WIDAL, Fernand
Clinico medico, nato il 9 marzo 1862 a Dellys in Algeria, morto a Parigi il 14 gennaio 1929. Laureatosi a Parigi nel 1889, nel 1893 divenne medico degli ospedali, nel 1894 agrégé, nel 1911 ebbe la cattedra di patologia interna, nel 1918 quella di clinica medica.
È una delle figure più importanti della clinica medica francese dei nostri tempi. Dimostrò che lo streptococco è l'agente etiologico della flebite puerperale; nel 1896 indicò la reazione sierologica per la diagnosi del tifo addominale con le agglutinine specifiche, la cosiddetta reazione di Widal, uno dei metodi diagnostici più largamente usati; durante la guerra mondiale sostenne la obbligatorietà della profilassi contro il tifo con un vaccino misto; indicò i metodi di sierodiagnosi per le affezioni da actinomicosi e da sporotricosi; studiò i metodi di citodiagnosi dei versamenti e del liquor, scoprì l'ittero emolitico acquisito e dimostrò i fenomeni di auto-agglutinazione del siero di questi malati sulle emazie e le piastrine del proprio sangue; fece classiche ricerche sulle nefriti, sull'importanza del cloruro di sodio nella patogenesi degli edemi e sull'efficacia della dieta aclorurata nelle nefriti idropigene, rilevò il quadro della cosiddetta "crisi emoclasica" nello studio dei fenomeni anafilattici.
Scrisse: Étude sur l'infection puerpérale, la phlegmatia alba dolens et l'érysipèle, Parigi 1889; insieme con A. Javal, La cure de déchloruration dans le mal de Bright et dans quelques maladies hydropigènes, ivi 1906; con J. Courmont, L. Landouzy, A. Gilbert, Streptococcie, staphylococcie, pneumococcie, colibacillose, in Nouveau Traité de méd., X, ivi 1906; con F. Besançon e E. M. Labbé, Maladise des veines et des lymphatiques, ibid., XXV, ivi 1911; con A.-A. Lemierre e P. Abrami, Fièvres typhoïde et parathyphoïde, con A.-A. Lemierre, La dysenterie bacillaire, ibid., III, ivi 1927; con P. Abrami, Les ictères; con E. May, Spirochetose ictéro - hémorragique, ibid., XVI, ivi 1928; con P. Abrami, Hémoglobinurie, ibid., XVII, ivi 1929.
Reazione di Widal. - È basata sul fenomeno dell'agglutinazione, il quale consiste nel conglomerarsi di microrganismi sospesi in un mezzo liquido, quando siano sottoposti all'azione del rispettivo siero immune o del siero di ammalato affetto da una forma morbosa causata dal germe stesso. Questo fenomeno viene utilizzato per la diagnosi clinica di alcune forme infettive, facendo reagire il siero dell'ammalato in esame su una emulsione di coltura pura del germe che si suppone essere l'agente della malattia. La comparsa del fenomeno dell'agglutinazione indica appunto o che il germe agglutinato è la causa della malattia in atto, oppure che lo è stato per altra forma di già superata o contro la quale, finalmente, l'individuo sia stato vaccinato.
La sierodiagnosi per agglutinazione s'applica nelle infezioni da bacilli del tifo, paratifi, melitense, bacillo Bang, nella dissenteria bacillare, nella sporotricosi e nelle micosi.
La tecnica varia secondo che si eseguisca la reazione macroscopicamente (in tubi da sierodiagnosi) o microscopicamente (in goccia pendente).
In ogni caso occorrono: 1. Il siero dell'ammalato in esame. 2. Un'emulsione omogenea della specie batterica verso la quale si vuol provare il siero. Questa emulsione s'ottiene con patine di colture su agar sviluppatesi nelle 24 ore, stemperate in soluzione fisiologica sterile fenicata al 0,5% o in acqua distillata sterile. L'emulsione dev'essere opalescente e omogeneamente torbida. 3. Soluzione fisiologica sterile.
Per la sieroagglutinazione macroscopica si procede nel modo seguente:
Si dispone una serie di provette contenenti ciascuna i/2-1 cc. di siero in esame successivamente diluito a 1 : 10, 1 : 20, 1 : 40, 1 : 80, 1 : 160, 1 : 320, ecc., e s'aggiunge a ogni provetta 1/2-i cc. di emulsione bacillare. Per tal fatto il siero in esame viene ad avere in ogni provetta una diluizione doppia. In un'ultima provetta si pone 1/2-i cc. di emulsione bacillare con aggiunta di altrettanta soluzione fisiologica o acqua distillata (controllo). Altro metodo consiste nel disporre in una serie successiva di provette 50, 100, 250 gocce di emulsione batterica, a seconda della diluizione cui si vuol provare il siero, e nell'aggiungere a ciascuna di esse una goccia del siero in esame. Nell'ultima prometta (controllo) si mette l'emulsione bacillare senz'alcuna aggiunta di siero. Si pongono quindi le provette in termostato a 37° per 2 ÷ 6 ore o si lasciano a temperatura ambiente per 12 ore. La reazione è positiva quando, a controllo rimasto omogeneamente torbido, si nota negli altri tubi, o almeno in quelli con diluizioni fino a 1/50-1/100, un precipitato fioccoso che si raccoglie al fondo. Se la sieroreazione è negativa tutte le provette si presentano uniformemente torbide come il controllo. Esaminando il siero di un ammalato sospetto d'infezione tifoide si deve fare la sieroagglutinazione non solo con il bacillo del tifo ma anche con i paratifi.
Per eseguire la reazione in goccia pendente si preparano diluizioni del siero in esame a 1 : 25, 1 : 50, 1 : 100; si pone con l'ansa di platino una goccia di ciascuna di queste diluizioni su un vetrino coprioggetti, vi si aggiunge una piccolissima quantità di coltura batterica e si mescola il tutto con la punta dell'ago. S'applica quindi ciascuno dei vetrini su altrettanti portaoggetti cavi e s'osserva a immersione. La prova è positiva quando si vede che i movimenti dei germi a poco a poco diminuiscono; ben presto i batterî diventano immobili e si raggruppano in ammassi più o meno voluminosi. La prova è invece negativa quando i germi rimangono liberi e dotati dei loro movimenti attivi.