FERRADINI
Famiglia di artisti (stuccatori, scultori, architetti) di origine lombarda attivi in Abruzzo nella prima metà del XVII secolo fino alla metà del secolo successivo.
Dai documenti si deduce che una colonia di F. milanesi si era stabilita all'Aquila fin dai primi decenni del Seicento; nel 1628, infatti, è segnalata la presenza nella città di un Andrea F. (Colapietra, 1978, p. 802), ed un contratto di locazione, finora inedito, del 16 giugno 1636 riferisce di un certo "magister Bartholomeo Ferradini mediolanensi" ivi residente (Arch. di Stato dell'Aquila, Arch. notarile. Notaio Nicola Magnante, b. 701, vol. XXVI, cc. 267r-268r).
Uno dei rappresentanti di quella che potrebbe essere stata la prima generazione e del quale si hanno maggiori notizie è Battista, che fu ammesso alla cittadinanza dell'Aquila nel 1654, essendo già residente nella città da oltre dieci anni; nel 1664 possedeva un fondaco su un lato della piazza Maggiore e ancora nel 1680 risultava essere uno dei maggiori mercanti all'Aquila (Colapietra, 1981).
Il suo nome è legato al complesso della decorazione plastico-architettonica delle pareti e della volta in stucco dell'oratorio di S. Antonio da Padova, di proprietà della famiglia De Nardis. Dal registro di introito ed esito, che documenta esaurientemente le varie fasi dei lavori dal 1646 al 1787 (Colapietra, 1991), si apprende che la commissione venne affidata fin dal principio a Battista - identificabile con il Giovan Battista ivi menzionato (Antonini, 1993) - e a suo fratello Ercole in due momenti successivi, nel 1655-56 e nel 1659-60. L'omonimia tra quest'ultimo ed un altro Ercole "statuario", citato nello stesso registro tra l'ottobre ed il gennaio 1647, nel quale è stato a ragione riconosciuto lo scultore Ercole Ferrata (Leosini, 1848), ha generato confusione tra i due artisti (Colapietra, 1981 e 1991). Ma, chiarito l'equivoco e restituita l'identità ad Ercole, è ora possibile assegnargli la decorazione a stucco, in collaborazione con Francesco Pozzi, della cattedrale aquilana nel 1662 e la partecipazione ai lavori di S. Maria di Collemaggio nel 1673 sotto la direzione di Francesco Bedeschini (Antonini, 1993).
Negli ultimi anni del secolo deve essere stato attivo, sempre all'Aquila, anche Loreto, ricordato soltanto dal Mariani (manoscritto sec. XIX) come autore della decorazione in stucco di S. Paolo dei barnabiti (1692), danneggiata dal terremoto del 1703 e ripristinata, verosimilmente dallo stesso, subito dopo. L'adorazione in un'altra chiesa aquilana, quella di S. Amico, del medesimo partito plastico-architettonico nel trattamento delle pareti e degli stessi particolari decorativi con nastri, mazzi di fiori e frutti, ha consentito di assegnare al maestro anche la fattura di quest'interno, il quale peraltro risultava ultimato nel 1699, ovvero nello stesso giro d'anni di S. Paolo (Antonini, 1993).
Meno ignoto è il percorso seguito da Francesco, uno dei più significativi esponenti della seconda generazione, la cui opera si pone a cavallo tra gli ultimi decenni del Seicento e i primi del secolo successivo. Il suo esordio nel capoluogo abruzzese va rintracciato nella realizzazione del rivestúrnento plastico (Leosini, 1848) della cappella dell'Assunta dei Carli nella chiesa di S. Filippo (1665), in cui dimostrò, similmente agli altri componenti della famiglia, di aver ben appreso l'arte della nativa terra lombarda e di discendere dalla stessa scuola artistica di Battista ed Ercole (Antonini, 1993). Successivamente lo ritroviamo documentato a più riprese, sempre come stuccatore, nella collegiata di S. Maria del Colle a Pescocostanzo: una prima volta nel 1686-1687 insieme con Giovan Battista Giani, altro stuccatore lombardo di Cerano d'Intelvi, per la cappella di S. Antonio da Padova; una seconda, sempre con il Giani, per la decorazione con medaglioni ad altorilievo e statue di Angeli, Virtù e profeti della cappella del Sacramento datata 1694, come attesta un'iscrizione sulla statua di Davide, e ancora nel 1693 e 1694, quando firma insieme a Norberto di Cicco di Pescocostanzo la perizia dei lavori di fabbrica degli scalpellini pescolani Bernardino Fantino e Florenzio d'Amata per la suddetta cappella del Sacramento (Sabatini, 1924). Nel marzo 1695, mentre era ancora operante a Pescocostanzo, Francesco si recò nella vicina Castel di Sangro a prendere le misure necessarie per realizzare il progetto della nuova collegiata a croce greca, che doveva sostituire la precedente costruzione di epoca medievale gravemente danneggiata dal violento terremoto del 1456.
Tutte le fasi dei lavori del cantiere sono documentate in un fascicolo contenente quattro "misure" della fabbrica con i relativi conteggi, corrispondenti agli anni tra il 1695 e il 1700, e in una nota, anch'essa verosimilmente autografa di Francesco, datata 14 settembre 1702, in cui vengono documentate le spese sostenute per le misure ed i disegni della chiesa. Le altre carte, relative all'anno 1706, sono invece firmate dal già ricordato Giovan Battista Giani, il quale gli era evidentemente subentrato nel cantiere (Fucinese, 1988).
