FERRETTI
Famiglia di imprenditori della ceramica attiva a Lodi dal 1725 al 1810. La prima notizia che si ha di Simpliciano è del 1718, quando risulta "Anziano in Datio grande a Lodi" (Gelmini, 1995, p. 28). Nel 1725 acquistò dalla vedova di G. B. Bellasio una fornace appartenuta sin dal secolo precedente a G. P. Sordi; nell'aprile dello stesso anno, infatti, si rifornì da un certo C. Callegaro di "buzzoni et fassine" per alimentare i forni (Novasconi-Ferrari-Corvi, 1964, p. 26 n. 4).
Con la collaborazione di una trentina di lavoranti, tra cui forse qualche decoratore francese, Simpliciano avviò una produzione di eccellente livello, agevolato anche dalla felice ubicazione delle fabbriche, l'una alle porte della città, a sinistra del ponte sull'Adda, l'altra nel vicolo di S. Giacomo, accanto alla cattedrale, in pieno centro cittadino. Simpliciano possedeva inoltre una cava di terra in località Stradella nel territorio pavese e nel 1728 aveva rilevato da G. Bonalanza un altro laboratorio che era stato in precedenza diretto da C. Navarra. A conferma della significativa quantità di maioliche prodotte presso gli opifici di Simpliciano e destinate anche all'esportazione, si ricorda un decreto emanato nel 1726 dalla Regia Camera di Torino, per tutelare la produzione interna, che proibiva l'importazione di ceramiche forestiere, soprattutto da Lodi (Lise, 1981, p. 59).
Nelle fasi iniziali si trattò di maioliche dipinte a gran fuoco, spesso in monocromia turchina, che propongono i moduli compositivi in voga a Rouen: decori rayonnant,composizioni floreali con uccelli e farfalle e scene galanti. Il grande piatto nel Museo civico di Lodi, marcato con il monogramma SF entro un cerchio, ben esemplifica l'orientamento della manifattura per temi ornamentali aderenti al gusto del tempo. Interessanti esemplari elaborati in questi primi anni sono anche conservati presso il Museo del Castello Sforzesco di Milano e in numerose raccolte pubbliche e private. Affinità con la produzione delle altre fabbriche lodigiane, nell'ambito del motivo decorativo a fiori policromi e rovine, non sempre tuttavia consentono di distinguere con esattezza gli elaborati delle fornaci di Simpliciano, solo raramente provvisti di marca.
A questo proposito va pero ricordato che Simpliciano, intorno al 1729, si avvalse della collaborazione dell'abile decoratore, e imprenditore, Giorgio Giacinto Rossetti, il quale fu autorizzato a porre sui migliori esemplari il proprio nome accanto alla sigla della fabbrica. Particolarmente significative di questa importante presenza presso la manifattura lodigiana sono alcune maioliche ispirate a prodotti di Moustiers in stile Bérain: un presentatoio coniposto da nove elementi (Limoges, Musée A. Dubouché), un vassoio firmato e datato 1729 (Sèvres, Musée national de la céramique) ed un altro vassoio recante la sigla di Simpliciano accanto al nome del Rossetti (Londra, Victoria and Albert Museum).
Simpliciano fece testamento nel 1748 (Gelmini, 1995, p. 30) nominando il figlio Giuseppe Antonio (Antonio), ancora minorenne, erede universale sotto la tutela di L. Maggi, mentre nominò il nipote Giuseppe Rota assistente all'attività delle fornaci.
