. Lo stesso anno il F. iniziò nella chiesa di S. Maria in Valvendra di Lovere (Bergamo) un'impegnativa decorazione ad affresco: la volta a cassettoni, le grottesche e le candelabre, gli oculi in prospettiva nei pennacchi contenenti busti di santi (sotto la figura di s. Mattia appare la firma e la data) di forte plasticismo dimostrano una piena e coerente adesione alla cultura classicista lombarda e nel contempo la vivace efficacia dei colori con squillanti accostamenti di toni fanno pensare a Giovanni Agostino da Lodi operante in quegli anni a Cremona. Particolarmente pregevole l'Annunciazione, in cui la Vergine si staglia elegante nello sfondo di una dimora classica mentre una servente si affaccia a curiosare con realismo dietro una pesante cortina.
Tra il 1515 e il '18 per il duomo di Brescia il F. dipinse col più giovane Moretto la cassa e le ante d'organo, oggi custodite nella citata chiesa di Lovere, e proseguì la decorazione di palazzo Borgondio con una serie di ritratti di condottieri, alcuni dei quali si ammirano alla Fondazione Ugo Da Como di Lonato (Brescia), come ad esempio il presunto ritratto del Carmagnola, terribile e minaccioso. Sempre a Brescia si può cogliere una buona capacità di resa espressiva anche nei ritratti dei canonici, ad affresco, nella sala capitolina del convento dei Ss. Nazaro e Celso, ad esempio Giovanni Ducco ed Altobello Averoldi. Interessanti inoltre per l'accurata definizione dei tratti somatici sono alcune teste di personaggi illustri in S. Maria in Solario. Intervenne almeno fino al 1524 in questa cappellaoratorio romanica nel complesso conventuale longobardo di S. Salvatore, con alcuni collaboratori, tra cui probabilmente il fratello Giovanni Giacomo e il figlio maggiore.
La decorazione del F. occupa la cupola ottagonale, affrescata con azzurrite e trapunta di stelle d'oro col Padre Eterno in medaglione alla sommità, e le pareti nord, sud ed est. I toni azzurrati prevalgono anche negli episodi sacri narrati con grazia e serena religiosità sulle pareti. Sullo sfondo verde e blu di paesaggi ondulati, affini a quelli perugineschi, si esaltano a tratti le note bianche, gialle e ocra; le soluzioni stilistiche ci riconducono al Costa, al Bergognone, al Civerchio, ma anche per alcune osservazioni realistiche al Foppa. Nel tiburio sono quattro Scene della vita di Cristo, intervallate dai pennacchi con i simboli degli Evangelisti, e otto busti di Profeti;sulla parete settentrionale, divisa in due registri, in alto sono episodi della Vita di s. Giulia (1520), attribuiti da alcuni autori a mano diversa, in basso Fuga in Egitto;sulla parete meridionale (1524) in alto Conversione di s. Paolo con i ss. Gregorio, Leonardo, Giobbe e Girolamo; S. Girolamo nel deserto, S. Obizio. Nel registro inferiore: S. Domenico, s. Lorenzo, s. Ippolito, un angelo.
La parete est si articola in tre absidi eguali: in quella centrale si ammira uno Sposalizio mistico di s. Caterina tra sante, in quella di sinistra (1513) una Vergine col Bambino in trono tra santi, in quella di destra S. Benedetto in trono tra monaci ed Episodi della vita di s. Benedetto. Sui due pilastri tra le absidi, nel registro superiore è una delicata Annunciazione, in quello inferiore un accenno alla peste terribile di quegli anni: un S. Bartolomeo e una Morte incoronata, un po' stridenti con la visione serena dell'insieme (le date sono state rilevate durante gli accurati rilievi e restauri del 1981).
Del secondo decennio del Cinquecento è la composta Annunciazione nella lunetta del portale del Carmine di Brescia e nella chiesa di Quinzano sull'Oglio un Gesù risorto tra i ss. Faustino e Giovita. Attribuibili con qualche riserva al F. sono gli affreschi di soggetto laico nel castello Colleoni Martinengo di Malpaga, con i Festeggiamenti in onore di re Cristiano di Danimarca, e quelli del castello di Meano.
Nel 1526 il F. riprese il lavoro nel convento di S. Croce, con un S. Girolamo, una Vergine in trono con Bambino e santi, una Deposizione e Scene evangeliche dietro l'altare del coro, dominate da una grande Crocifissione su due registri. Nel 1527 si impegnò col Moretto nella cappella delle Ss. Croci in duomo vecchio (ma del suo lavoro non resta traccia) ed infine con P. Caylina nel grande ciclo di S. Giulia (restavrato nel 1988).
Nella parete di fondo si ammira la monumentale Crocifissione, che per l'equilibrio conipositivo, ancora quattrocentesco, per la tradizionale chiarezza didattica della scena, per il predominare delle linee sinuose e dei toni graduati infonde un senso di pacato misticismo. La scena è racchiusa in un grande arco dipinto; nei pennacchi, entro oculi prospettici, si trovano i busti di Davide ed Isaia;ai lati, nell'ordine superiore, sono scene di animali nel bosco, nell'ordine inferiore un'Annunciazione, in corrispondenza delle finestre quattro riquadri, con S. Elena, S. Giuseppe, La Madonna in trono, Due santi, e infine, sulle pareti laterali della chiesa, nella fascia superiore, Scene evangeliche. Anche in queste ultime fatiche del F. si può notare la fusione di influssi diversi, dal realismo lombardo bresciano al composto classicismo dell'Italia centrale.
Altre opere attribuite al F. sono in S. Lorenzo di Irma, in S. Maria degli Angeli di Gardone Valtrompia, in S. Eufemia di Nigoline. In questa chiesa, oltre alle Storie della santa sulle pareti, si conserva la pala con S. Eufemia in gloria tra i ss. Faustino e Giovita. Nella sagrestia di S. Giuseppe a Brescia si trova una pala con Le stigmate di s. Francesco. Le antiche guide nominano altre opere ormai perdute.
Un altro aspetto dell'attività del F. è offerto dai cassoni nuziali decorati, di cui restano due esempi: uno con lo stemma Sangervasio (fig. in Panazza, 1963, p. 996), un altro frammentario (ibid., p. 1002).
Il F. morì di peste a Brescia il 3 luglio 1528.
Furono pittori anche il fratello del F. Giovanni Giacomo, attivo nel 1511 il figlio di quest'ultimo Benedetto, nato a Brescia nel 1541, e inoltre i figli del F. e di Clara, Francesco, citato in documenti notarili nel 1550 e nel 1552, Giovanni Giacomonato a Brescia nel 1508 (cfr. Fenaroli, 1887-, pp. 307 s.) e Giovanni Antonio, nato a Brescia nel 1516.
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