La nota del 1702 nel libro di fabbrica di Castel di Sangro, scritta da Francesco dall'Aquila, sembra essere l'ultima notizia che lo riguarda; verso la fine del 1701 doveva essere ormai rientrato nel capoluogo della regione, essendogli stato affidato il 7 novembre di quell'anno l'incarico di eseguire le cappelle laterali della chiesa del Suffragio (Colapietra, 1978).
Le vicende degli esponenti settecenteschi della famiglia, Bernardo e Baldassarre, si intrecciano fittamente, ma anche per loro non è possibile stabilire quale fosse la relazione di parentela che li univa. Entrambi operarono all'Aquila e presero parte ai due maggiori cantieri cittadini dell'epoca di S. Maria di Collemaggio e di S. Bernardino, nell'ambito del gruppo di maestranze che aveva realizzato la maggior parte dell'opera di ricostruzione dei primo Settecento aquilano dopo il grave terremoto del 1703. Troviamo Bernardo (nato a Como nel 1682) documentato per la prima volta in un atto, inedito, del io settembre 1706, nel quale, in qualità di scalpellino, gli venne dato l'incarico di realizzare una balaustra in marmo per la chiesa di S. Giovanni Battista di Collimento a Lucoli, vicino all'Aquila. Il 13 ott. 1715, inoltre, gli fu commissionato, insieme a Panfilo Ranalli di Pescocostanzo, l'intero apparato marmoreo della cappella di S. Pietro Celestino a S. Maria di Collemaggio (altare maggiore, balaustrate davanti alle tre absidi, pavimento e zoccolature). I lavori si protrassero fino al 1721, ma nel 1723, in seguito ad una controversia insorta tra le parti, fu convocata il 26 febbraio una commissione di periti, della quale faceva parte, tra gli altri, Baldassarre, che aveva il compito di valutare il lavoro già quantificato nel gennaio dell'anno precedente in 1272 ducati (Colapietra, 1978). La presenza di Bernardo va segnalata, inoltre, nell'oratorio di S. Antonio dei De Nardis, dove operò "li risarcimenti fatti per le nicchie mezzane e porte della sacrestia" (1716; Colapietra, 1991), ma dal documento citato del 1723 si apprende che egli già dal 1721 "non era presente [all'Aquila] ma fugitone nella Città di Milano sua Patria".
A proposito di Baldassarre si sa che era venuto all'Aquila da Casasco d'Intelvi (Como) nel 1712 e che nel 1732, all'età di 37 anni (se ne deduce che era nato nel 1695) aveva moglie e due figlì, Antonio e Caterina, e possedeva una casa nel quarto di San Giovanni (Colapietra, 1978 e 1981). Il 22 aprile 1717 gli fu affidata la realizzazione della seconda metà della balaustra della cappella di S. Bernardino nell'omonima chiesa, la prima parte della quale era stata precedentemente assegnata ad un'altra coppia di scalpellini milanesi, i fratelli Pierantonio e Francesco Pedetti, ed il 29 gennaio 1719 la sistemazione del cappellone del Rosario in S. Domenico, conclusasi il 3 marzo 1721 (Colapietra, 1981).
Il più volte citato registro di introito ed esito di S. Antonio dei De Nardis testimonia la partecipazione di Baldassarre una prima volta nel 1718 al rifacimento delle nicchie "ed altro" e successivamente il 22 luglio 1750 ai lavori per "risarcire" oltre alla balaustra dell'altare maggiore, facendovi "di nuovo la cimasa ed altro bisognevole", anche la cappella di S. Giuseppe (ibid.; Antonini, 1993).
Anche Baldassarre, come Bernardo, stipulò il 31 ottobre 1736 una convenzione, con i rappresentanti dell'abbazia lucolana di S. Giovanni Battista per una balaustra di marmo giallo e rosso (Arch. di Stato dell'Aquila, Arch. notarile. Notaio Pasquale Antonio Bianchi, b. 1094, cc. 198r-200v).
Fonti e Bibl.: L'Aquila, Biblioteca provinciale, ms. N, f. 244: E. Mariani, Descrizione della diocesi dell'Aquila (ins. sec. XIX); A. Leosini, Monumenti storici artistici della città dell'Aquila e suoi contorni..., L'Aquila 1848, pp. 120 s.; G. Sabatini, Magistri ed altri lombardi in Pescocostanzo (Abruzzo) dal 1480 al 1732, in Archivio storico lombardo, LI (1924), pp. 408-410; R. Colapietra, L'Aquila dell'Antinori. Strutture sociali ed urbane della città nel Sei e Settecento, L'Aquila 1978-1979, I, pp. 802, 1079; II, pp. 1257, 1417; Id., Prospettive di ricerca interdisciplinare in Abruzzo: storici dell'architettura e storici "puri", in Bullettino d. Deputazione abruzzese di storia patria, s. 3, LXXI (1981), pp. 212 ss., 218, 224; D. V. Fucinese, Francesco F. e il cantiere della collegiata di Castel di Sangro (1695-1706), in Opus. Quaderno di storia d. archit. e restauro, I (1988), pp. 155-178; R. Colapietra, Illibro della fabbrica della chiesa di S. Antonio da Padova all'Aquila: 1646-1746, in Napoli nobilissima, XXX (1991), 3-4, pp. 122, 125, 127 s.; O. Antonini, Archit. religiosa aquilana, L'Aquila 1993, II, ad Indicem.