Dopo il 1750, scomparso ormai Simpliciano, il figlio Antonio si occupò direttamente della fabbrica di maioliche elevandone le sorti fino a raggiungere una reputazione a livello europeo. Di mentalità molto aperta, impiegò validi artisti ed abili tecnici originari di Strasburgo, nonché della Sassonia, e si avvalse della lunga esperienza del direttore Ignazio Cavazzutti. Durante il sesto decennio del Settecento furono impiegati a Lodi anche i due valenti decoratori Filippo Antonio Callegari ed Antonio Casali. Verso il 1750 viene datato un set composto da una fontana e relativo bacile, decorati con ghirlande di fiori, putti e scene mitologiche (Lodi, Museo civico). La stessa raccolta conserva una serie di ambrogette, entro cornici modanate di gusto rococò, decorate con allegorie delle arti liberali; una di queste è datata 1768. Intorno al 1760 Antonio iniziò la lavorazione a muffola o cottura a piccolo fuoco, ampliando il repertorio ornamentale con temi fioreali di ispirazione rocaille,garofani, campanule, ranuncoli, tulipani nonché la bellissima rosa lodigiana.
Nel 1778 la cittadinanza di Lodi offrì in dono al podestà Lucini un servizio da tavola elaborato dalla manifattura Ferretti (Baroni, 1915). All'officina diretta da Antonio sono riferibili anche alcune grandi statue in terracotta maiolicata, a soggetto sacro e di grandezza naturale, conservate nelle chiese di S. Maria Maddalena di Dovera (Baroni, 1916) e di Lodi. Sotto la direzione di Antonio la fabbrica assunse come marca un chiodo dipinto in azzurro sottosmalto, tuttavia i frequenti tentativi di contraffazione suggerirono più tardi di aggiungere anche le iniziali AF a stampo.
L'ultimo decennio del Settecento fu attraversato da avvenimenti poco felici anche per la manifattura, ormai avviata verso la decadenza nonostante i tentativi di adeguare la produzione, sia di maioliche sia di terraglie, al gusto neoclassico; già prima del 1790 il Cavazzutti aveva lasciato la direzione, per trasferirsi a Sassuolo. Nel 1796 la battaglia napoleonica per la conquista del ponte di Lodi sull'Adda compromise definitivamente le fornaci; nonostante i gravi danni subiti, la produzione riprese, anche se in maniera abbastanza stentata.
Antonio morì a Lodi il 29 dicembre 1810.
Fonti e Bibl.: G. Vignola, Sulle maioliche e porcellane del Piemonte,Torino 1878, pp. 14-24 passim; A.Genolini, Maioliche italiane, Milano 1881, pp. 160 s.; Arte ceramica e vetraria (catal.), Roma 1889, p. 95; C. Baroni, Storia delle ceramiche nel Lodigiano, in Archivio storico per la città e i comuni del circondario e della diocesi di Lodi, XXXIV (1915), pp. 118, 124, 142; XXXV (1916), pp. 5-8; L. De Mauri, L'amatore di maioliche e porcellane, Milano 1924, p. 405; C. Baroni, La maiolica antica di Lodi,in Arch. stor. lombardo, LVIII (1931), pp. 453-455; A.Minghetti, Iceramisti, Milano 1939, pp. 182 s.; L. Ciboldi, La maiolica lodigiana, in Arch. stor. lodigiano, LXXX (1953), pp. 25 s.; S. Levy, Maioliche settecentesche lombarde e venete,Milano 1962, pp. 17 s.; A. Novasconi-S. Ferrari-S. Corvi, La ceramica lodigiana, Lodi 1964, ad Indicem; Maioliche di Lodi, Milano e Pavia (catal.), Milano 1964, p. 17; O. Ferrari-G. Scavizzi, Maioliche italiane del Seicento e del Settecento, Milano 1965, pp. 26 s.; G. C. Sciolla, Lodi. Museo civico, Bologna 1977, pp. 69-85 passim; G. Lise, La ceramica a Lodi,Lodi 1981, ad Indicem; M. Vitali, in Storia dell'arte ceramica, Bologna 1986, p. 251; M. A. Zilocchi, in Settecento lombardo,Milano 1991, pp. 492-496; M. L. Gelmini, in Maioliche lodigiane del '700, (catal., Lodi), Milano 1995, pp. 28-30, 38, 43 s., 130-136 (per Simpliciano); pp. 31 s., 45-47, 142-192 (per Antonio).