CASTIGLIONI, Filippo
Figlio di Branda, senatore sforzesco, e di Domenica Cusani, nacque nel 1476. Dopo la laurea in utroque iure, nel 1498 entrava a far parte del Collegio dei giureconsulti. Non si conosce l'anno in cui vestì l'abito clericale, né è nota la data della sua nomina a protonotario apostolico, anche se dalla documentazione risulta che essa è anteriore al 1513.
L'affermazione che il C. fosse stato sposato prima di abbracciare lo stato ecclesiastico risulta essere una pietosa menzogna dei suoi primi biografi, desiderosi di stendere un velo sul fatto che egli, in epoca successiva alla sua consacrazione sacerdotale, ebbe un figlio, di nome Giuseppe, da una donna sposata, tale Franceschina di Groppello: il figlio sarà dal C. legittimato soltanto nel 1557.
Il raggiungimento della posizione di rilievo che il C. era destinato ad occupare nella società milanese gli fu certamente facilitato dall'appoggio dei due fratelli: Giov. Giacomo, arcivescovo di Bari dal 1493, e Girolamo, futuro presidente del Senato. Già anteriormente al 1504 il primo aveva ceduto al C. la commenda dell'abbazia di S. Abbondio, nella diocesi di Como, conservandone però l'usufrutto. Nel 1513, alla morte del fratello, il C. gli subentrava nella piena titolarità del beneficio; in quello stesso anno giungeva la nomina pontificia ad abate commendatario dell'abbazia cisterciense di S. Maria di Acquafredda, nomina alla quale il duca Massimiliano Sforza concedeva il placet il 13 settembre. A questi due benefici se ne sarebbero aggiunti successivamente altri: nel 1527, un canonicato in S. Giovanni Battista di Monza, un altro in S. Giovanni Evangelista di Castelseprio, in data imprecisata, e, sembra, anche un terzo in S. Vittore di Varese.
L'accesso del C. alle cariche politico-amministrative avvenne nel 1515: il 24 gennaio di quell'anno il duca Massimiliano lo nominava consigliere segreto, assegnandogli il seggio lasciato vacante dal fratello Girolamo, a sua volta promosso conservatore dello Stato. Negli anni seguenti, durante la seconda dominazione francese e la successiva restaurazione sforzesca, si perdono le tracce del C.; il suo nome torna alla ribalta all'epoca dell'occupazione imperiale del ducato: il luogotenente cesareo Antonio de Leyva, che già nel 1527 aveva ottenuto per lui il canonicato di S. Giovanni Battista di Monza, il 18 aprile dell'anno successivo lo nominava senatore e, di lì a poco, essendo venuto a morte Girolamo, che ricopriva la carica di presidente del Senato, lo destinava a succedergli.
L'essersi schierato dalla parte imperiale avrebbe dovuto compromettere la posizione del C. quando, dopo il congresso di Bologna, Carlo V restituì il ducato a Francesco II Sforza: sembra, anzi, che per tema di rappresaglie il C. si ritirasse a Como. I suoi timori dovevano rivelarsi infondati: poco dopo il proprio rientro a Milano, il duca procedeva al rinnovo di tutte le cariche senatorie. Tra i nuovi senatori, nominati il 1º marzo 1531, figurava anche il C., nonostante egli si fosse inizialmente dimostrato riluttante ad accettare, perché convinto che il posto attribuitogli non fosse confacente al suo rango. Egli infatti doveva sedere, non già tra i senatori prelati, come comportava il suo stato, ma tra i senatori togati.
La situazione del C. era destinata a migliorare quando, dopo la morte di Francesco II Sforza, il ducato entrò a fare parte dei domini di Carlo V. Uno dei primi atti del governatore de Leyva fu il rinnovo del Consiglio generale della città: l'elenco, reso pubblico il 7 dic. 1535, si apriva con il nome del Castiglioni. L'anno successivo, Carlo V gli concedeva, a riconoscimento delle sue benemerenze, una pensione annua di duecento scudi d'oro. Di questa pensione, però, l'interessato doveva riscuotere soltanto le due prime annualità: nonostante i numerosi memoriali, né lui, né, dopo la sua morte, i suoi eredi riusciranno ad ottenere il pagamento degli arretrati. In quello stesso 1536, veniva incaricato dal governatore dello Stato, il card. M. Caracciolo, di recarsi a Como per comporre una vertenza sorta tra un canonico della cattedrale e il resto del capitolo.
Negli anni seguenti, il C. sembra appartarsi dalla vita pubblica. Il suo nome compare, insieme con quelli degli altri senatori, nel proemio delle Nuove Costituzioni, la cui compilazione fu portata a termine nel 1541. Malgrado la fama di dotto giurista di cui godeva, è poco probabile che egli abbia dato un contributo sostanziale alla stesura della raccolta, anche perché risulta che essa fu opera principalmente del presidente del Senato G. F. Sacchi e dei senatori E. Bossi, F. Lampugnani e F. Grassi.
Morì a Milano il 7 sett. 1557.
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