CAPPONI, Filippo
Figlio di Niccolò e di Alessandra di Filippo Strozzi, nacque, presumibilmente a Firenze, il 14 apr. 1505.
Il 10 agosto 1530 partecipò, insieme col fratello Piero, alla congiura di S. Spirito in sostegno di Malatesta Baglioni. Dopo il ritorno dei Medici, non prese più parte alla vita politica, vivendo appartato e dedito agli studi. Nel 1536 sposò Maria di Giovanni Mannelli.
Poco si conosce della sua vita: nel 1556 fu certamente a Venezia, come attesta la dedica al cav. Bernieri di Parma dell'unica opera reperibile, datata 11 ag. 1556, dal titolo Facile est inventis addere.Si sa che conobbe personalmente Tiziano e Michelangelo, ma più profonda fu la sua amicizia con il famoso medico A. Musa Brasavola. Per incontrare quest'ultimo il C. si recò anche a Ferrara, ma. vi giunse che l'amico era da poco morto (1555). Rimasto qualche tempo a Ferrara, dove si legò d'amicizia col figlio del Brasavola, Enea, anch'egli medico, si recò poi a Venezia, dove compì esperienze relative alla sfigmica con Domenico Redditi e Pietro Cotorneo, esperienze necessarie per la compilazione delle sue opere. Fu pure a Roma, dove mostrò la sua opera principale, ancora allo stato di abbozzo, a don Diego de Mendoza, a mons. de Lansac, all'ambasciatore francese mons. di Mirapois.
Il C. morì a Firenze nel 1563.
Spirito scettico e sperimentale, il C. ritiene che le ragioni dei mali che affliggono gli uomini risiedano solo nel corpo umano e non negli influssi degli astri, come affermavano gli astrologi; contraddicendo Galeno che fa della temperatura la sola origine dei costumi umani, egli definisce la salute come una certa "convenientia" e proporzione, che è tale se non impedisce le azioni della vita: una volta raggiunto lo stato di sanità) lo si può mantenere con l'arte, cioè con la conoscenza dell'organizzazione del corpo umano e con l'uso di metodi adeguati. Tali metodi riguardano la respirazione, la nutrizione, il riposo, la gesticolazione, insomma tutte le operazioni del corpo (quelle dello spirito sono invece trattate in un'altra opera, che il C. afferma d'aver mostrato a religiosi e laici ricevendone lode, ma di cui non si conosce il titolo).
Lo scritto Facile est inventis addere, stampato a Venezia da Domenico de' Farri nel 1556, trae il suo titolo dalla sentenza di Galeno secondo la quale l'uomo temperato conosce da sé quanto bere, mangiare, e quando riposarsi, esercitarsi per mantenersi sano; il C. aggiunge che, se è facile scoprire da sé nuove tecniche, possono tuttavia risultare utili le osservazioni di chi ha studiato a fondo la questione delle alterazioni fisiologiche e dei loro riflessi sul cervello.
L'opera si propone dunque uno scopo didascalico più che scientifico in senso stretto. Essa è rivolta a tutti, ma poiché la materia è nuova, la si può far intendere meglio "co' fatti e con la esperientia" (p. 255) piuttosto che con le parole. L'autore manifesta anche l'intento di servirsi di tavole strumentali, che però nell'edizione citata mancano. Il C. si arroga il merito di aver scoperto un metodo per non sentire la stanchezza e per apprendere più in fretta, sperimentato su se stesso e su altri, e basato sul principio che la fatica nasce da un superfluo aumento della temperatura corporea, causa di "fumosità" che giungono al cervello alterandone gli spiriti. Per lavorare a lungo con piacere e senza fatica basta dunque refrigerare il calore innato tornando alla temperatura abituale. Come mostra la storia, molti uomini già in passato si sono serviti inconsapevolmente di tale principio per ridurre la fatica, soprattutto genti d'arme e artisti. Proprio basandosi sullo studio della fisiologia del polso e sulle conversazioni di pittori e scultori come Michelangelo e Tiziano, il C. giunge a mettere a punto tutta una precettistica sugli esercizi di respirazione, sui movimenti delle dita e degli arti, sulla regolazione della voce, sulla nutrizione (che qui però tocca solo di sfuggita, ripromettendosi una trattazione più esauriente in un'opera successiva), in modo da mettere in grado chiunque non solo di ridurre lo sforzo e la fatica, ma anche di far tornare sane le membra attraverso un regolato movimento degli arti.
L'opera, corredata da numerose citazioni di Aristotele, Ippocrate e Galeno, ma anche di Machiavelli e Castiglione, e resa viva da frequenti invettive sui costumi e le credenze contemporanee, contiene numerosi rinvii ad altre opere del C. scritte o da scrivere, su argomenti tanto disparati da giustificare il generoso giudizio del Negri sull'autore: "soggetto coltissimo in ogni liberale disciplina" (p. 168). Oltre ad uno scritto intitolato Trasibulo, sull'arte di mantenersi in salute, si parla di opere sui difetti di complessione fisica, sugli elementi secondo Ippocrate, sui cibi e sulle bevande, "dell'ottimo stato del corpo nostro", "del buono habito del corpo" (p. 24) ed altre ancora.
Bibl.: M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum omnis generis, Florentiae 1589, p. 152; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 168; P. Litta, Le fam. cel. ital., s. v.Capponi, tav. XIV.